Non si può separare il vissuto dal suo ricordo.
Nessuno è in grado di farlo neanche il rock’n’roll. Che poi non è altro che uno
sbuffo di fumo, dentro la nebbia. Attraversai la stanza e rimasi fermo davanti
alla libreria, mi chinai nella fila sottostante dei dischi, e scartabellai le
copertine. Trovai degli spartiti per chitarra infilati in una custodia, e un
vecchio disegno che ritraeva lo strano profilo di un uomo, con un buffo naso. Il
quartiere dov’ero cresciuto era in rovina. Un sindaco bizzarro più bravo a
parlare che a fare, aveva ridotto quel che restava in macerie. Tutta la città aveva
un aspetto miserevole. Bottiglie vuote, sporcizia, e carte di giornali ingombravano i bordi delle strade. I negozi chiusi soverchiavano di gran lunga, le attività ancora redditizie. La mancanza di lavoro raggiungeva vertici inaccettabili.
Il vento di scirocco fece cigolare le finestre. Qualche giorno addietro un
uomo era entrato al Comune con un bastone, cercando di aggredirlo. Era un
alluvionato ormai esasperato perché da lungo tempo viveva in strada, insieme al figlio handicappato. Erano stati lasciati soli. Bere migliora la visione
delle cose. Mi versai della vodka ghiacciata alla menta e me ne stetti assorto, seduto sul divanetto rosso. Fuori il vento continuava a gemere.
On Your Way Down sono due
performance in studio dell’aprile 1973 e del settembre 1974, dei Little Feat. Il viaggio di una vita. Non
appena accesi lo stereo "A Apolitical
Blues" s’infilò con prepotenza dentro la stanza grattando il blues, e serrando le mascelle. Lo fece prima che quella mezza luna gialla, sparisse dalla mia visuale. "Be' il mio telefono squilla e mi hanno detto che era il presidente Mao. Non ditegli niente, non ho voglia di parlarci adesso. Ho il blues apolitico, il più terribile dei blues". Ci
voleva un disco del genere per ricordarmi di che pasta ero fatto, e mi
riappropriassi in un attimo dei fondamenti della mia vita. Perché ogni uomo non
può esistere senza una storia precedente. Sin da ragazzo mi erano sempre
piaciute le canzoni semplici. Quelle che magicamente sembrano che possiedano
la chiave della tua serratura. Non sai il perché ma serpeggiando, sterzando e
stridendo, sanno arrivare in cima alle scale. On Your Way Down suona
quel blues maledetto che ti fa tremare come una foglia, nel buio della notte. Ha
con sé quel furioso richiamo della strada che con le sue speranze, e i suoi
desideri, conficca i suoi speroni nella profondità della tua anima. E’ il sangue
caldo del Delta, che scorre dentro il corpo di Lowell George. Voglio la
coca, amo la coca. Ma credo che mi porterà dritto alla tomba. Ehi, tesoro, ti
offro una sniffata. (Traditional)
Molte cose sono svanite nel nulla. Altre invece
resistono a tutte le intemperie che la vita provoca. Ho sempre avuto molti
limiti non lo nascondo. Certa musica rock non ha mai fatto parte della mia
vita. Non è riuscita a parlarmi, ecco tutto. Ci ho provato a stare dietro a
quelle saghe barocche, che andavano di moda nella metà degli anni settanta. Ma era
musica troppo pomposa, esagerata, che non mi scandalizzava, e non mi faceva sentire una torcia che ardeva, nel bel mezzo della notte. Questo modo
di essere mi ha tagliato fuori da quasi tutti i miei coetanei, che invece andavano di matto per quel rock sinfonico. Non ci sentivo niente di familiare per le mie
orecchie, anzi mi rendeva tutto troppo complicato.
Il sogno del viaggiatore per me era un’altra cosa. Non
combaciava con quelle strutture musicali complesse, ma anche artificiose. Mi
piacevano le canaglie, i trasgressori, i banditi, gente fuori da ogni schema. Personaggi
come Captain Beefheart, Velvet
Underground, Stooges, MC5. Visionari e poeti, ambigui ed energici, che
suonavano un rock alle mie orecchie rivoluzionario. Musica irregolare, inseparabile dall’azione, ansiosa e incorruttibile. Che usava la chitarra
elettrica come un fucile. Un rock che schivava le leggi, andando a mescolarsi
alla vita di strada. Musica che però è finita come un martire alle fiamme. Ma quelle fiammelle protette da un vento tignoso, si sono sparse per il mondo, e infilate nel cuore di molti ragazzi che vivevano ai margini delle città. Quei giovani che non sono sfuggiti a quel desiderio di ribellione, hanno rimesso in sesto quella storia e sono stati pronti alla ricompensa. Il punk
fece la sua comparsa nel 1976. Il rock suonava nuovamente rozzo e volgare, e vestiva i panni dell'anarchia. Fu così che ci furono nuovi musicisti-poeti, pronti a finire
in carcere per motivi politici. Uno dei sogni più belli del rock'n'roll, il punk. Due mondi lontani che adesso si afferravano per
mano camminando fianco a fianco, nella desolazione urbana. Il luogo degli
ultimi.
Adesso mi è molto più facile sentire musica, e la cosa non mi
dispiace affatto. Non avendo avuto mai troppi soldi, non ho potuto comprarmi tutti i dischi che desideravo ascoltare. Ho acceso il computer e ho messo
il disco di Ike Reilly, che solo il
titolo Born On Fire mi ha fatto
provare un’eccitazione improvvisa. Un duro un combattente Reilly, che racconta storie di perdenti,
drogati, emarginati e disperati. Ma sa anche urlare quelle rivendicazioni sindacali che oggi appaiono come una bestemmia, tuonata davanti al papa. Ike per vestire le canzoni usa tutto il patrimonio con il quale il rock, si è infettato strada facendo. Dal
blues, al punk, dal R&B, fino alla ballata folk, sgangherata e ubriaca. C’è anche il riff di
Louie Louie che ci riporta quei
brividi selvaggi, che corrono sul filo elettrico di una maledetta sei corde. C’è un sacco
di passione e originalità, in queste canzoni. Ma soprattutto c’è il rispetto per
la storia di molti di noi, che ci ritroviamo a camminare in un’alba solitaria. Canzoni
contro la guerra. Lacrime e cicatrici. E un sacco di perle sparse lungo il
tragitto. Come un vero dannato impugna la spada del rock, pronto a infilzare chiunque tenti di fargli resistenza. Un disco che ti cattura scappando nella notte, su quella corsia riservata a chi è nato sotto il segno del fuoco. La nostra vita è il ritratto del mondo
stesso. Un sogno dentro il sogno, inciso nella pioggia all’approssimarsi della
notte.
Ogni cosa è qui per essere cattura. Tutto quello che
mi sono lasciato dietro le spalle, in qualche modo è tornato. Ma io
non sono quello che credevo. Io non sono niente. Semplicemente ero giovane.
Bartolo
Federico