martedì 20 marzo 2012

Big Brother & The Holding Company feat. Janis Joplin – Live at the Carousel Ballroom 1968 (2012)

1. Combination of the Two[04:35]
2. I Need a Man to Love[06:39]
3. Flower in the Sun [03:11]
4. Light Is Faster Than Sound [06:02]
5. Summertime [04:35]
6. Catch Me Daddy [05:07]
7. It’s a Deal [02:28]
8. Call On Me [04:04]
9. Jam – I’m Man (Mad Man Blues) [06:51]
10. Piece of My Heart [04:49]
11. Coo Coo [06:23]
12. Ball & Chain [09:22]
13. Down On Me [02:50]
14. Call On Me [Saturday Show - June 22, 1968] [03:57]

mercoledì 14 marzo 2012

Al Crocicchio (con gli amici del diavolo)



Bene, ho lasciato casa mia e me ne sono andato per la strada rurale. Ho detto ai miei amici che me ne andavo in giro senza meta. Ho gli "honky tonk blues" i tristi "honky tonk blues" Oh Signore, li ho, ho gli "honky tonk blues" (Honky Tonk Blues - Hank Willams)  

Guidavo senza sosta con il gomito appoggiato al finestrino. L’auto andava che era una meraviglia, intanto che il vento alzava nuvole di polvere bianchiccia. Bevvi un sorso d’acqua e infilai un cd nell’autoradio. Non appena la musica venne fuori, mi sentii al sicuro dentro le canzoni di Blind Willie Mc Tell. Nonostante quei blues fossero cantati con toni scuri e ruvidi e all’improvviso si impennassero in falsetti che mi turbavano, le sue canzoni parlavano di speranza che non capitolava mai, neppure di fronte alla sfortuna più nera, di quella determinazione che occorre sempre per affrontare i periodi più duri cui la vita ci mette al cospetto. Mc Tell era uno zingaro, un vero vagabondo. Per lui il richiamo della strada era qualcosa di irresistibile. Pur se cieco, era sempre in movimento, all’inseguimento di quella cosa che mai nessuno raggiungerà. Hot Shot Wille, Georgia Bill, Pig’n Whistle Red e Blind Sammie erano i suoi fantasmi che utilizzava per incidere e aggirare gli obblighi contrattuali con le case discografiche dell’epoca, dato che era anche un autore prolifico. Ma pur celandosi, il suo stile restava unico e riconoscibilissimo. Per tutto il giorno lavorano duro finché il sole non tramonta. Lavorano sulle highways e sulle stradine. E con cipiglio minaccioso. Li senti gemere per la loro vita che passa. Allora senti qualcuno dire... E' il suono di uomini ai lavori forzati E' il suono di uomini ai lavori forzati (Sam Cooke - Chain Gang)

Nel cielo del mattino, avevo ingranato la marcia indietro dei ricordi e sotto un sole cocente un po’ di nostalgia mi sbucciò gli occhi. La notte l’avevo trascorsa nel buio di una squallida stanza di un fottuto motel che avevo trovato lungo il tragitto. Un posto senza clienti che costava poco. Buono per chi non si attende più nulla dalla vita. O per chi non ha più voglia di parlare. Manco con se stesso. Correvo in auto e mi chiedevo come fossero state quelle strade polverose, percorse da quell’esercito di pezzenti di cui anche il giovane cieco Mc Tell faceva parte e che, come tanti altri, percorreva per unirsi agli spettacoli itineranti dei medicine show. Era davvero bravo a spostarsi, nonostante il suo handicap. Suonava ovunque capitasse i suoi blues che poi divennero assi portanti del rock. Statesboro Blues ne è un esempio. Gli Allman Brothers ne fecero una versione stupefacente. Ma anche Mama,Tain’t Long For Day, Three Women Blues e Broken Down Engine Blues lasciarono il loro segno indelebile. Era un esploratore della chitarra dodici corde. Lo strumento non aveva segreti per lui. Sapeva usare benissimo le accordature aperte e il suo repertorio abbracciava svariati stili che andavano dal ragtime, al folk, alla ballata popolare. E, come gran parte dei musicisti girovaghi di quel tempo, sapeva adattarsi alle richieste del pubblico. Il cielo sulla mia testa mi sembrò una prateria con tutte quelle piccole nuvole a pecorella che giocavano a rincorrersi. E m’immaginai per un attimo che goduria sia stata per tutti quelli che lo incrociarono, magari in compagnia del suo compagno di viaggio, il texano Blind Willie Johnson, per le strade di un America che è andata via via sbiadendosi. Beh, ho sentito cantare il gufo. Mentre stavano smontando le tende. Le stelle lassù, gli alberi spogli, erano il suo solo pubblico. Quelle ragazze zingare di carboncino, sanno muovere bene le loro piume. Ma nessuno sa cantare il blues. Come Blind Willie McTell .(Bob Dylan)

Certo, tutti più o meno siamo stati innocenti una volta. Poi il tempo ha fatto il suo corso e ci ha cambiato ferocemente. Me ne andavo vagando in un posto sperduto, lontano da tutto e da tutti, e mi sentivo come se il mondo di cui facevo parte non mi appartenesse. Mi fermai per una sosta. Comprai un panino e bevvi acqua frizzante ghiacciata. Presi anche un caffè. Ci voleva una volontà di ferro per proseguire con tutto quello che stava accadendo. Ma avrei di gran lunga preferito essere un viaggiatore furtivo, uno di quelli che dormiva in spiaggia nel sacco a pelo e al mattino se ne andava cercando la linea ferrata per saltare sul primo treno che passava. Il treno merci è stato quello che mi ha insegnato a piangere Il grido del macchinista è stata la mia ninna nanna Ho il blues del treno merci Oh cara, ce l'ho sulla cima delle mie scarpe vagabonde. E quando suona il fischio, devo andare bimba, lo sai beh, sembra che non mi passerà mai quel blues del treno merci (Freight Train Blues - Traditional) Avrei voluto incrociare sguardi ed emozioni che mi assomigliassero, ma in quel posto non c’era più nulla. Mi rimisi in macchina e me ne andai così come ero venuto. Senza fretta.

Se davvero vuoi imparare a suonare e scrivere canzoni – diceva Tommy Johnson – devi andare da solo a mezzanotte a un crocicchio. Un enorme uomo nero arriverà, prenderà la chitarra e suonerà un brano.Bere era sempre stata la sua ossessione e quando non trovava il whiskey riusciva a mandare giù qualsiasi cosa, anche l’alcool denaturato o il lucido da scarpe a base alcolica. Tommy aveva fraternizzato con il diavolo o, forse, era lui stesso un demone e bruciava dentro quel fuoco in cui poi molti protagonisti del rock finiranno. Vederlo suonare dal vivo era sconvolgente. Si dimenava come posseduto, cantando con una voce drammatica e intensa i suoi blues indemoniati. Anche lui, come Charlie Patton con cui aveva condiviso alcune esibizioni, suonava la chitarra dietro le spalle. Ma non era per niente ossessionato dalla tecnica. Gli bastava semplicemente far venire fuori il suo boogie woogie maligno, per graffiare a sangue l’anima. Per sempre. Di questo passo all’inferno ci finirò io pensai, dando fuoco a una cicca. Era già il crepuscolo, e la quiete era assoluta. Non so più cosa voglio o forse non l’ho mai saputo. Ma ci sono cose che ti piovono addosso, e che devi accettare supinamente. Hai voglia a scuoterti come un tarantolato, cercando di mandarle via. Si portano con sè anche quel po’ di magia che possedevi. Ed allora ti rendi conto che è stato il mondo a prenderti a calci nel culo, e non viceversa. Cosi smetti di credere. Mentre tenevo gli occhi fissi sulla strada avrei voluto che piovesse. Ma cercai un indizio per non capitolare. E mi chiesi in quale cazzo di direzione era mai la terra promessa. Esiste un posto, così mi han detto, dove ogni strada è lastricata d'oro ed è appena al di là del confine. Quando sarà il tuo turno c'è una lezione che dovrai imparare che puoi perdere più di quello che mai potrai sperare di trovare. E quando avrai raggiunto quella terra di promesse infrante, tutti i tuoi sogni ti svaniranno tra le mani saprai che è troppo tardi per cambiare idea. Hai pagato il prezzo per esserti spinto così lontano. Resterai dove sei e sarai ancora al di là del confine. (Across The Bordeline – Ry Cooder, John Hiatt, Jim Dickinson)

Il fantasma William George Tucker nasce il 14 novembre del 1905 a Henning in Tennessee. Nello stesso anno di Arthur “Big Boy” Crudup. Quel giorno, suo padre mise delle ciotole sul davanzale della finestra e raccolse la pioggia. Più tardi con quella stessa acqua lo battezzarono. Fu in quella circostanza che si accorsero di quegli strani graffi scarlatti che aveva sul petto.Una zingara disse a mia mamma, il giorno in cui nacqui, "Oh, sta per arrivare un maschietto. Oh Signore, sarà un vero diavolo (Hoochie Coochie Man - Willie Dixon). Nessuno di noi può prevedere il proprio destino, ma quello riservato a William George Tucker fu davvero spietato. A quel tempo quando nascevi nel Delta del Mississippi, la musica ti veniva servita sin dalla prima poppata. Ben presto William imparò a tenere una chitarra in mano e con questa si esibiva alle feste, nei bordelli e per strada. Nella prima metà degli anni trenta arrivò a suonare con John Lee Williamson (Sonny Boy I) e Sunnyland Slim il suo blues rozzo e primitivo, ma pieno di pathos e cantato con una voce sgraziata che toccava nel profondo. Le cose sembravano andare per il meglio, ma quei segni che il diavolo gli aveva lasciato sul petto erano premonitori. In circostanze che resteranno per sempre oscure venne accusato dell’assassinio di un uomo bianco, tale Mr. Charlie. Sapendo bene che il giudizio sarebbe stato scontato fece perdere le sue tracce per diventare un vero spettro. Ricomparve dopo qualche anno a Chicago con una nuova identità, facendosi chiamare John Henry Barbee.

Si esibì sui marciapiedi di Maxell Street in compagnia di altri randagi e della sua fedele sei corde. Ma per sopravvivere dovette svolgere i lavori più umili, convivendo sempre con la paura di essere riconosciuto. Paura che lo smantellò irrimediabilmente nel fisico e nell’animo. Durante il blues revival degli anni sessanta fu riscoperto e incise per l’etichetta di Victoria Spivey. Andò anche in Europa a suonare a seguito dell’America Folk Blues Festival. Ma il diavolo volle il saldo.Ho due ragioni per piangere tutte le notti solitarie La prima si chiama Sweet Anne Marie ed è la delizia del mio cuore. La seconda è la prigione, bimba, lo sceriffo è sulle mie tracce e se mi raggiunge passerò tutta la mia vita in cella (Friend Of The Devil- Garcia-Hunter-Dawson). Perdutamente alla deriva, una sera restò coinvolto in brutto incidente d’auto. Quest’evento cagionò un effetto devastante su di lui tanto che lo indusse a costituirsi per dimostrare finalmente la sua innocenza. In carcere, in attesa del processo, si sentì male. Un’ambulanza lo caricò per trasportarlo all’ ospedale ma morì d’infarto durante il percorso. C’è solo un album che testimonia la sua umanità, Portrait In Blues vol 9,che è la colonna sonora di tutti quei fantasmi che come lui non hanno mai avuto giustizia. Il suo blues è disperato, drammatico, carico di dolore lacerante come solo questa musica può esserlo, quando sgorga direttamente dal cuore. Sono nato vicino al fiume, in una piccola tenda, e come il fiume ho sempre corso E' passato tanto, tanto tempo, ma so che ci sarà un cambiamento, oh sì ci sarà E' stato troppo difficile vivere, ma ho paura di morire. Non so cosa c'è lassù in cielo E' passato tanto, tanto tempo, ma so che ci sarà un cambiamento, oh sì ci sarà (A Change Is Gonna Come - Sam Cooke).

Ero li da solo e guidavo su quella strada tortuosa e solitaria. Con i miei sogni raggrinziti che sentivo, anche se stancamente, pulsare e quel vuoto immenso dentro di me. Imboccai la statale e oltrepassai un ponte. Udii il rumore del traffico venirmi dinanzi. Non riuscivo ad essere in pari con me stesso, era questa la verità, il fatto di essere stato più e più volte ferito aveva cambiato la mia prospettiva, la mia visuale delle cose. Avrei dovuto trovare un posto dove stare. Con il finestrino abbassato, il caldo afoso mi ansimò in faccia. Una farfalla volteggiò nell’abitacolo. Le farfalle simboleggiano il calore dell’estate. I sacerdoti Zuñi usano mettere le farfalle nere dentro i tamburi in modo che il loro suono porti al delirio gli ascoltatori. Proprio come i blues. I miei maledetti blues. Metto in valigia i miei vestiti ed inizio la mia fuga Sono nei guai, tesoro, sono in viaggio Non riesco ad essere soddisfatto Ma proprio non riesco a smettere di provarci (I Can’t Be Satisfied - Muddy Waters)

 

Bartolo Federico -Marzo 2012-






domenica 4 marzo 2012

Barna Howard – Barna Howard (2012)


Domenica mattina fa entrare l’alba. E' solo un’inquietudine al mio fianco. Albeggia presto domenica mattina. Sono solo gli anni sprecati che incalzano. Attento, il mondo è alle tue spalle Intorno ci sarà sempre qualcuno che ti chiama. Non è niente. Domenica mattina e sto cadendo. Ho una sensazione che non voglio sapere. Albeggia presto domenica mattina.Sono tutte quelle strade che hai attraversato. Non molto tempo fa.(Sunday Morning -The Velvet Underground-)

 Un disco bellissimo. Un pieno d'emozioni di domenica mattina.

Bartolo Federico-Marzo 2012-

sabato 3 marzo 2012

Open Your Heart


L’unica vera rivoluzione musicale dopo il 1968 è stato il  punk. Piaccia o meno, a cavallo tra il 1976 è il 1977, il mondo ad un tratto fu invaso da una miriade di band. Fiori malati e sovversivi, miracolosamente nati da quei germogli sbocciati qualche anno prima dentro le mura del CBCG. Un club, per chi non lo sapesse, situato nel Lower East Side di Manhattan a New York. Il punk fu musica diretta, senza inutili orpelli. Un ritorno al rock’n’roll nudo e crudo, alla  Elvis delle Sun Sessions. Magari tecnicamente non fu del tutto perfetto, ma il rock che suda e rotola ansie non ha mai badato troppo a questo aspetto. E’la forza d’urto che sa sprigionare la sua peculiarità. Il messaggio fu da subito chiaro: chiunque poteva prendere uno strumento e salire sul palco. Questo può sembrare insignificante, ma é proprio da quel semplice gesto che nacque la sovversione. L’energia, la voglia di esserci, il sentirsi parte di qualcosa, fece il resto. In qualche modo, il punk fu il collante per milioni di giovani proletari per credere che la propria vita potesse in qualche modo cambiare. Il suo avvento fece piazza pulita di tutti quei gruppi in classifica guidati da musicisti ultrapreparati tipo: Yes, Emerson Lake e Palmer, Gentle Giants, Genesis, Camel, Mike Oldfield, ecc.., e delle loro saghe barocche, che a tanti, ormai, smascellavano solo le palle. Gli ammiratori di quel genere, lo zoccolo duro, odiarono il punk e lo considerarono, e lo considerano ancora, immondizia musicale. Ma di rock’n’roll in quella musica leziosa, borghese, da primi della classe non  c’è mai stata neanche l’ombra.
Oggi, con la grave crisi economica che attraversiamo, e con i narcotrafficanti che ci governano, ci sono tutti i presupposti per un nuovo fermento musicale. La gente è abbandonata a se stessa, e se da un lato questo genera violenza, dall’altro produce idee, cambiamenti. Nelle cantine, per la strada, c’è rabbia, tensione, voglia di sperimentare. E i tempi sono maturi per un nuovo disordine. E’ ora di andare a guardare in quelle fessure con coraggio,  ma solo certi occhi e certo rock lo potranno fare con la giusta lucidità. Anche nell’editoria italiana, che non è un mondo finito, come qualcuno erroneamente pensa, c’è bisogno di uno scossone, di un smottamento  che la faccia traballare per poi rinascere. A mio modo di vedere, servirebbe più audacia. Magari la si potrà trovare in qualche editore arguto che potrebbe dar vita ad una nuova rivista,  il cartaceo rispetto a internet sprigiona ancora un attrazione fatale alla stregua del vinile. Una rivista  che racconti i tempi che stiamo vivendo attraverso la musica, l’arte, la letteratura, la poesia, il cinema. Che sappia cogliere i nuovi fermenti e l’aria che tira nel mondo. Scritta con un nuovo linguaggio. I tanti blog sono un esempio di come oggi si è rinnovata la capacità di parlare di musica, rispetto ai magazine classici presenti in edicola. Da tempo vorrei potere leggere un giornale che abbia una visione ampia della materia e che si affidi ancora all’esuberanza del rock. Per il ruolo di direttore, per quanto mi riguarda, Paolo Vites sarebbe perfetto. E non è una leccata la mia. Ma la piccola consapevolezza, da “vecchio” militante del rock, che, nonostante il tempo trascorso, lui sia rimasto, tra i giornalisti del settore, ancora curioso come un bambino. E il rock’n’roll ha questa necessità, oggi come allora, per sopravvivere. Aprite il vostro cuore, se potete.
Bartolo Federico – Marzo 2012-

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