sabato 26 settembre 2015

Le Canzoni Che Ho Imparato (grazie al diavolo)

Il pomeriggio lo aveva passato davanti alla finestra, guardando dal vetro polveroso la strada silenziosa. La grande crisi economica aveva sepolto molta gente sotto il suo mantello di dolore, e la città pullulava di venditori ambulanti, e intrallazzatori. Le persone si aggiravano confuse e pronte a tutto, pur di racimolare qualcosa per tirare avanti. Si sedette sul letto prendendosi la testa tra le mani. Un gesto istintivo che faceva anche sua madre, quando era viva. Dopo un po’  la stanza fu avvolta dal buio. Si alzò fece una doccia veloce arrotolò una sigaretta, e fumando si rivestì. Prese la giacca di pelle appoggiata sul letto, le chiavi di casa, e uscì chiudendo la porta alle sue spalle. Fuori l’aria era fresca. Sotto l’insegna verde del chiosco, scambiò un cenno di saluto con Gertrude Stein, una sua vecchia amica.  In fondo al viale C.W Stoneking suonava il suo blues vagabondo, figlio di quell’incantesimo sonoro che i bluesman del Delta, avevano lasciato in eredità al mondo intero. Quando le strade diventavano buie, quel ragazzo accompagnato dalla sua band la Primitive Horn Orchestra, si lanciava nel richiamo di quelle anime sperdute, che vagavano solitarie per la città. Si fermavano tutti ad ascoltarlo. Persino Orazio il salumiere un uomo scorbutico e di poche parole, batteva il piede e muoveva la testa a tempo. La sua musica possedeva immagini e suggestioni popolari che calamitavano l’attenzione come gli accadeva anche ai bluesman negli anni venti e trenta, laggiù nel Mississippi. Alle volte per essere sovversivi basta una chitarra acustica, un banjo, e una voce scorticata dalla vita che canta con passione storie vere. 


Sono sempre i poveri che ti danno una mano d’aiuto, che ti accolgono in casa loro, che dividono con te qualunque cosa possiedano. La città sembrava un mortorio.  Saracinesche di negozi sbarrate, locali chiusi, e poca gente per strada. Una volta erano i più anziani che parlavano, e i più giovani ascoltavano. Adesso invece non parla più nessuno, ci si scambia messaggi con i computer, o tramite i cellulari. Faccine e slide, passatempi, anche per qualche cazzone governativo. I vecchi sono la testimonianza di ciò che è accaduto, sanno cose che i ragazzi non possono neanche immaginare, o presupporre. Bisognerebbe ricucire quello squarcio. Camminava nel buio della notte, dove ancora può accadere qualunque cosa. Dei cani gli passarono vicino scodinzolando la coda. Suo nonno era nato sul finire del 1800 e non aveva mai imparato a leggere e scrivere. Nel corso della sua vita aveva visto dei cambiamenti epocali, ma non si era mai confuso davanti a niente. Era rimasto una persona semplice, e di buon senso. Ma quello che non riusci' mai a comprendere, fu la cattiveria e la cupidigia, che serbano gli uomini di fronte al denaro. Quello si, che lo lasciava senza parole.


Sebadoh  facevano musica come fossero dei banditori che soffiavano nel microfono, prima di un asta. Lou Barlow, Eric Gaffney, e Jason Loewenstein non avevano tutte le rotelle al posto giusto, ma il loro suono carico di nebbia, e malinconia, era assai affascinante. Sapeva prendere percorsi imprevedibili, sgusciare di lato, e sprofondare nell’oscurità. Folk e rock che si fondono magnificamente con il rumore di chitarre acustiche, elettriche, e voci inclinate che echeggiano direttamente dal sottosuolo del rock, in un paesaggio desolato, spazzato da un vento impetuoso. La domenica mattina ti svegliavi, e ti sparavi quel disco “III” e c’era di che esserne felici. Tenevi gli occhi chiusi e ascoltavi come in catarsi, quelle canzoni. Impossibile capirci qualcosa. In quella confusione avevi come l’impressione, che stavi ancora ficcato di traverso dentro un sogno. Nel sogno. Lui si fermò si piegò in avanti e appoggio i gomiti sul muretto. Si tolse tabacco, cartine, e filtro dalla giacca, arrotolò una sigaretta e la accese. Mentre fumava osservò la sua ombra disegnata nel marciapiede, e gli fece un sorriso tenue. Lei lo stava aspettando seduta al bar. Il cameriere arrivò con i bicchieri di whiskey che avevano ordinato, e li posò sul tavolino. La ragazza parlava così a voce bassa, da costringerlo a curvarsi per non farsi sfuggire le sue parole. Dopo un po’ gli chiese anche come si sentisse. Lui fece finta di non aver udito, e rimase in silenzio. La ragazza scosse la testa, e bevve un sorso. Capì che non gli andava di parlare. Ma non si sentì offesa per quel suo rifiuto rispettava il suo volere, e gli fece un sorriso tenue. 



"So Low" di Greg,  Eric,  e Jack Oblivian, non lo sentirete mai suonare per radio. Un combo di musicisti della stessa pasta bastarda di Tav Falco. In quel di  Memphis, una vera è propria leggenda del rock. Nella loro musica vive un mondo passato, che incontra un mondo a venire. È qui che la notte è completamente a suo agio. E’ come se guardassimo dentro un buco profondo e scorgessimo nelle viscere della terra, qualcuno suonare. Quello che si origlia è un rumore di ossa frantumate, un suono irregolare, come un graffio nel disco di vinile nero. Un colpo di tosse, è il rock’n’roll è polverizzato nel borbottio di una tastierina, o di un sax che spazia in maniera molto free, di qua e di là. So Low è qualcosa che solo l’oscurità può comprendere. La musica è iniziata. Finché non rimane che il fruscio della puntina sul disco. Strizzò gli occhi perché la luce del neon gli dava fastidio. Forse stava diventando pazzo, o forse lo era sempre stato. Lei era davvero carina, e lui era davvero un coglione. Ma quando il mondo ti cade addosso non hai tempo per l’amore, e per tutte quelle cose che ti fanno raddrizzare i sensi. Si teneva aggrappato ad una fune con una mano sola, ed era pronto a precipitare nel buio per sempre. Lei lo chiamò per nome, e lui si scosse per un attimo da quei pensieri. Aveva gli occhi arrossati, e graffi che non si vedevano. Ma certe cose facevano davvero fatica ad andarsene.


Il mondo è lo spettatore non il protagonista di quello che accade. E non è mai il mondo che cambia, ma sono gli uomini. Le cose a cui teniamo, chissà poi perché ci vengono sempre sottratte. Mentre altre di cui faremmo volentieri a meno, restano attaccate dentro di noi, con una capacità di resistenza che lascia sbalorditi. Certe persone non tornano più.  Prima o poi anche lui se ne sarebbe fatta una ragione. Si può sempre chiudere gli occhi e parlarci, ma un giorno anche questo cesserà. E tutto sarà un ombra.

Songs The Lord Taught Us dei Cramps, fu registrato nel 1980 negli studi della Sun Records. Musica sporca e pervertita, che non poteva non piacere ad uno come Alex Chilton che produsse il disco. I mitici tre accordi del rock’n’roll, qui furono riproposti nella sua forma più nefanda. In quei giorni che il mondo osannava i Police (mai nome piu' brutto, per una band di rock), una schiera di disadattati, di junkies, e bikers, trovò in Lux Interior e nella sexy Poison Ivy le loro star. E quella fu la colonna sonora per andare alla casa del diavolo. In questo disco è presente la lezione di Link Wray, di Robert Gordon, e di tutti i grandi sconosciuti del rock’n’roll , ma c’è anche dell’altro. Con i Cramps si tornava a fare l’amore nel retrobottega, a fumare e divertisi, fuori da quel letamaio della cultura rock ufficiale. Gente con il culo a caldo gli sbraitava contro. “Una proposta schifosamente balorda”, “non sanno suonare”. Facevano paura quei delinquenti, con quel suono selvaggio che veniva dal cuore. Per molti i Cramps rappresentarono un monito contro la repressione culturale di certa sinistra, e quel rigore estremo di chi voleva, e ci vuole, tutti uguali intellettualmente. Una forma di difesa sociale, una rivincita dei poveri, degli sventurati, contro quella casta di tranquilli e rassegnati. Lo dicono i vecchi. Quelli che non sanno, devono basarsi su quello che accaduto prima. E’ tutto ciò che non è venuto dall’anima, verrà immancabilmente smascherato.  


Mentre la città si faceva sempre più buia, un taxi si fermò all’incrocio e qualcuno scese. Dalla via arrivarono rumori di clacson. Una pioggerellina leggera iniziò a cadere. Lui guardò al di là dei suoi capelli neri, e si appoggiò con le mani al tavolino come per confessarsi. Non ti mentirò mai. E lo disse con un filo di voce. Lei gli strinse la faccia tra le mani e lo baciò. Dopo si alzarono e si avviarono lungo la strada. Un uomo è sempre nel giusto quando insegue ciò che ama. Sempre.


Bartolo Federico






4 commenti:

  1. Sei davvero generoso Michele. Grazie mille.

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  2. Grande musica e grandi storie. Solo tu riesci a creare "immaggini" potenti come quelle di questo testo.
    È bello rileggerti, fratello
    Ho un po' di arretrati, dovrò andare a ritroso nel tempo per vedere cosa mi sono perso...Ma prima faccio girare un vinile dei Cramps...è così raro sentire ancora parlare di loro di questi tempi da musica usa e getta

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  3. Grazie anche a te Bro, per le belle parole.

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