“La speranza è una
trappola” recitava quella frase. Scricchiolai un attimo. L’avrei letta su
un muro, sul vagone di un metrò, in un cesso, ci sarei passato sopra. Ma impressa
sul corpo di una chitarra elettrica mi ferì. La musica è l’unica speranza che
ho di uscire dal guado, e la chitarra il mio sogno di cambiamento. Ma se questo
è solo un inganno della mia mente, allora la smetto subito di ascoltare, fantasticare,
inveire, odiare, desiderare, imbrattare, offendere, scopare, urlare, strimpellare,
scrivere, bere. Bruciando all’istante tutti i miei 33 giri. E’ un mondo povero
e incolore quello che ci circonda, disperato e sterile. Tuttavia, finché ci cammino,
devo in tutti i modi sperare di venir fuori dal mio splendido isolamento, fosse
anche ascoltando per sempre un blues suonato da Captain Beefheart & His Magic Band.
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La musica del rock’n’roll si sente in giro. Quando ce l’hai
dentro non ce la fai a stare seduto. Ti scuoti, rompi tutto, per tutta la città.
(Hillbilly Music - Jerry Lee Lewis)
Nei dischi di Jerry Lee Lewis, in quelli incisi tra
gli anni cinquanta e sessanta, ci sono un pugno di canzoni di Hank Williams, come You Win Again, Jambalaya, Your Cheatin’
Hearts, Cold Cold Heart, Gone Lonesome Blues, Settin’ The Woods On Fire,
che Jerry Lee ha reinterpretato a suo modo, tanto che paiono un altra cosa. Ma
è proprio questa la forza delle canzoni di
Hank. Uno di noi. Le puoi prendere e farle suonare: punk, rock, metal,
folk, pop, tecno, rap, reggae, qualunque cosa. Sono motivi popolari, di
pubblico dominio, come le canzoni di Bob
Dylan o quelle contenute nell’ Anthology
Of American Folk Music, edita da Harry
Smith.
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Sono le dodici e dodici del mattino, tengo le mani sulle
ginocchia e guardo dalla finestra la pioggia spinta dal vento venire giù. Dopo
che lei se n’è andata dormo male e mi sveglio di continuo. Quando finiscono i
soldi si comincia a nutrire rancore nei confronti di chi pensavi che ti dovesse
mantenere, e dopo un po’ l’amore finisce. Avrei dovuto comprendere una cosa banale
come questa, ma mi era sfuggita, stramazzandomi al suolo. Non esiste la
sincerità, il vero potere è la corruzione, anche nei sentimenti. Stasera
qui giù nella valle solitaria sono solo e mi sento triste mentre sto qui nella
mia capanna da solo posso vedere il tuo palazzo sulla collina (A Mansion On The
Hill). Hank si esibisce nei locali di tutto il sud, suona presso le
stazioni radio e scrive, scrive, canzoni. Il ragazzo di campagna adesso è
arrivato in città nei locali malfamati, negli honky tonks, nelle strade
illuminate di notte con le auto che sfrecciano, e tutte le tentazioni a portata
di mano. Un luogo che è l’opposto dell’ambiente in cui è cresciuto. E’ uno
sincero, però, Hank è un puro, che canta ciò che sente nel cuore, per questo non
alza nessun guscio di protezione. Suona per tutti quegli uomini che, nonostante
le controversie della vita, non si sono lasciati travolgere dagli eventi. Certo,
lo fa per soldi, per il successo, ma con tutto ciò, non rinuncia mai a
mostrarsi per quello che è. Ha una voce aspra, strozzata, nasale, come il primo
Dylan. Ma è proprio quel tono
serrato del sud che lo rende credibile alla sua gente, che vive nella
privazione e nel dolore.
“Tu fai l’orgogliosa io faccio l’orgoglioso tu canti forte, io canto
forte stasera mettiamo legna sul fuoco e
fiamme. Ci facciamo il giro degli honky-tonky stasera ci divertiamo farò vedere alla gente un ballo nuovo di zecca
che non l’ha mai fatto nessuno” (Settin’The Woods On Fire).
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Prima di Hank Williams
la musica country aveva avuto nella Carter
Family, e in Jimmie Rodgers, gli
artisti che contribuirono alla sua
espansione. Rodgers cantava ballate
in cui la gente si poteva rispecchiare ed era famoso per la sua ritmica jodel. C’è tutto nelle sue canzoni:
piacere, donne, whiskey, assassini, morte, malattie e miseria. A soli tredici
anni iniziò a vagabondare ed a esibirsi per la strada. Quando suo padre lo
riportò a casa e gli trovò un posto di lavoro presso la ferrovia, fu da quel
contatto con i manovali neri che nacque negli anni trenta la forma definitiva
del country-blues bianco. Morì a New York il 26 maggio del 1933 per un
emorragia polmonare presso l’hotel Taft. Aveva solo trentacinque anni.
Oh,
la pioggia sta lentamente cadendo e il mio cuore è così dolente. Più di sei miglia per lasciare
la mia cara e non rivederla mai più su questa
terra. Più di sei miglia al cimitero, sei
miglia lunghe e tristi. Sei miglia per lasciare la mia cara, e lasciare il miglior amico che abbia mai avuto. Oh, ho udito il treno arrivare e riportare
a casa la mia cara. Più di sei miglia al camposanto e sarò lasciato qui da
solo. Oh sei miglia... (Six More Miles To The
Graveyard)
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”Adesso I ragazzi non iniziano a girare intorno a questa
strada del peccato. Sei al limite del dolore. Cogli il mio avvertimento o
maledici il giorno che hai corso lungo questa perduta strada. (Lost Highway).
Era una mattina gelida ma luminosa. Una mattina di dicembre, una
come tante con il sole chiaro ma freddo. Avevo chiuso la porta di casa alle mie
spalle ed ero uscito di buon mattino. L’avevo amata, perché negarlo? Sono
entrato in un bar ed ho fatto colazione. Sapevo che la verità è sempre
inaccessibile. Ho guardato con disprezzo la sigaretta che mi ero acceso uscendo
dal bar. Ciascuno ha il suo prezzo riflettei. Qual’era il mio?
Bartolo Federico
Non esistono album di Hank Williams. Era ancora l’epoca dei
45 giri o dei 78 giri quella che attraversò. Ci sono solo delle ottime raccolte,
ma anche un cofanetto, che possederlo è come avere un baule pieno d’oro. Buon
Anno a tutti voi.