mercoledì 30 settembre 2015

Dove Hai Dormito La Scorsa Notte (pancia di piombo)

Al tramonto Huddie camminava silenzioso sulla mulattiera che portava a casa. La giornata di lavoro nei campi di cotone era stata più dura del solito e non vedeva l’ora di rientrare per stendersi un po’. A casa avrebbe cucinato come ogni sera la solita minestra con la cotenna di maiale avanzata dal giorno prima e questo lo metteva di cattivo umore. Dietro di lui in lontananza sentì il treno sbuffare, si fermò un istante mentre gli altri braccianti proseguivano il tragitto. Ogni notte gli veniva in sogno quel lungo treno nero che correva sulle rotaie all’ impazzata e che, dopo una curva affrontata a tutta velocità, gli pareva lo stesse per travolgere e i fari lo accecassero al punto di svegliarlo spaventato e madido di sudore. Quel sogno era divenuto un incubo, un’ossessione che lo tormentava. Non ne aveva mai parlato con nessuno per via del carattere schivo e taciturno, ma non sapeva più cosa pensare se prenderlo come un presagio o una bizzarria dovuta alla pancia perennemente vuota. Guardò verso i pascoli oltre la staccionata dove passava la strada ferrata ed aspettò che il lungo convoglio transitasse. Lo continuò a seguire con gli occhi fin quando non divenne un macchiolina nera nel verde della prateria. Poi, lentamente, proseguì il cammino.Era nato in Louisiana da una indiana Cherokee ed un musicista nero girovago. Sin da piccolo aveva dimostrato enorme talento per la musica, sua madre gli insegnava gli spiritual e i canti religiosi indiani mentre un vecchio zio lo istruiva a suonare l’accordeon ed a cantare le ballate tradizionali. In seguito lo introdusse anche alla cultura Cajun insegnandogli il piano ed il mandolino. Lavorando nei campi di cotone imparò le “worksong “.

Huddie aveva la poesia nel cuore e la malinconia negli occhi, a dispetto della sua prestanza fisica e di quella propensione a cacciarsi nei guai. Era bravo in quello. Restava spesso coinvolto in risse o aggressioni, circostanze che gli avevano causato parecchie problemi con la giustizia. Per questo motivo era già finito più di una volta in prigione. Una notte, in un locale malfamato di una contea del Texas, la rissa fu talmente brutale che finì in sparatoria, ma nonostante la grave ferita allo stomaco e il proiettile che non gli fu mai estratto sopravisse. Da quel momento si guadagnò l’appellativo di Pancia di Piombo. Percorse la strada che gli rimaneva da fare per arrivare a casa senza mai guardarsi intorno e anche se era solo ed ancora un ragazzo con quella mole che si ritrovava non aveva paura di nessuno. Con la sua forza poteva spezzare la schiena ad un asino. Quando arrivò era già buio, mangiò in silenzio nell’oscurità mentre osservava fuori dalla finestra i campi arati e silenziosi, illuminati da una fragile luna. Nella sua stanza c’erano poche cose: il letto con il materasso sopra e una sedia di legno. Si sedette e prese la chitarra a dodici corde che si era costruito da solo. La prima volta che sentì quel suono cosi ricco e corposo fu quando ascoltò dei messicani suonare al bordello che frequentava in Texas e se ne innamorò perdutamente. Per scaldarsi le dita provò a riprodurre le linee di basso dei pianisti barrelhouse di Fannin Street che tanto lo divertivano. Poi eseguì una sua composizione che aveva chiamato “Cotton Fields”, accompagnandosi col battito del piede e con un canto aspro, quasi rotto dall’emozione. Infine bevve del pessimo whisky, si sdraiò sul letto e non molto tempo dopo si addormentò. La mattina appena sveglio mise in un fagotto quel che possedeva, prese la chitarra e parti alla volta di Dallas con l’intenzione di raggiungere il suo amico Blind Lemon Jefferson. Era stufo di quella vita fatta di repressioni ed umiliazioni da parte di padroni crudeli e sanguinari. Il mondo lo aveva espulso da quando era nato e si doveva accontentare di lavorare come uomo di fatica. Quello era il prezzo da pagare per restare fuori dalla galera. Ma lui avrebbe voluto essere libero di fare delle scelte che senza denaro non si possono fare, per questo motivo adesso andava a guadagnarsi da vivere suonando che era la cosa che meglio gli riusciva nella vita. Voleva diventare celebre e rispettato, come il suo amico Lemon Jefferson. Quando finalmente giunse sulla strada principale, si girò e guardò indietro mentre un cane appariva dal sentiero laterale abbaiando rauco . Un vento gelido lo investii in pieno viso, ma da dietro la montagna filtrò una bava di sole che lo rianimò. Si sedette su un masso al ciglio della strada e accompagnandosi con la chitarra cantò “Goodnight Irene”.

Lemon Jefferson era un uomo grassoccio e possente che in passato si era guadagnato da vivere facendo il pugile, un vero duro come la corazza di un armadillo, nato nel Texas anche se nessuno sapeva quando. Amava le donne, il vagabondaggio e la vita dissoluta e, quando era ubriaco, aveva un caratteraccio che lo portava ad essere triviale e violento ma con in braccio la chitarra diventava un musicista dal talento smisurato che tratteggiava trame melodiche incredibili e inusuali dentro quei blues evoluti e monumentali che componeva. Il suo canto chiaro e pungente assumeva toni drammatici ed intensi quando raccontava del duro vivere quotidiano, della vita randagia e, da vero poeta di strada, sentiva i tempi che cambiavano. Lemon ci sapeva fare, nonostante la cecità, si spostava accompagnato da altri musicisti (T-Bone Walker e Lightnin’ Hopkins) stregati dalla sua musica esibendosi alle feste campestri e ai balli di piazza, negli angoli delle strade ed era molto apprezzato dal pubblico. La sua ciotola di latta era sempre colma di denaro. Possedeva due auto e viaggiava accompagnato da un autista. Fu la prima vera “pietra rotolante” della storia. “Ecco”, pensò Huddie, “anch’io avrò tutto questo”, dimenticandosi del suo temperamento e di quell’aggressività che invece Lemon sapeva tenere a bada nei momenti cruciali. Ci vollero tre giorni di duro viaggiare, spesi saltando sui treni nell’oscurità per raggiungere Dallas. Con Lemon prese ad esibirsi per strada e suonavano il blues anche se tormentati dalla pioggia o dal freddo. Huddie lo accompagnava con il mandolino mentre Jefferson suonava la chitarra bottleneck. Fu in quel periodo che Huddie Pancia Di Piombo apprese la musica del diavolo nella sua immortalità essendo cresciuto, in termini musicali, più da cantante folk che da vero bluesman. La città ancora dormiva quando Huddie uscì in strada dal bordello dove aveva passato la notte. Mentre avanzava per la via vide un uomo procedere verso di lui che camminava lento lento. Non ci badò e prosegui, ma il tipo quando gli fu vicino lo aggredì estraendo un revolver e fu allora che Huddie esplose nella sua furia cieca. Ne seguì una violenta colluttazione e alla fine Will Stafford - così si chiamava l’uomo che cercava vendetta a causa di una donna - rimase ucciso. Per quell’omicidio fu condannato a trent‘anni di lavori forzati da trascorrere nel penitenziario di Huntsville nel Texas. 

Per raggiungere dal carcere la cava di pietra Huddie doveva percorrere con le catene a piedi quasi sei chilometri di salita. Quando la sera rientrava dal lavoro era ridotto uno straccio. Si rendeva conto che non poteva continuare in quel modo e allora cercò di sfruttare le sue doti musicali, se non altro per svincolarsi da quella condizione che con l’andare del tempo lo avrebbe portato diritto alla tomba. La cosa funzionò, fu dispensato dai lavori pesanti e in cambio doveva suonare e cantare per carcerati e guardie rendendo così la giornata più sopportabile. Una notte, gli riapparve in sogno quel vecchio treno che correva all’impazzata e fu in quella cella che capì di cosa si trattava. Era il treno della mezzanotte che con la sua luce abbagliava il carcerato che cosi avrebbe riacquistato la libertà. Il mattino dopo ci scrisse una canzone che raccontava di quel sogno: “Bene, ti alzi nel mattino, ascolti uno scampanellìo, vai a marcia verso il tavolo, vedi le solite dannate cose. Bene, sul tavolo coltello, forchetta e tegame, e se dici qualcosa sei nei guai con l’uomo. Midnight special mi illumini, Midnight special mi accenda della sua luce amorevole” (da Midnight Special). 

Trascorsero sette anni, Huddie smaniava per tornare a vagabondare sotto il cielo della Louisiana. Una notte scrisse una canzone al governatore del Texas Pat Neff per ottenere il perdono . “La prego, governatore Neff, sia misericordioso e comprensivo abbia pietà per la mia condanna...io non vedo salvezza per la mia anima se non avrò il perdono, metta alla prova la mia parola d'onore...se io fossi al suo posto, governatore Neff, mi alzarei al mattino e llibererei.” Pancia di Piombo incredibilmente ottenne la clemenza che il governatore Neff firmò dopo avere ascoltato la canzone. 

Attese nell’oscurità che il treno rallentasse la sua corsa, si avvicinò alla vettura e con un balzo felino ci fu dentro. Il vagone era pieno di vagabondi che, osservando la sua stazza, gli fecero spazio per sedersi. Stava tornando a Lake Caddo, in Louisiana, la zona dov’era cresciuto. Lì era ancora la casa dei suoi genitori. Adesso doveva rigare dritto come aveva promesso a se stesso e al governatore, doveva fare in modo di starsene il più lontano possibile dai guai e soprattutto dal carcere. Arrivò a casa che era notte fonda. Passò da quello che un tempo era l’orto, spalancò la porta che era mezza aperta e capì subito che qualcosa non andava. La casa era completamente vuota. Guardò in tutte le tre stanze, non c’era più nulla. Era sparito tutto, tranne la branda di ferro che un tempo era stata il suo letto. Rotto e affamato ci si sdraiò sopra ed aspettò che si facesse giorno. 

Leadbelly, per mantenere fede alla parola, diede un calcio in culo ai sogni di gloria e ritornò alla vita semplice, fatta di duro lavoro nei campi di cotone o come manovale dove ce n‘era di bisogno. Ma non scordava mai il suo vero amore che era la musica Quando non era troppo stanco, dopo il lavoro, suonava le canzoni che continuava a scrivere nei locali vicino casa o alle feste e tutto sembrò filare liscio per cinque lunghi anni. Poi, un maledetto giorno, in circostanze che rimarranno sempre oscure, il vento tornò ad ululare e il diavolo riapparve. Aveva bevuto litri di Canned Heat, suonato e divertitosi e non ricordò mai nulla di cosa fosse accaduto in seguito. Al mattino, quando aprì gli occhi, si ritrovò nella cella dello sceriffo con l’accusa di aver aggredito un uomo a scopo di omicidio. Gli fecero un processo sommario e, come per tutti i neri del Sud che commettevano un reato, fu condannato ed inviato nuovamente ai lavori forzati. Questa volta nel terribile carcere di Angola, in Louisiana.

Giù al Sud quando fai qualcosa che non va, ti sbatteranno di certo nel campo di lavoro. Ti metteranno sotto un uomo chiamato Captain Jack, ti lascerà di sicuro la sua firma sulle spalle… ti metterà in un fosso con una grossa lunga vanga. Volesse il cielo non fossi mai nato. La domenica i ragazzi hanno un aspetto triste pensano solo a quanto tempo hanno ancora”(County Farm) .

Nella prigione di Angola ti facevano uscire il sangue dagli occhi, le barbarie erano all’ordine del giorno. Sotto un sole che spaccava le pietre i detenuti, tutti afroamericani, incatenati come bestie e guardati a vista da vigilanti a cavallo armati fino ai denti, selezionavano cotone ,frumento e cereali. Bastava un nulla perché una guardia mettesse un prigioniero sott’occhio e l’aldilà gli era assicurato. Non si sa perché tutto questo accadde, ma accadde. Questa volta non furono sufficienti a Huddie le sue qualità di musicista per scampare a quella crudeltà. Adesso gli serviva davvero un miracolo per salvare la pelle e, come per uno scherzo del destino, questo arrivò vestito da uomo bianco.

John A. Lomax, un etnomusicologo, e suo figlio Alan erano due bianchi giunti nel profondo Sud per conto della Library Of Congress alla ricerca di interpreti di ballate folk tradizionali da registrare, perché fino ad allora quel patrimonio era stato tramandato solo per via orale. Si resero presto conto, girando il Mississippi, che le varie prigioni erano una fucina zeppa di musicisti, di talenti. La maggior parte di loro era accusata di vagabondaggio, ubriachezza, rissa. Le autorità americane molto prima del nazismo avevano creato i “lager . Capita la situazione, i Lomax decisero di chiedere il consenso alle autorità per potervi accedere e fare le registrazioni sul campo. Permesso che, con i buoni uffici che avevano, gli fu accordato. 

Giunsero al penitenziario di Angola che per il caldo barcollavano. Una volta entrati videro che inferno era quel posto. Montarono le enormi apparecchiature e dopo diverse audizioni avviarono le registrazioni. Poi qualcuno indicò loro un musicista che conosceva centinaia di canzoni folk. Incuriositi chiesero di incontrarlo per poterlo ascoltare. Quando Huddie inizio a cantare rimasero impressionati da quella voce possente e fiera che suonava con grande maestria la chitarra ma anche il piano, l’accordion, l’armonica, il mandolino e passava con estrema naturalezza dal ragtime ai balli popolari, dal blues del delta , al boogie-woogie. Possedeva una tale conoscenza della musica che considerarlo l’enciclopedia sonora del suo popolo non era azzardato. Fiutato l’affare, iniziarono a registrarlo e in pochi giorni incisero ben 135 brani. Nel frattempo conobbero anche la sua storia personale e di quel perdono ottenuto grazie ad una canzone. Dopo circa un anno da quelle session chiesero loro stessi al governatore della Louisiana, O.K. Allen, un nuova grazia.


“Pancia di Piombo” usci dal penitenziario e si incamminò nella polvere dei campi di canna da zucchero. Passò vicino ad un rovo di more e ne colse  una ancora acerba. Era a pezzi, la testa gli pesava come un macigno, voleva distendersi ma non sapeva dove andare, non aveva nulla se non la musica e la fedele dodici corde. Camminò su quel sentiero e si guardò intorno dove scorse una quercia solitaria. Si diresse verso quel grande albero e si adagiò sull’erba. Fu all’ombra di quei rami che fece la più lunga e ristoratrice delle dormite .La sera il cielo era trasparente e le anatre sguazzavano nel Bayou. Huddie si recò dai Lomax per ringraziarli. Gli dissero che lo avevano assunto come autista e musicista occasionale visto che quella era una delle condizioni che il governatore aveva posto per fargli ottenere la grazia. Lo invitarono a seguirli a New York. Sotto il cielo della Louisiana quella, per “Pancia di Piombo”, fu una notte felice.


New York era un cantiere aperto, una cosa pazzesca agli occhi di quell’uomo venuto dai campi di cotone. Scrutava con meraviglia quell’immensa città in costruzione che viveva giorni di grande fermento dopo la grave crisi economica. Nuove masse operaie si accalcavano spinte dalla richiesta di mano d’opera. si iniziarono a costruire i primi grattacieli, mentre nelle radio passava lo swing delle orchestre di Benny Goodman e Glen Miller e l’industria cinematografica fioriva. In un quartiere chiamato Greenwich Village - conosciuto anche come la zona degli artisti - si affittavano loft a basso prezzo e nei club, oltre il jazz, si iniziava timidamente a suonare il folk. Nel cuore di Huddie si riaccendono quei sogni di gloria mai assopiti del tutto. Per nulla intimorito da quanto gli accade intorno porta la sua musica in giro per New York e coglie l’apprezzamento di quei musicisti folk simpatizzanti della nuova sinistra. Diventa amico e partner musicale dell’uomo delle “Ballate delle Tempeste di Polvere ”, Woody Guthrie , ma anche di Pete SeegerCisco Houston e del duo Sonny Terry & Brownie McGhee. Con loro si esibisce sostenendo le battaglie politiche del sindacato e diventa voce del proletariato, degli emarginati, degli ultimi, dei dimenticati, di quelli come lui, di quelli di cui il blues è da sempre portavoce. Ed è per loro che scrive canzoni come Bourgeois Blues e Scottsboro Boys. Ma qualcuno di quei professorini della musica(i sinistrati!!) cresciuti nelle comodità con tre pasti al giorno e tanti privilegi, infastidito da questo suo attivismo, lo accusa, come gli è capitato spesso nella vita, di tradire lo spirito originale della sua musica, di vendersi al mercato. Si sarebbe meritato un trattamento migliore che quelle critiche ingenerose e gratuite, a volte infamanti, visto che non si arricchì e neanche il successo gli arrise. Ma, se questo fosse arrivato, se lo sarebbe meritato tutto. Invece, visse sempre di stenti e neanche i Lomax furono cosi generosi con lui nella paga per il lavoro d’autista. Ma, da uomo tutto di un pezzo, tosto e duro come una quercia, prosegui dritto sul suo binario, come quel vecchio amico treno. Incise un disco strepitoso, un capolavoro assoluto, in un salotto di New York. “Last Session” è il testamento di una vita dedicata alla musica blues e per la musica blues. Poi la sua vita dissennata cominciò a minare il suo possente fisico. Huddie stette poco bene e fu ricoverato in ospedale dove gli venne diagnosticata una malattia terribile, il morbo di Lou Gehrig, una forma di sclerosi muscolare. Nel frattempo qualcuno cominciò a impossessarsi delle sue perle. Good Night Irene venne portata al successo dai Weawers, un gruppo folk guidato da Pete Seeger. Ma “Pancia di Piombo” non ebbe mai modo di saperlo.


Verrà riscoperto nel tempo, le sue canzoni saranno rifatte da innumerevoli artisti con passione e dedizione e gli saranno tributati onori e medaglie. A me restano, oltre alla sua intramontabile musica, le parole semplici e toccanti che il più grande cantautore di tutti i tempi, Bob Dylan , che non ha mai negato la sua profonda influenza, scrisse rivolgendosi al suo mentore Woody Guthrie :

Ehi Woody Guthrie ma io so che tu sai tutte le cose che canto e molte altre di più. Ti canto questa canzone ma non posso cantare abbastanza perché non sono molti gli uomini che hanno fatto quello che hai fatto tu, e la dedico a Cisco e a Sonny e anche a Leadbelly e a tutti gli uomini buoni che hanno viaggiato con te. La dedico al cuore e alle mani degli uomini che vengono con la polvere e se ne vanno col vento”.

Ballando Con Le Lacrime Agli Occhi

Il battello solcava leggero le acque del Mississippi. Accompagnavo Melissa in un weekend sul fiume a base di storie e musica blues che era una sorta di terapia di gruppo praticata, nell’ospedale dove lei lavorava, per dei ragazzi ex tossicodipendenti. Quando il chitarrista  fini di raccontare le vicende di LeadBelly agguantò la sua chitarra, accese l’amplificatore e suonò versioni intense e commosse di ” Where Did You Sleep Last Night”, “Eagle Rock Rag “, “Let It Shine On Me“, “Dancing with tears in my eyes”, che le assi del battello si piegarono in due e i gamberetti nel fiume si arrotolarono per la pelle d’oca. Il vento tracciava grandi cerchi sul pelo dell’acqua. Fu cosi che ebbi la mia visione. L’acqua del grande fiume divenne limpida, talmente limpida che riuscii a scorgere il fondo e li nitidamente vidi per la prima volta il volto squadrato e duro di Huddie “Pancia di Piombo” sorridere. Questo è il Mississippi e quel che ti combina.

Bartolo Federico - 

sabato 26 settembre 2015

Le Canzoni Che Ho Imparato (grazie al diavolo)

Il pomeriggio lo aveva passato davanti alla finestra, guardando dal vetro polveroso la strada silenziosa. La grande crisi economica aveva sepolto molta gente sotto il suo mantello di dolore, e la città pullulava di venditori ambulanti, e intrallazzatori. Le persone si aggiravano confuse e pronte a tutto, pur di racimolare qualcosa per tirare avanti. Si sedette sul letto prendendosi la testa tra le mani. Un gesto istintivo che faceva anche sua madre, quando era viva. Dopo un po’  la stanza fu avvolta dal buio. Si alzò fece una doccia veloce arrotolò una sigaretta, e fumando si rivestì. Prese la giacca di pelle appoggiata sul letto, le chiavi di casa, e uscì chiudendo la porta alle sue spalle. Fuori l’aria era fresca. Sotto l’insegna verde del chiosco, scambiò un cenno di saluto con Gertrude Stein, una sua vecchia amica.  In fondo al viale C.W Stoneking suonava il suo blues vagabondo, figlio di quell’incantesimo sonoro che i bluesman del Delta, avevano lasciato in eredità al mondo intero. Quando le strade diventavano buie, quel ragazzo accompagnato dalla sua band la Primitive Horn Orchestra, si lanciava nel richiamo di quelle anime sperdute, che vagavano solitarie per la città. Si fermavano tutti ad ascoltarlo. Persino Orazio il salumiere un uomo scorbutico e di poche parole, batteva il piede e muoveva la testa a tempo. La sua musica possedeva immagini e suggestioni popolari che calamitavano l’attenzione come gli accadeva anche ai bluesman negli anni venti e trenta, laggiù nel Mississippi. Alle volte per essere sovversivi basta una chitarra acustica, un banjo, e una voce scorticata dalla vita che canta con passione storie vere. 


Sono sempre i poveri che ti danno una mano d’aiuto, che ti accolgono in casa loro, che dividono con te qualunque cosa possiedano. La città sembrava un mortorio.  Saracinesche di negozi sbarrate, locali chiusi, e poca gente per strada. Una volta erano i più anziani che parlavano, e i più giovani ascoltavano. Adesso invece non parla più nessuno, ci si scambia messaggi con i computer, o tramite i cellulari. Faccine e slide, passatempi, anche per qualche cazzone governativo. I vecchi sono la testimonianza di ciò che è accaduto, sanno cose che i ragazzi non possono neanche immaginare, o presupporre. Bisognerebbe ricucire quello squarcio. Camminava nel buio della notte, dove ancora può accadere qualunque cosa. Dei cani gli passarono vicino scodinzolando la coda. Suo nonno era nato sul finire del 1800 e non aveva mai imparato a leggere e scrivere. Nel corso della sua vita aveva visto dei cambiamenti epocali, ma non si era mai confuso davanti a niente. Era rimasto una persona semplice, e di buon senso. Ma quello che non riusci' mai a comprendere, fu la cattiveria e la cupidigia, che serbano gli uomini di fronte al denaro. Quello si, che lo lasciava senza parole.


Sebadoh  facevano musica come fossero dei banditori che soffiavano nel microfono, prima di un asta. Lou Barlow, Eric Gaffney, e Jason Loewenstein non avevano tutte le rotelle al posto giusto, ma il loro suono carico di nebbia, e malinconia, era assai affascinante. Sapeva prendere percorsi imprevedibili, sgusciare di lato, e sprofondare nell’oscurità. Folk e rock che si fondono magnificamente con il rumore di chitarre acustiche, elettriche, e voci inclinate che echeggiano direttamente dal sottosuolo del rock, in un paesaggio desolato, spazzato da un vento impetuoso. La domenica mattina ti svegliavi, e ti sparavi quel disco “III” e c’era di che esserne felici. Tenevi gli occhi chiusi e ascoltavi come in catarsi, quelle canzoni. Impossibile capirci qualcosa. In quella confusione avevi come l’impressione, che stavi ancora ficcato di traverso dentro un sogno. Nel sogno. Lui si fermò si piegò in avanti e appoggio i gomiti sul muretto. Si tolse tabacco, cartine, e filtro dalla giacca, arrotolò una sigaretta e la accese. Mentre fumava osservò la sua ombra disegnata nel marciapiede, e gli fece un sorriso tenue. Lei lo stava aspettando seduta al bar. Il cameriere arrivò con i bicchieri di whiskey che avevano ordinato, e li posò sul tavolino. La ragazza parlava così a voce bassa, da costringerlo a curvarsi per non farsi sfuggire le sue parole. Dopo un po’ gli chiese anche come si sentisse. Lui fece finta di non aver udito, e rimase in silenzio. La ragazza scosse la testa, e bevve un sorso. Capì che non gli andava di parlare. Ma non si sentì offesa per quel suo rifiuto rispettava il suo volere, e gli fece un sorriso tenue. 



"So Low" di Greg,  Eric,  e Jack Oblivian, non lo sentirete mai suonare per radio. Un combo di musicisti della stessa pasta bastarda di Tav Falco. In quel di  Memphis, una vera è propria leggenda del rock. Nella loro musica vive un mondo passato, che incontra un mondo a venire. È qui che la notte è completamente a suo agio. E’ come se guardassimo dentro un buco profondo e scorgessimo nelle viscere della terra, qualcuno suonare. Quello che si origlia è un rumore di ossa frantumate, un suono irregolare, come un graffio nel disco di vinile nero. Un colpo di tosse, è il rock’n’roll è polverizzato nel borbottio di una tastierina, o di un sax che spazia in maniera molto free, di qua e di là. So Low è qualcosa che solo l’oscurità può comprendere. La musica è iniziata. Finché non rimane che il fruscio della puntina sul disco. Strizzò gli occhi perché la luce del neon gli dava fastidio. Forse stava diventando pazzo, o forse lo era sempre stato. Lei era davvero carina, e lui era davvero un coglione. Ma quando il mondo ti cade addosso non hai tempo per l’amore, e per tutte quelle cose che ti fanno raddrizzare i sensi. Si teneva aggrappato ad una fune con una mano sola, ed era pronto a precipitare nel buio per sempre. Lei lo chiamò per nome, e lui si scosse per un attimo da quei pensieri. Aveva gli occhi arrossati, e graffi che non si vedevano. Ma certe cose facevano davvero fatica ad andarsene.


Il mondo è lo spettatore non il protagonista di quello che accade. E non è mai il mondo che cambia, ma sono gli uomini. Le cose a cui teniamo, chissà poi perché ci vengono sempre sottratte. Mentre altre di cui faremmo volentieri a meno, restano attaccate dentro di noi, con una capacità di resistenza che lascia sbalorditi. Certe persone non tornano più.  Prima o poi anche lui se ne sarebbe fatta una ragione. Si può sempre chiudere gli occhi e parlarci, ma un giorno anche questo cesserà. E tutto sarà un ombra.

Songs The Lord Taught Us dei Cramps, fu registrato nel 1980 negli studi della Sun Records. Musica sporca e pervertita, che non poteva non piacere ad uno come Alex Chilton che produsse il disco. I mitici tre accordi del rock’n’roll, qui furono riproposti nella sua forma più nefanda. In quei giorni che il mondo osannava i Police (mai nome piu' brutto, per una band di rock), una schiera di disadattati, di junkies, e bikers, trovò in Lux Interior e nella sexy Poison Ivy le loro star. E quella fu la colonna sonora per andare alla casa del diavolo. In questo disco è presente la lezione di Link Wray, di Robert Gordon, e di tutti i grandi sconosciuti del rock’n’roll , ma c’è anche dell’altro. Con i Cramps si tornava a fare l’amore nel retrobottega, a fumare e divertisi, fuori da quel letamaio della cultura rock ufficiale. Gente con il culo a caldo gli sbraitava contro. “Una proposta schifosamente balorda”, “non sanno suonare”. Facevano paura quei delinquenti, con quel suono selvaggio che veniva dal cuore. Per molti i Cramps rappresentarono un monito contro la repressione culturale di certa sinistra, e quel rigore estremo di chi voleva, e ci vuole, tutti uguali intellettualmente. Una forma di difesa sociale, una rivincita dei poveri, degli sventurati, contro quella casta di tranquilli e rassegnati. Lo dicono i vecchi. Quelli che non sanno, devono basarsi su quello che accaduto prima. E’ tutto ciò che non è venuto dall’anima, verrà immancabilmente smascherato.  


Mentre la città si faceva sempre più buia, un taxi si fermò all’incrocio e qualcuno scese. Dalla via arrivarono rumori di clacson. Una pioggerellina leggera iniziò a cadere. Lui guardò al di là dei suoi capelli neri, e si appoggiò con le mani al tavolino come per confessarsi. Non ti mentirò mai. E lo disse con un filo di voce. Lei gli strinse la faccia tra le mani e lo baciò. Dopo si alzarono e si avviarono lungo la strada. Un uomo è sempre nel giusto quando insegue ciò che ama. Sempre.


Bartolo Federico






domenica 20 settembre 2015

Solo Un Volto Nella Folla



Me lo sono detto l’altra sera, Bart prendi tutto con più leggerezza, fottitene, quello che vedi allo specchio è solo un volto nella folla. Nient’altro che un volto nella folla. Sono andato in cucina e mi sono versato della sambuca, ho aggiunto del ghiaccio e una scorza di limone verde. Lei sedeva sul divano e guardava la tivù. Aveva un bicchiere in mano e sorrideva. Mi ha detto che se avevo fame era tutto pronto nel forno. In questo mondo se non diventi un figlio di puttana, ti fanno fuori in un baleno. Lo vedete da voi che quel buffone straparla, non dice nulla di sensato, eppure tutti applaudono. Continuano a fotterci regolarmente, smantellano la Costituzione e i nostri diritti, e li lasciamo fare. Tutti in silenzio. Ma il pazzo sono io che giro di sbieco, getto scoregge, faccio rutti, e bestemmio quando m’incazzo. La solita triste storia. Vincono sempre loro. Una volta mi hanno chiesto qual era la mia canzone rock preferita, ci ho pensato un attimo e gli ho risposto Like A Rolling Stone. La seconda non l’ho detta, ma è Refugee. A che cosa è servita la storia? A nulla. La gente vuole vedere scorrere il sangue, più c’è né meglio si sentono. A che servono i libri, gli scrittori, i poeti, i musicisti, se non per trastullarsi un pochino mentre ci si ubriaca, o si scopa. Assistiamo a incontri truccati ma tutti quanti scappano per sedersi in prima fila ad applaudire il vincitore. Le cose vanno così su questa terra. In centocinquantamila per vedere Ligabue. Mah! Fa un caldo bestiale, e l’autobus non arriva mai. Il vecchietto indispettito e anche molto furioso, impreca a voce alta contro il sindaco e la sua giunta. M’incammino a piedi sotto il sole accecante. Non c’è niente che non va, sono io che vedo tutto ombroso. Non mi piacciono X Factor, Uomini e Donne, Piazza Pulita, Ballarò, Di Martedì, gli sceneggiati, i tiggì, La Repubblica, il Corriere, la Stampa, Radio Capital, Virgin radio, Vittorio Zucconi, Lilli Gruber, Fabio Fazio, Tsipras, la Merkel, Obama, Putin, Assad, Hollande, Del Debbio, Barbara D’Urso, la Boldrini, Montezemolo, Marchionne, la guerra, chi alza i muri, Quelli che, l’inverno, il freddo, e i miei tormenti. Sono malato talmente malato, che sarei da imprigionare in un manicomio, se fossero ancora aperti. Ci sono un sacco di stronzi in questa città, ma anche da altre parti del mondo. Anch’io lo sono per certi versi. Parlo da solo e vaneggio, mentre cammino dentro il mio vecchio paio di scarpe nere.

La tempesta non è mai cessata e continua a piovere disperazione e silenzio su quelli che vagano con le mani in tasca, e la testa incassata tra le scapole. Quelli presi a calci anche da Dio. E di questi girovaghi che viaggiano senza biglietto, che canta Joe Ely in Panhandle Rambler il suo quattordicesimo disco.  C’è talmente buio in questo mondo, da non potere stare in piedi senza cadere. Così quando cerchi di rialzarti, non ci riesci. Perché quello che vogliono farci credere, e che essere poveri è una colpa Ma l’ingordigia e l’opulenza, sono una colpa. Il mondo non appartiene a nessuno e Panhandle Rambler è come una coperta sulle spalle, per tutte quelle ombre che attraversano il deserto. Canzoni portate dal vento e dalla polvere, ma che restano sempre sullo sfondo, non rubando mai la scena a quei rottami umani. Si limitano ad accompagnarli nel loro viaggio, dando un po’ di coraggio a chi non ha un posto in particolare da raggiungere. Ha i suoni del border questo disco, delle cose antiche che suonano vere. E quando arriva il buio profondo e quelle piccole anime senza voce, e senza sorriso, cominciano a muoversi, anche i lupi la smettono di guaire.  Ci sono delle facce che mi fissano, ma di questi tempi vedo tutto storto. Una piccola folla adunata davanti ad un motociclista che è scivolato sull’asfalto, ingombra la strada. Il tizio non sembra grave. Un giorno aprirò un ristorante che chiamerò "Le Chat Blue". Non voglio intellettuali nel mio locale, mi avviliscono questi luminari. Io ho sempre le idee confuse, e la mia anima è un tormento. E poi quando mi contraddicono, facilmente perdo il controllo . Mi sono seduto in un bar e ho preso una birra, ma ho perso il filo, il senso del mio discorso. Sono come una pietra che rotola. Un semplice volto nella folla. Un semplice volto nella folla.


Bartolo Federico

domenica 13 settembre 2015

Un Nuovo Giorno

All’ombra della fortuna il vento viene da est. Il momento è delicato, ma con un colpo di fiducia qua, uno là, tutto si sistema. Il filo della storia è questo, e non c’è rischio che si spezzi. Per esempio io sono uno di quelli che se ne sta svogliatamente a smanettare i tasti del telecomando, e sarà colpa mia credetemi, se non avrò da replicare quando mi rinfacceranno con stile sopraffino di essere uno stronzo, una carogna, che non ha fatto nulla per cambiare lo stato delle cose. Bugie, sex tape, mezze verità. E voi invece che fate? Che se la prendessero in culo tutti quei radical chic, con barbetta e occhialini alla Gramsci. Loro sì, che stanno bene in uniforme. Io ho imparato a sbarcare il lunario, e a starmene tranquillo da una parte come dall’altra, in perfetto equilibrio. Fermo nell’oscurità. Quel giorno se mai arriverà, con un sorriso che sale da una parte sola, un sorriso come quello di Elvis Presley, gli canterò un rock’n’roll. Roba che non hanno mai sentito. Qui va tutto bene papà (è una bugia questa) ma tu cosi' potrai fingere di non preoccuparti per me. Adesso sento di poter mollare la paura, perché sono ubriaco fradicio. Ma non credevo sai, che la povertà fosse così brutta. Il sole sta sbucando, e in strada qualcuno ha tirato il grilletto, mentre i cani hanno preso ad abbaiare selvaggiamente. Mr President la ruota è ferma. Ma se la ruota si mette a girare, allora quello che è di sotto, sale di sopra. Se può, non disturbi troppo i cani che dormono. Nei miei sogni c’è una radio che suona una canzone di James Mc Murtry, e anche una dei Morphine, poi passa un vecchio R&B della Stax, e all’improvviso tutto va per il meglio. Finché vai avanti niente può ucciderti. Fanculo a tutta questa merda. I bastardi non sono i miei fratelli, mi ha urlato un uomo in strada, tra un frastuono terribile di clacson. Quanti romantici dondolano nel cielo? Pensieri reconditi. Lo sanno bene questi tizi che ci comandano, che stanno uccidendo degli uomini. Per loro è una sensazione fantastica. La gente però ha gli occhi chiusi, e lo spiega in un altro modo. Come se fosse il volere di Dio. Ma quale Dio è cosi malvagio? Colpiscono tutti con la loro crudeltà. Bambini, ciechi, ammalati, orfani, vagabondi, anime dilaniate, che si dimenano nella tempesta furiosa. Ma noi vinceremo e arriverà l’alba di un nuovo giorno, che porterà un po’ di vita. Non senti quel sole che splende? La marmotta che corre lungo il fiume. Dev'essere il giorno in cui si avverano tutti i miei sogni. Così felice solo di vederti sorridere sotto il cielo azzurro. In questo nuovo mattino, nuovo mattino. In questo nuovo mattino con te. (New Morning – Bob Dylan) Un contadino in ginocchio circondato da anatre e polli, con le mani scaverà un buco nella terra e pianterà un seme, e sarà come se tutto questo fosse impossibile. Solo allora dirò una preghiera, e solo allora, gli occhi mi si riempiranno di lacrime.


Bartolo Federico     

sabato 12 settembre 2015

Lo strano caso di un cittadino che vuol pagare un debito al Comune ma da anni non ci riesce.




Vi raccontiamo la storia di un messinese che vuol pagare direttamente al Comune il debito a suo carico ma da anni non ci riesce a causa di una serie di paradossi. All'origine una sentenza di condanna per i 18 soci di un complesso edilizio nei confronti dell'EnteIl Comune è sull’orlo del default, la strategia finanziaria è volta alla ricerca di risorse eppure accade che ad un cittadino rispettoso delle regole e che, debitore verso l’Ente, vuole pagare la somma dovuta, viene impedito da un paradosso tutto messinese.

Vi raccontiamo la strana storia del signor Bartolo Federico, di un complesso di abitazioni all’Annunziata, della Cooperativa Pif, del Dipartimento patrimonio espropriazioni e di un debito che risale al 2007 ma che finora, nonostante le insistenze dell’interessato, non è riuscito a pagare. Dettaglio non di poco conto, la cifra complessiva che il Comune avanza dalla Coop Pif è di 748.428,52 euro (e nel 2007 era di 829.106, 60), somma che farebbe molto comodo alle casse esangui di Palazzo Zanca ma che può far sorgere il dubbio che simili vicende non siano isolate.

I FATTI

Nel 2007 i proprietari delle abitazioni della Cooperativa Pif in contrada Conca d’oro vengono condannati, dapprima in primo grado e poi in appello dal Tribunale, con sentenza n.291/07 al pagamento al Comune di oltre 829 mila euro, a causa di un contenzioso sorto sulle indennità di esproprio del terreno. Dopo un primo periodo che ha visto lo sgomento dei 18 soci nel dover sborsare quella cifra, la cooperativa adotta una serie di decisioni e nel 2009 si affida ad un  legale, l’avvocato Gualtiero Cannavò per prendere le redini della situazione. Successivamente viene nominato un liquidatore (con il compito di liquidare la coop) l’avvocato Maria Rosaria Tafuro, moglie di Cannavò e che con il legale divide lo studio. E’ la Tafuro ad incaricare il coniuge e socio di raggiungere un accordo con il Comune per la riduzione della somma e per le modalità di pagamento. Negli anni successivi al signor Bartolo Federico vengono chieste somme mensili da versare nel conto della cooperativa senza che vi sia documentazione relativa né all’accordo con il Comune relativamente alla riduzione alla metà della somma iniziale di 829.106,60 euro, né alla possibilità di pagare individualmente direttamente all’Ente, né l’ammontare della singola quota parte.
Sin dal principio l’interessato si reca al Dipartimento dove incontra più volte il dirigente di allora, Mondello, sottoponendogli la volontà di saldare il debito direttamente con l’amministrazione, dopo aver conosciuto l’entità della quota parte.
Nel 2014 l’assemblea dei proprietari decide di non pagare la totalità della somma ma solo fino al 50%, decisione unilaterale, portata avanti senza che su questo punto ci sia alcuna intesa con il Dipartimento. La vicenda si trascina fino al 2015 ed alle nuove istanze che il proprietario della casa di Contrada Conca d’oro presenta alla nuova dirigente Maria de Lieto Vollaro. Nel frattempo Bartolo Federico ha provato ad incontrare il sindaco Accorinti el’assessore al patrimonio Sebastiano Pino, senza ricevere risposte al caso. Lunedì 14 incontrerà l’assessore De Cola per cercare di dipanare un caso che risale ormai al 2007…. Nel mezzo ci sono una serie di decreti ingiuntivi, un pignoramento immobiliare e una denuncia presentata dall’interessato alla Guardia di Finanza.

IL CASO
Andiamo dunque a vedere cosa il signor Bartolo Federico, debitore del Comune per una somma la cui entità ancora non conosce (eppure agli uffici basterebbe dividere la cifra per 18….), ha dovuto fare negli ultimi anni, per pagare direttamente all’ente creditore. Nell’aprile 2015 scrive ancora al Dipartimento per conoscere la sua quota parte. Ma non ha risposta. Il 15 giugno scrive nuovamente, trasmettendo la nota non solo al Dipartimento espropriazioni ma anche al Liquidatore, al sindaco ed alla Guardia di finanza. A seguire le sue vicende è l’avvocato Francesco Genovese. Nell’ennesima richiesta al Dipartimento il signor Federico scrive: “La situazione stagna dal 2007 nel limbo più profondo ed è culminata con la richiesta di versamenti mensili nel conto della cooperativa e non all’Ente. Eppure non risulta un brandello d’intesa scritta con il Comune sull’ammontare della somma da versare, né si conosce l’entità della quota parte. Trovo superfluo questo salvadanaio quando il Comune ha urgenza di incassare le somme che gli spettano. Mi sono recato negli uffici del Dipartimento e mi è stato detto che la mancanza di accordi scritti è dovuta al fatto che la Coop cerca di rimandare il pagamento pretendendo uno sconto ma l’avvocatura del Comune si rifiuta di accettare. Ricordo che la mia richiesta giace ormai da anni sui vostri tavoli. Sono pronto a fare il mio dovere di cittadino, perché è inspiegabile come una città che rischia il default non si prodiga per risolvere una situazione che farebbe incassare dei soldi”.
La dirigente del Dipartimento Maria de Lieto Vollaro risponde il 29 giugno, prendendo atto della volontà di pagamento, ricordando che si devono individuare le quote e che anche il saldo non libererebbe l’interessato dal debito complessivo, stante la solidarietà del debito stesso. Spiega poi che la Coop ha già versato 154 mila euro in 3 rate (l’ultima delle quali 3 giorni dopo la lettera di protesta di Federico). Risponde anche il liquidatore Maria Rosaria Tafuro ricordando che dopo le trattative con l’avvocato Cannavò il Comune ha ridotto il credito a 748 mila euro, ma che l’assemblea dei soci non ha accettato la decurtazione ritenendola esigua, decidendo quindi di eseguire versamenti solo fino al 50% della somma dovuta. Infine per quel che riguarda la possibilità di poter pagare direttamente all’Ente la Tafuro spiega che il Comune non ha dato comunicazioni ufficiali. La liquidatrice ricorda poi il debito che Federico ha nei confronti della Coop non avendo ancora versato le somme richieste. Federico risponde ribadendo che non c’è traccia scritta di nessuno di questi accordi e che a distanza di 8 anni, proprio perché non vi è nulla di scritto, è impossibile conoscere l’entità della quota parte e quindi pagare il dovuto all’Ente.
Morale della favola a tutt’oggi Bartolo Federico non sa quanto sia il credito complessivo che il Comune intende incassare, né quale sia la sua quota parte, né in che modo possa pagare direttamente all’Ente. Sono queste le richieste che farà lunedì all’assessore De Cola, con il quale ha fissato un incontro.
Nel mezzo della vicenda ci sono anche due decreti ingiuntivi, un pignoramento e una denuncia, nel gennaio 2015, inoltrata alla Guardia di Finanza. Nella denuncia c’è anche la storia, risalente ad una precedente gestione della Coop, della misteriosa scomparsa di un borsone con lo storico finanziario. Tra i fatti denunciati anche la richiesta, da parte dell’ex presidente di cooperativa, di pagare le spese legali per i due gradi di giudizio (persi nel 2007) senza il rilascio di alcuna fattura, quindi in nero. Al rifiuto di Federico di voler pagare 1.400 euro senza il rilascio di alcun documento fiscale la Coop ha proceduto con il decreto ingiuntivo davanti al giudice di pace, che lo ha condannato al pagamento.
“Sono figlio di un ex ispettore di Polizia scientifica amante di verità e giustizia- scrive nella denuncia il 19 gennaio-faccio ammenda per essermi rivolto troppo tardi al corpo di Polizia tributaria ma ho sperato fino all’ultimo. Chiedo solo chiarezza.”
E se alla Finanza chiede chiarezza al Comune Bartolo Federico chiede di poter saldare il suo debito. Riuscirà nella mission impossible?

Rosaria Brancato 

http://www.tempostretto.it 

Un sentito ringraziamento alla Dottoressa Rosaria Brancato, e alla testata giornalistica Tempostretto.