venerdì 31 maggio 2013

Verso Mezzanotte

Una pioggia calda arrivò tamburellando sulla carrozzeria delle macchine, appannandone i vetri. Tossii nel palmo della mano una boccata di fumo aspra come il veleno, restituendo un sorriso di compiacenza alla cameriera che mi aveva servito un caffè, bollente che quasi mi raschiò la gola. Fuori dalla pensilina del bar soffiava un vento di scirocco che rendeva l’aria umida e tiepida. I passanti per strada sgattaiolavano rapidi. Come il mondo, d’altronde. Accesi un altra sigaretta e osservai la fiammella gialla e guizzante spegnersi tra le dita. Con un mal di testa in sordina che non si decideva a deflagrare, eccomi di nuovo solitario. Ordinai sempre alla stessa cameriera un Bloody Mary, che mandai giù di un fiato. A furia di stare da soli si diventa cauti, tanto che quella paura fottuta d’innamorarmi, di lasciarmi andare, di aprirmi e raccontarmi, continuava puntualmente a presentarsi, maltrattandomi e rivoltandomi in maniera feroce l’anima. Mentre i pensieri se ne andavano alla deriva, mi ricordai di quei brividi che mi avevano scosso prima che tutto finisse. Sapevo bene che era troppo tardi per cambiare rotta.

Attraversai la città a piedi con le palpebre strette e considerai che non si ha mai ragione da soli. Il vento era calato e una pioggerella, sorda e triste come un dolore, mi sorprese. Mi alzai il bavero del sgualcito soprabito, come per difendermi. Maddalena aveva portato scompiglio nella mia esistenza. Una vita senza infamia e senza lode, la mia, ma non mi andava di farmene una colpa. Camminavo sotto la pioggia e, rimasticando pensieri, tirai un sorso di gin dalla bottiglia che mi penzolava tra le mani. Era quasi mezzanotte quando rientrai in casa. Osservai le pile di dischi, i libri accatastati alla rinfusa sugli scaffali, il caos totale sopra il tavolo e mi sdraiai sul divano, osservando la luce obliqua della notte che penetrava dalla finestra. Avevo fatto in tempo a mettere sul giradischi Autumn in New York di Charlie Parker che caddi in un sonno tumultuoso.

Charlie Parker fu l’uomo della pioggia. Quella pioggia che si schioda ad un tratto dal cielo e viene giù come un diluvio universale. Un visionario delle sette note, che solo quando era intento a suonare riusciva a liberarsi dall’eroina. Una tossicomania acquisita sin dall’adolescenza. Era in quei frangenti che il suo dialogo interiore si metteva in moto. Attraverso di lui la musica si esprimeva in tutta la sua naturale bellezza. Notturna, violenta, brutale e, alle volte, tenera e dolce, la sua arte lambiva i contorni incerti del bene e del male, emanando un’ondata scura e affamata d’amore. Una storia, quella di Charlie “Bird” Parker, di ordinaria solitudine.

Un anima pesta, gettata tra le fauci di un mondo privo di delicatezza. Così come è capitato a tutti i dannati di questa terra, teneva più ai suoi veleni che a tutto il resto. Anche se, poi, lui trovava sempre uno spicchio di luce dentro i crepacci dove dimoravano i suoi mostri. Quegli scampoli d’innocenza e d’ingenuità, che gli restarono sempre attaccati dentro, lo preservarono dal cinismo del mondo. “e state a sentire vi prego, questo vecchio sax-tenore che suona come un dio”- alzò il volume della radio fino a far vibrare la macchina - “e ascoltatelo mentre racconta la sua storia ed esprime il vero rilassamento e le vera conoscenza” (Jack Kerouac - Sulla Strada)

Avevo collezionato un gran bel numero di errori non c’è che dire, ed ero pure cresciuto con la testa piena di cazzate. Guardai la mia immagine accigliata nello specchietto retrovisore dell’auto mentre procedevo a trenta all’ora, ascoltando Monk, il santone pazzo del jazz, in Round Midnight. E’ risaputo che a furia di cercare si finisce sempre per trovare qualcosa. Ma lei era ormai un capitolo chiuso. Avevo avuto il mio momento di gloria, non potevo più accedere ai suoi pensieri, né al suo corpo, ma di questo potevo biasimare solo me stesso. Guidavo non sapendo dove andare, solo che quell’unghiata mi doleva come un ostinato mal di denti. Uno stuolo di nuvole grigie si addensò nel cielo, ascoltai i gemiti sordi del vento. Tra non molto, ci avrei scommesso, sarebbe venuta giù la maledetta pioggia.

Con una barba lunga di tre giorni mi ripresentai al lavoro. Linda la mia collega di stanza, che solitamente era una donna gentile, mi guardò con attenzione e poi esclamò ambigua: “la malinconia alle volte non serve a nulla, non trovi Ferdinando?” Feci finta di non voler capire, mostrandole un ghigno da lupo e inabissandomi nelle pratiche arretrate che inevitabilmente si erano accatastate sulla mia scrivania. La vita mi aveva allenato a temere sempre il peggio e, in quanto a innocenza, non sapevo più che sapore avesse, da molto tempo ormai. Lavorai senza staccare neanche per la pausa pranzo, anche perché non avevo nessuna voglia di incrociare gli sguardi curiosi dei colleghi, né di scambiare con loro alcuna parola. Quando uscii dall’ufficio erano le sei e un quarto del pomeriggio. Avevo completato il lavoro arretrato e mi sentivo con la coscienza a posto. Nessuno, oltre me, doveva pagare le conseguenze delle mie condanne. Quelle erano solo le mie. Prima di rientrare a casa feci un giro a piedi nel centro della città. Una ragazza in carne con una maglia a fiori e un viso grazioso mi diede un volantino che pubblicizzava una palestra. Gli uomini come al solito andavano di fretta. Mi fermai nelle vicinanze del porto ad osservare le navi che attraversavano lo Stretto. Sembrava che graffiassero l’acqua piatta senza lasciare alcuna traccia del loro andirivieni, quei giganti del mare, a differenza di noi uomini che, ad ogni movimento, segniamo impronte profonde, persino dolorose, come quelle che Maddalena mi aveva impresso.

Florence disse che desiderava che Neal la stringesse anziché masticare quel sigaro. Jack fece segno di si con la testa e sognò di trovarsi in un bar con Charlie Parker sul palco e nessuna preoccupazione (Jack&Neal - Tom Waits). Durante gli anni settanta Tom Waits se ne stava rintanato al Tropicana Motel di Los Angeles. Prima di lui in quelle camere erano stati ospiti Janis Joplin, Jim Morrison, Jimi Hendrix ed Alice Cooper. Al Tropicana le band di rock’n’roll si lasciavano andare ai piaceri più sfrenati, quelli che Ian Dury riassunse in una semplice e perfetta canzoncina “Sex & Drugs & Rock’n’roll”. Waits a quel tempo abbaiava alla luna e dormiva fino a mezzogiorno. Viveva da vero beat in compagnia di Rickie Lee Jones e dell’ amico Chuck E. Weiss. Un trio di randagi che usavano il Motel come base, per poi spostarsi ad esplorare i sogni in bianco e nero che Jack aveva raccontato e che Neal aveva percorso con la sua lucida follia. Prima di morire lungo i binari della ferrovia agli inizi del 1968, dopo anni di abusi di alcool e droghe. Lungo le arterie americane la magnifica macchina faceva sibilare il vento; faceva sì che le pianure si svolgessero come un foglio di carta; staccava da sè l’asfalto bollente che la rispettava; una macchina da re. (Sulla Strada - Jack Kerouac). Nel 1975 insieme ad Allen Ginsberg, William Burroughs e Patty Smith, Waits prese parte al pranzo per la presentazione del libro di Ed Sanders Tales Of Beatnik Glory. Barba caprina arruffata, capelli incatricchiati e la bombetta dei jazzmen in testa. Tom Waits fumava come una pentola le ansie di chi, come lui, transitava nei territori che stanno in fondo all’oscurità.

Una sera Charlie Parker, mentre improvvisava con il suo sassofono suonando ripetutamente Cherokee, un brano di Ray Noble, si accorse che impiegando sulla linea melodica del pezzo gli intervalli più alti degli accordi e mettendoci sotto delle nuove armonie abbastanza affini, il brano catturava un nuova percezione. Il bebop nacque da questa sua intuizione. Provavo un senso di benedizione dolce, travolgente, come un grosso getto di eroina nella vena principale; come un sorso di vino nel tardo pomeriggio che ti fa rabbrividire (JackKerouac - Sulla Strada).Prima di salire nell’appartamento mi fermai a parlare con il giardiniere della villetta di fronte casa. Un uomo acuto e affabile che mi illustrò alcune caratteristiche della forsizia, una pianta che mi attraeva e a cui teneva molto. Intanto che parlavamo, scrutai il palazzo dove abitavo e mi parve come un dipinto di Edward Hopper, per quell’ aria triste e solitaria che aveva. Al pari del sax di Charlie Parker in Out Of Nowhere. Salendo le scale rimuginai tra me e me che se pure l’avessi chiamata non avrei avuto più niente da perdere. Era inutile macerarsi nell’incertezza, al massimo mi sarei potuto afferrare un sonoro vaffanculo. Lo avevo letto da qualche parte che i dannati non piangono, ma era pur vero che avevo l’anima come mangiata dalla ruggine. Ed allora sarebbe stato meglio morire subito che in una lenta agonia.

Non appena rientrai in casa, accesi lo stereo e misi sul piatto Foreign Affair di Tom Waits. Un disco che porta con sè brandelli di pioggia, destinato a tutti quei pazzi di vita che hanno ricevuto un colpo da ko, ma che, pur traballando, riescono in qualche modo a non cadere. Vecchio figlio di puttana ti sei finalmente messo su questa benedetta strada (Jack Kerouac - Sulla Strada). Canzoni che sono come tante piccole lacrime tra le ciglia, narrate in notti spese alla ricerca di quella cosa che mai raggiungeremo. Ballate dolci e amare, perfette per coloro che si sentono in fuga dal mondo. Preparai delle uova fritte con prosciutto e formaggio e bevvi del vino. Un Nero d’Avola acquistato al supermercato. In Foreign Affairs Tom Waits è un vero vagabondo, in viaggio con la sua signora Fortuna. Ha un ombrello di malinconia aperto sulla testa e insegue a rotta di collo quei sogni selvaggi che crescono ai margini della strada dalle parti di Burma Shave. Ma è anche un bastardo pianista da luride bettole ”dove tutti hanno un piede nella fossa” mentre, avvolto dal fumo di una sigaretta che si consuma da sola nel posacenere, alticcio e stralunato, sussurra alla luna che: L’ossessione è nell’inseguire qualcosa non nell’apprenderla. Nel continuare a muoversi senza riposarsi mai. Presi il telefono e composi il numero di Maddalena.

Dall’altra parte del filo la suoneria squillò cinque, sei volte e poi entrò il bip della segreteria telefonica che mi invitò a lasciare un messaggio. Non mi persi d’animo e recitai: Piccola ti prego non andartene ti chiedo scusa cara. Ho scambiato una bottiglia per una tromba e una cappelliera per una batteria. Ti chiedo scusa cara. Sono dispiaciuto ho perso la testa. Non pensavo davvero le cose che ho detto. Tu sei l’essenza dei miei sogni. Cara ti chiedo scusa(*). Mi addormentai un pò brillo sulla sedia a dondolo, aspettando che mi richiamasse. La mattina dopo, appena sveglio, feci un caffè come si deve e mi affacciai sul balcone. Vagliai che mi sarei dovuto fermare, correvo il rischio di non ritrovarmi più. Ero già sotto la linea di galleggiamento. Udii i passeri cinguettare, sbattei le palpebre e guardai nel giardino di fronte la pioggia di fiori gialli delle forsizie. Me lo aveva spiegato il giardiniere. Queste piante fioriscono con l’approssimarsi della primavera, quando preannunciano l’allungarsi delle giornate e l’aumentare delle temperature.

Il cielo era di un azzurro nuovo. Mi accesi una sigaretta, e pensai ad alta voce che questa volta sarebbe andata bene.

 Bartolo Federico

(*) I beg your pardon (da One from the heart - Tom Waits)





















mercoledì 22 maggio 2013

Facciadiluna



Cucito con le ombre della notte, scrutava la strada che si dipanava davanti ai suoi occhi. La luce del quadrante della radio illuminava di arancione l’abitacolo, e Facciadiluna pensò a dove potersi rifugiare. Tornare indietro non gli era più possibile, era finito sotto tiro e quella pausa di sospensione per l’evento finale lo aveva del tutto inghiottito in un respiro profondo. Alle volte la vita è davvero complicata, pur rompendosi in brandelli quel faro di luce pare che resti sempre acceso sulle nostre piccole miserie. La radio stava per trasmettere musica per i perdenti, così annunciò lo speaker che prosegui dichiarando che quella notte era a tutti loro dedicata. Facciadiluna strizzò gli occhi per non farsi sopraffare dal sonno e accelerò leggermente. If you ever change your mind. About leavin', leavin' me behind. Oh, oh, bring it to me. Bring your sweet lovin'. Bring it on home to me, oh yeah. Aveva cercato in tutti i modi di tenere lontano il buio, ma il buio era arrivato ringhiando. Forse occorre davvero avere molta attenzione e parsimonia per estinguere una vita. Molta di più di quella che le circostanze casuali ci mettono per appiccarne la scintilla. E cos’hai alla fine del giorno? Cos’hai da portar via? Una bottiglia di whisky e un nuovo set di bugie persiane alla finestra e un dolore dietro agli occhi


            L’aveva ritrovato per caso quel vecchio portafoglio, come in una caccia al tesoro rovistando nella stanza, era saltato fuori e insieme a questo quella lettera d’amore mai spedita. Ci aveva infilato le mani tastando dentro quel rigonfiamento ed era venuta alla luce ingiallita e spiegazzata. Se la passò tra le mani come un mazzo di carte finché il suo viso non diventò bianco come le pareti della stanza. Eccola lì, quasi fosse stata la cosa più importante del mondo. Indietreggiò alla maniera di un ubriaco, inciampando sul tappeto, e gli parve di sentirsi come se l’avesse finita di scriverla in quell’attimo. Un Romeo pazzo d'amore canta una serenata dalla strada. Lasciando tutti malinconici con la canzone d'amore che ha fatto. Trova un lampione fa qualche passo fuori dall'ombra dice qualcosa del tipo:"Tu ed io, piccola, che ne dici? Concentrato in quei pensieri prese in pieno la buca sbattendo il muso sul manubrio. Accostò sul ciglio della carreggiata e controllò che l’auto non avesse subito danni. La sorte questa volta era stata indulgente. Risalì in macchina e ragionò che era molto meglio togliersi dalla strada perché stava rischiando più del dovuto. Anche se intorno non vi e anima viva, quando te la svigni la prudenza non è mai troppa. La camera dell’hotel Imperial era come quella di tante pensioni a buon mercato sparse per il mondo. Un letto di legno con la formica marrone scorticata e annerita dal tempo. Una lampadina sotto un paralume di lamierino e un armadio di legno lo stesso colore del letto. Si accomodò sulla sedia e si accese una sigaretta. Poi si tolse il cappello. Non mi serve la tua compassione chi fugge dice che le strade non sono più per i sognatori I cacciatori di taglie e i fantasmi che vendono ricordi vogliono anche loro una possibilità. 


            Dischiuse gli occhi in preda agli incubi che era ancora in quella stanza orribile con la luce della lampada accesa. L’aveva sognata che lo accoltellava, aveva visto le sue mani e la lama del coltello trafiggerlo. Il suo vestito si era macchiato del sangue che davanti usciva copioso dal suo ventre. Lei continuava a fissarlo con quegli occhi freddi aspettando solo di sferragli il colpo di grazia. Erano stati insieme molte volte, avevano fatto l’amore in maniera selvaggia, e anche feroce, fino a perdersi. Ma la paura gioca brutti scherzi e riesce a trasformare due amanti in perfetti estranei. Quello era il suo unico amore, un amore alla rovescia. Era una solitudine senza fine, la loro. Melanie Jane non proverà dolore. Triste triste. Occhi tristi, viso triste. Triste triste a casa tua. Pensavo di sapere tutto quel che c'era da sapere E io ti amo ancora. Ti amo ancora. Dopo un po’ l’amore, come molte altre cose, finisce di ardere, rimuginò azionando la manovella dello sciacquone del bagno e guardando l’acqua scendere giù nel buco nero. Prima di rimettersi a letto, inghiottì un lungo sorso di bourbon dalla fiaschetta. L’alcol era la sua cintura di sicurezza, il suo antidoto per il panico. Solo che andando avanti in quel modo alla fine la sua mente si era annebbiata e non sapeva più come distinguere i sogni dalla realtà. A volte sono sopraffatto. quando ci ripenso facevamo l'amore sull'erba verde dietro lo stadio con te, mia ragazza dagli occhi castani. Tu, mia ragazza dagli occhi castani. 


            Restò riverso sul letto  in preda alla confusione senza arrivare in alcun modo a fare chiarezza dentro di sè. La radiolina accesa sembrava che gli stesse parlando e tastandogli il polso con il sax di John Coltrane che suonava Violets for Your Furs. All’improvviso ti aggrappi ad una speranza, ad una nuova possibilità di salvezza. Non tutti lo sanno ma, mentre si affonda, si continua a nuotare muovendo spasmodicamente i piedi e spostandosi dal nulla verso il nulla. È banale dirlo, ma nasciamo come moriamo, sempre soli. La roba doveva arrivare lunedì notte, ma un imprevisto fece rimandare la consegna. Gino Il Verme lo avverti dopo due giorni dell’arrivo del carico inviandogli un messaggio sul telefonino con cui gli indicava anche l’ora e il luogo dell’appuntamento. Il giorno convenuto si preparò di buon’ora ed uscì da casa prima del solito. Aveva come un presentimento e gli era venuta voglia di farsi un giro in città. Non aveva paura per quello che avrebbero dovuto fare, non aveva nessuna paura delle sue azioni. Erano altre le cose che lo annientavano, che lo lasciavano annichilito e senza speranza. Continuava a correre, correre, senza fermarsi. Era quello il suo vero problema: raccogliere i cocci. Quel  gesto lo avrebbe semplicemente distrutto. Come una vecchia pendola con il quadrante rotto ma con i meccanismi intatti, seguitava a girare nel vuoto. Lo speaker con voce gentile presentò un nuovo brano e un ondata di gelo lo percorse. Sono l'innocente spettatore Mi sono in un certo modo bloccato tra l'incudine e il martello E sono giù nella mia fortuna, sì sono in basso nella mia fortuna Beh io sono giù sulla mia fortuna mi sto nascondendo in Honduras sono un uomo disperato Invia avvocati, armi e denaro la merda ha colpito il ventilatore
 

            Stavano nascosti da tutte le parti i piedipiatti quella notte. Avevano circondato il porto e acceso i fari e loro erano finiti in trappola come dei babbei. Ma qualcuno di certo aveva parlato, era tutto sbarrato tranne quella via di fuga che in pochi conoscevano, un tunnel sotto la banchina del porto. Gli agenti spararono in aria qualche colpo di pistola, ma la banda era composta da gente dura e spietata, abituata a ben altro per lasciarsi intimorire da quattro botti, esplosi al cielo come alla veglia del santo patrono. Stava quasi per incanalarsi per poi sparire nel cunicolo, quando l’agente gli urlò da dietro “non ti muovere, sei sotto tiro, fermati cane rognoso!”. Tenendo le mani larghe si girò lentamente. Poi per un lungo istante si guardarono in faccia. Cosa poteva fare adesso? Dove poteva scappare con quella luce negli occhi che lo accecava e la canna della pistola che lo mirava? Ma tornare dentro sarebbe stato peggio di morire e allora era meglio prendersi un colpo di rivoltella dritto in mezzo agli occhi, ragionò con distacco. Dici ancora le tue preghiere tesoro mio? Vai ancora a dormire la sera? Pregando che domani tutto andrà bene. Ma i domani si mettono in fila In fila uno dopo l’altro Ti svegli e stai morendo Non sai nemmeno per che cosa. Gli bastò quell’occhiata per capire che quel gonzo era un pivello e che probabilmente quella sera era la sua prima volta. Il rischio che correva, però, era alto. Il tipo avrebbe potuto fare fuoco per un nonnulla. Ma proprio di questo non è che gliene importasse molto. 


            Se lo era chiesto spesso per quale ragione i suoi pensieri non erano mai stati lucidi. Di sicuro lo avrebbero aiutato a sentire meglio quella presa, agguantarlo e spingerlo verso il baratro. O forse era sempre stato solo un morto che camminava dentro la vita! Con un balzo improvviso disarmò il poliziotto, gli sferrò un colpo sulla nuca, ma solo per stordirlo e avere il tempo di scappare. Non voleva fargli troppo male, era solo un ragazzino che aveva visto troppi telefilm alla tv e di certo a casa c’era qualcuno in ansia che lo stava aspettando. Alle dodici e dieci della notte sgattaiolava nel buio e in quel momento alla sua stazione radio preferita ascoltavano: Lonesome Dark-Eyed Beauty. Ad una solitaria bellezza con gli occhi scuri, su una strada lontana Mi sono svegliato tardi da un sogno l’altra notte e volevo dirti quando ti senti sola quando le pareti si rompono intorno a te  quando hai bisogno di qualcuno che ti aiuti a guarire il dolore dentro il tuo dolore


            Lei si era girata per andarsene quando aveva capito di che pasta era fatto. Lui l’afferrò da dietro le spalle, ma era come un gesto di preghiera, di supplica, affinché non andasse via. Un tentativo di tenere con sè l’unica persona che avrebbe potuto salvarlo. Erano due strade che si erano incrociate e per un po’ diventate una cosa sola. Ma quella maledetta paura li aveva separati. Quella paura di non farcela, di dovere giustificare sempre tutto e tutti, si era trasformata in rabbia e man mano in odio. Stava piovendo fin dall'inizio ed io ero lì che morivo di sete così sono entrato e la tua antica maledizione ferisce ma quel che è peggio è questo dolore Non posso restare qui è chiaro che proprio non ci riesco.


            Riempì il bicchiere fino a tre quarti. La radio a pile sempre accesa sul comodino borbottava un blues di John Lee Hooker. L’avevano visto insieme quel film di Jean-Luc Godard Fino All’Ultimo Respiro, uno dei titoli mitici della Nouvelle Vogue. Gli era sembrato di assomigliare a Michel Poiccard, il protagonista. Un pazzo che per sopravvivere si era tuffato nella notte mescolando realtà e sogni. Una vita che aveva un doppio fondo, di chi vuol vivere senza limiti e si spinge sempre oltre fino ad azzerarsi. Proprio come era successo a lui. Lampioni brillano lungo le strade  un inquietante pomeriggio viola di ladri e di sbirri che sempre ti fermano e ti chiedono che cosa stai facendo. Pensavano che fosse stato Facciadiluna a fare quella soffiata alla polizia. l’unico della banda a non essere stato arrestato quella notte al porto. Adesso gli davano la caccia amici e nemici, tutti insieme. Ma da quando quel giorno lei lo aveva lasciato lì da solo a guardarla andare via, il resto non contava più nulla.


            Faceva strada con la radio accesa e la musica di Eddie Cochran a palla. Dopo la curva a gomito guardò la linea bianca di mezzeria. Abbassò il finestrino ed accese una sigaretta. Nella brezza gentile sentì l’odore del suo corpo perforargli le narici. Ormai  lei era un ossessione, forse era questo il motivo del suo ritardo ad agire. I'm gonna raise a fuss, I'm gonna raise a holler About a workin' all summer just to try to earn a dollar Every time I call my baby, and try to get a date My boss says, "No dice son, you gotta work late" Sometimes I wonder what I'm a gonna do But there ain't no cure for the summertime blues. Sul rettilineo il posto di blocco della polizia era ben visibile. Facciadiluna scrutò il cartello per capire dove si trovasse. Era nuovamente pronto a colpire senza esitazione. Proseguì a rilento fino che non arrivò a cento metri da loro. Quando gli intimarono di fermarsi afferrò la pistola e, brillando di pioggia, diede gas. Gli agenti non ebbero alcuna esitazione e spararono diverse raffiche di mitra. L’auto sbandò a destra e poi a sinistra per schiantarsi dentro un fosso. I due poliziotti si avvicinarono guardinghi, schiusero la portiera e con le torce illuminarono l’abitacolo. Sul quel volto solo un crespo sorriso. 


Bartolo Federico


                                                      On the radio



1. Bring it on home to me-Sam Cooke

2. Private Investigations- Dire Straits
3. Romeo and Juliet- Dire Straits
4. Tom Traubert's Blues - Tom Waits
5. Lonely - Tom Waits
6. Brown Eyed Girl - Van Morrison
7. Violets for Your Furs - John Coltrane
8. Lawyers Guns And Money - Warren Zevon
9. Point Blank - B. Springsteen
10. Lonesome Dark-Eyed Beauty - Willie Nile
11. Just Like A Woman - Bob Dylan
12. Dusty Road John - Lee Hooker
13. Billboard Of The Moon - Dirk Hamilton
14. Summertime blues - Eddie Cochran

lunedì 20 maggio 2013

John Martyn – Bless the Weather (1971) (Remastered – 2005)

John Martyn – vocals, guitar, harmonica, keyboards
Richard Thompson – guitar
Smiley DeJonnes – percussion
Beverley Martyn – guitar, vocals
Danny Thompson – double bass
Tony Reeves – double bass, bass guitar
Ian Whiteman - keyboards
Roger Powell – drums


sabato 18 maggio 2013

Beth Hart & Joe Bonamassa – Seesaw (2013)


Nobody Wins: Stax Southern Soul 1968-1975 (2012)

1. Johnny Daye – Stay Baby Stay [02:47]
2. The Charmells – I’ve Done It Again [03:26]
3. Charlene & the Soul Serenaders – Love Changes [03:51]
4. The Soul Children – Move Over [02:54]
5. Chuck Brooks – Hold On This Time [03:29]
6. Jimmy Lewis – Where Was He? [03:09]
7. Sir Mack Rice – Nobody Wins Til the Game Is Over [03:03]
8. Freddie Waters – Groovin’ On My Baby’s Love [02:43]
9. Eddie Floyd – Stealin’ Love [03:50]
10. Inez Foxx – Crossing Over the Bridge [02:51]
11. Bettye Crutcher – Make a Joyful Noise [05:02]
12. William Bell – Lovin’ On Borrowed Time [03:55]
13. Willie Singleton – Two Fools [03:17]
14. Ollie & the Nightingales – You’re Leaving Me [02:49]
15. Sylvia & the Blue Jays – The Fault Is Not in Me [02:43]
16. Mable John – Shouldn’t I Love Him [02:28]
17. Johnnie Taylor – Will You Love Me Forever [02:55]
18. Calvin Scott – I Never Found a Girl to Love Me Like You Do [02:39]
19. Jimmy Hughes – Let’em Down Baby [02:38]
20. Shack – A Love Affair That Bears No Pain [04:05]
21. Little Milton – Woman Across the River [04:09]


sabato 11 maggio 2013

Sperduto Nel Diluvio

L’ultima luce del giorno se la inghiottì’ un mare che pareva di vetro. Nell’oscurità che atterrava a rilento cercò una soluzione, intanto che la luna si impossessava del cielo. In quella città in perenne movimento nessuno poteva sentirsi al sicuro, neanche lui. Come inseguito da una melodia irresistibile, si spostava di continuo, nascondendosi con le altre creature che brulicavano nell’ombra. Accese la radio tenendola a basso volume. Una pupa al silicone assieme al gorilla del suo boss mi ha detto che avevo ciò che serve, disse: ”ti accenderò io ragazzo mio con qualcosa di forte se mi suoni quella canzone dal ritmo funky” (Blinded By The Light - Bruce Springsteen).

Scese dall’auto e prese a camminare come faceva tutte le notti. Gli piaceva guardare i marciapiedi e le luci delle vetrine e gli piacevano quelle solitudini che arrancavano per le strade. Sentì la rivoltella con l’impugnatura di gomma che gli premeva sullo stomaco. Non si era mai fidato delle pistole automatiche, aveva paura che si inceppassero. Sempre solo come un cane bastardo, considerò. Ma i silenzi a volte fanno un po’ di bene, specie quando i ricordi si induriscono e non hanno più gusto a pensarli. Tutto in un colpo s’invecchia.”Beh, saltai, girai in tondo, sputai in aria, caddi in terra. Gli domandai quale fosse la strada del ritorno a casa. Disse:prendi la destra al lampione vai sempre dritto finché è notte, e poi, ragazzo, sei solo. (Blinded By The Light - Bruce Springsteen).

Da bambino con suo padre ci passava un sacco di tempo. Lui amava raccontargli le storie di quei musicisti del Mississippi che avevano viaggiato sulle strade impolverate. Storie che conosceva bene, essendo stato un appassionato di blues, ma anche un bravo chitarrista. Nel soggiorno seduto, su quel vecchio divano di velluto scolorito, prima gli cantava qualcosa, poi si accendeva un sigaro e, riempiendosi il bicchiere di uno strano miscuglio alcolico, con voce bassa prendeva a parlare. Per lui quei minuti e quelle ore, passati insieme a suo padre, erano stati momenti preziosi che aveva cancellato dalla mente dopo che questi morì. Una sera si era addormentato e non si era più risvegliato. Da allora Rocco con quella pena nel cuore si inasprii e, aspettando l’occasione che non arriva mai, s’incamminò sulle cattive strade. E non rimane altro che del sangue dove cade il corpo, cioè niente che si può vendere, solo cianfrusaglie all’orizzonte, un vero saluto da bandito. E dissi ”hey ragazzo! Credi che sia olio, è sangue ”mi chiedo a cosa pensasse quando è incappato in quella tempesta:o era solo sperduto nel diluvio? (Lost In The Flood - Bruce Springsteen)

Il 12 novembre del 1909 a Houston nel Mississippi nacque Booker Taliaferro Washington White, il primo di cinque fratelli. Bukka, come fu soprannominato, fu la raffigurazione vivente del dolore. Un uomo sensibile, lacerato nell’animo dalla vita durissima che condusse. Le sue vicende umane rispecchiarono in pieno la sua musica. Suonava un blues feroce, viscerale, capace di strapparti la carne di dosso e ridurti il cuore a pezzetti. Cantando con voce possente ed emozionale, ti scuoteva i sensi. Il suo fu il blues della solitudine, della fatica di vivere, del freddo interiore, di quelle anime che hanno sempre vissuto nella penombra bluastra del silenzio, agitandosi nell’anticamera dell’inferno.

Dal padre John, un manovale delle ferrovie, ma anche musicista part-time, impara a suonare la chitarra e, nello stesso tempo, un pastore della chiesa battista gli insegna a cantare. Ma non c’è spazio per la musica, la pancia è vuota e bisogna lavorare. A 14 anni trova occupazione in una segheria e si trasferisce da suo zio Alec Johnson, a Grenada. Ma quel lavoro è davvero troppo duro per un ragazzino anche se ben messo fisicamente. Così, con la sua chitarra fa fagotto e se ne va via errando per il Delta del Mississippi, mantenendosi suonando i suoi blues ancora acerbi. In uno di quei giorni fortunati che ad ogni uomo almeno una volta il buon Dio concede di avere, incappa in Charlie Patton che lo prende sotto la sua tutela. Un incontro che al giovane Bukka lascerà un segno indelebile dentro l’anima e nello stile musicale.”la mia pelle era come cuoio e il mio sorriso di diamante sembrava quello di un cobra. Sono nato triste e consunto ma ho bruciato le tappe”. (It’s Hard To Be A Saint In The City - Bruce Springsteen)

Era invecchiato senza accorgersene. Camminava ogni notte per la città per rifiatare almeno un po’. In periferia dove era nato, le luci non erano uguali a quelle del centro. Le ciminiere delle fabbriche avevano scurito i muri delle case e c‘era melma e puzza di piscio dappertutto. Il cielo, poi, era grigio come se vi fosse stata applicata una pellicola che l’offuscava. Si rese conto che lo avevano relegato a vivere in una grossa fogna, ad annerirsi sotto un sole artificiale. Ero il re dei vicoli, potevo parlare un po’ sboccato. Ero il principe dei poveri incoronato là, fra i mendicanti, ero il vero profeta dei magnaccia, tenevo tutto sotto controllo. Un giocatore da bassifondi che poteva perdere solo la sua fortuna.” (It’s Hard To Be A Saint In The City - Bruce Springsteen). Del quartiere era diventato il boss. Con la galera aveva anche conquistato il rispetto della paura, ma certamente non quello degli uomini. Gli anni passati dentro quelle quattro mura, però, lo avevano reciso come il gambo di una rosa, indebolendolo invece di temprarlo. Non sapeva perché era successo, ma era andata così.

Bukka White solo con la musica non riesce proprio a sbarcare il lunario, per cui si vede costretto ad andare a lavorare nei campi di cotone. Ma il richiamo del blues resta sempre forte dentro di lui e, non appena possibile, scappa per andare a suonare nelle bettole o nelle feste. Così, ben presto riprende il cammino. Intorno agli anni trenta arriva a Memphis dove riesce a farsi apprezzare dalla comunità nera. Qui viene notato da un figlio di puttana come ce ne sono tanti sparsi per il mondo, un certo Ralph Limbo, un talent scout che possedeva un negozio di dischi e che, con la promessa di lauti guadagni, gli fa incidere dei pezzi per la Victor sotto il nome di Washington White, brani che restano per lo più inediti. La grande depressione rende la vita difficile a chiunque e Bukka White deve darsi da fare se non vuol morire di stenti. Per questo motivo fa i lavori più disparati, dal lattaio allo strillone, dallo sguattero allo spazzino, fino a diventare un giocatore professionista di baseball nel campionato di colore e tentando anche una carriera nel pugilato. Ma il diavolo è girovago e non ti dà il tempo di fermarsi. Si sposta ad Aberdeen e, finalmente, riesce a liberarsi del contratto con la Victor che non gli ha fruttato un centesimo. Succede però che, durante la solita lite, Bukka spara ad un uomo e lo uccide. Fugge ma viene presto catturato e mandato in prigione. Dopo poco tempo, tuttavia, riesce a evadere e a rifugiarsi a Chicago dove incide anche alcuni brani: Shake em on down e Pinebluff Arkansas. Nuovamente catturato, è condannato a sette anni di lavori forzati e viene inviato nella peggiore delle galere, la più dura, la più violenta, quella Parchaman Farm in Mississippi, che solo ad evocarne il nome mette terrore. Giudice dammi la vita stamane a Parchman Farm. Non voglio odiare così, ma ho lasciato mia moglie nel dolore. Oh, buona moglie, ciò che hai fatto è tutto andato. Ma spero che un giorno potrai udire il mio canto solitario. Ascoltate. Non voglio dire nulla di male se volete far bene, meglio star fuori da Parchman Farm. Cominciamo a lavorare al mattino, proprio all’alba, fino al tramonto. Questo accade quando il lavoro è finito, io sto a Parchman Farm, ma vorrei tornare indietro a casa dove spero un giorno di sopraggiungere. ( Parchman Farm Blues - Bukka White)

Doveva stare attento alla polizia, non voleva finire nuovamente dentro. Quella era l’unica cosa che gli faceva davvero paura, non avrebbe resistito più di un giorno questa volta. Ogni uomo è un anello del mondo, ma lui cos’era? Forse solo un bersaglio che passeggiava nell’oscuro della notte. la notte era buia, ma il marciapiede illuminato e foderato della luce di vita notturna. Dalla finestra di un appartamento una radio suonava a pieno volume. Girato l’angolo, tutto ammutoliva improvvisamente. Entrai così nella decima avenue fuori gioco, la decima avenue fuori gioco. Sono solo, completamente solo. E tu, ragazzo, dovresti diventare un personaggio, sono solo, assolutamente solo, e non riesco ad andare a casa. (Tenth Avenue Freeze Out - Bruce Springsteen). Si era costruito una reputazione nel peggiore dei modi, con la violenza e i soprusi, scegliendo la parte sbagliata del mondo. Ma, se non altro, sapevi chi era. Non come i nostri governanti. Si era rifugiato nell’oscurità e poteva contare solo su se stesso. Come una bestia feroce si mimetizzava in modo perfetto, pronto a colpire la sua preda. Ma, adesso, ondeggiava nella risacca, come una foglia già caduta lentamente giù da un albero. Adesso aveva occhi che ballavano di nostalgia.

E’ solamente uno l’errore che ho fatto. Restare in Mississippi un giorno di troppo. (Traditional). La prigione di Parchaman, che è pari ad un campo di concentramento, è il regno della violenza e della crudeltà. Bukka White ci trascorre due anni ed è attraverso la musica che riesce in qualche modo a lenire quelle atroci sofferenze. Si esibisce per gli altri detenuti cantando e suonando i suoi blues che sono divenuti aspri e durissimi, perché esprimono tutto il dolore e lo sconforto della sua anima. In quel periodo registra insieme al musicologo Alan Lomax, inviato nel terribile penitenziario, alcuni brani per la Biblioteca del Congresso. Poco dopo quell’evento, viene liberato. Bukka, però, è ferito, traumatizzato dai suoi spettri che sono la prigionia, l’alcool e l’ossessione della morte. Adattarsi alla libertà, in queste condizioni psicologiche, non gli è per niente facile. Mi sento strano, Signore, credo che morirò. Mi sento strano, Signore, credo che morirò. Beh, non mi importa di morire, ma non sopporto di dover lasciare i miei bambini in lacrime. Guardo lassù quel terreno per la sepoltura. Guardo lassù quel terreno per la sepoltura. Sembra molto solitario, Signore, quando il sole tramonta.(Fixin’To Die - Bukka White)

Una brezza che pareva venisse dall’inferno, lo investi in pieno viso mentre camminava a testa bassa, là in fondo alla notte. Era molto tardi e la strada era silenziosa come un cimitero. Salì in macchina e il motore al primo giro di chiave rombò. Accese la radio ed alzò il volume : E guido un auto rubata in una notte buia. E dico a me stesso che andrà tutto bene. Ma corro nella notte e viaggio col timore di sparire nell’oscurità. (Stolen Car - Bruce Springsteen). Si sentiva come se gli avesse fatto schifo, all’esistenza. Non aveva niente di cui parlare, perché non gli capitava più nulla che lo interessasse. Avrebbe voluto uscire da quel business, ne aveva abbastanza di quella vita, ma come fare? Alla fine ne sarebbe valsa la pena? Se lo chiedeva intanto che l’auto sfilava lenta nelle strade deserte. Occorreva ritrovare il coraggio perduto, ripartire dalle stradine laterali. Aveva come la percezione che tutte le cose che aveva tenuto dentro, per tutto quel tempo, fossero uscite all’improvviso e si fossero messe tutte insieme a parlargli. Ma, questa volta, voleva capire fino in fondo quello che avevano da raccontargli. 

Dopo Il servizio militare Bukka White torna a Memphis, dove vive insieme a un suo secondo cugino un certo Riley B.King (in seguito sarà conosciuto col nome di B.B. King), il quale apprende molto dalle vicissitudini umane di quel parente assai sfortunato. Ma, come succede a tutti i diseredati del mondo, Bukka scompare dalla circolazione. Nel 1963, un appassionato di blues ,il virtuoso chitarrista John Fahey riscopre questo enorme talento. A dirla tutta, l’anno precedente, fu il giovane Bob Dylan, incidendo Fixin’ To Die Blues nel suo disco d’esordio, a riaprire la passione per questo dimenticato randagio. Un contratto per la Arhoolie di Cris Strachwitz e varie esibizioni nei folk club fanno crescere l’interesse per il suo blues. Ma lui resta un uomo dolorante, la vita lo ha enormemente devastato e quel terrore profondo per tutto quello che ha visto e subito è troppo difficile da cancellare. Le sue canzoni restano un patrimonio per chiunque voglia conoscere l’autenticità del blues di strada. Canzoni che sono alla pari di quelle di Robert Johnson, Charlie Patton, Tommy Johnson o Blind Willie Mc Tell. Canzoni dimenticate dai più, che provengono dal profondo del cuore di un uomo arrivato in cima a tutto quello che di brutto può capitare. Riscoprirle significa toccare il suo dolore e quello di un intero popolo esule.

“Ricordati, Rocco,” concluse suo padre: “quando la tua pena non ti risponde più, quando si scivola, si sbanda, bisogna ritornare lì dove tutto ha avuto inizio, dove tutto ricomincia, anche solo per piangere”. Tutti hanno un segreto, Sonny, qualcosa che non possono affrontare. Alcuni passano la vita cercando di mantenerlo. Se lo portano dietro a ogni passo che fanno, finché un giorno lo abbandonano, lo abbandonano o si lasciano trascinare a fondo, dove nessuno fa domande o ti guarda in faccia troppo a lungo, nel buio ai margini della città. (Darkness On The Edge Of Town-Bruce Springsteen)

Bartolo Federico