domenica 3 gennaio 2016

Un Fantasma Allo Specchio



Dannate sigarette finiranno per uccidermi! esclamò a se stesso nel momento in cui schiacciava il mozzicone con forza nel posacenere. Si squadrò allo specchio e si vide sempre più magro e smunto. La morte gli correva lungo il fianco della vita. Ma era abituato a quella sensazione e non gli faceva paura. D’altronde, era stato uno sbirro con licenza d’uccidere, fino a non molto tempo prima. Si sentì bruciare la gola e il fondo del naso. Tossì quasi borbottando e sputò del catarro, misto a qualcos’altro, nel lavandino. Non c’è verso di sfuggire al passato. Era l’una e dieci di una notte tormentata e senza controllo di un uomo che non era più ispirato dalla vita. Ma che, a dispetto di tutto, non voleva perdere quel poco che gli restava di suo. Sotto la luce giallastra dello specchio del bagno, prese a farsi la barba. Intanto che s’insaponava, vagò con i pensieri, cercando di ritrovare il filo dei giorni e a come si era trascinato fino a lì.

Nonostante le pressioni dei delicati incarichi, che andavano a scapito della vita privata, nonostante le incomprensioni, le aspettative e le seguenti delusioni, era sempre stato leale e scrupoloso, beninteso non uno stinco di santo, ma un collega a cui la generosità non difettava. Il suo lavoro era diventato come una malattia da cui non riusciva a liberarsi. Fino a quando, un giorno, tra lo stupore dei compagni, si presentò in ufficio e, senza dare spiegazioni, depositò il distintivo, la pistola e si congedò. Niente più sangue, niente più guerra, niente più sgomento. Tutto finito con un semplice gesto. Da quel momento in poi divenne un uomo invisibile che nessuno incontrò più. Per mesi si era spinto vagando in lungo e in largo senza una meta. Vivendo di piccoli lavori, sempre più o meno solo. Dietro di se non lasciava nessuna traccia. Al pari di quei criminali cui aveva dato la caccia.


Quando s’invecchia, ci si ammutolisce e si prova una sottile sensazione di disagio a stare con gli altri, pensò. Ma poi a che serve parlare, le parole scivolano e si gira intorno alle cose. Ognuno di noi, alla fine, fa sempre ciò che vuole. O, almeno, così crede che sia. Fino a quando, improvvisamente, ci si rende conto che il mondo va in un'altra direzione, rispetto a quella che abbiamo seguito. Ad un tratto, si apre un buco nero dentro di noi, e comprendiamo che non siamo stati capaci di raggiungere il cuore della vita, di essere stati bellamente usati e fottuti dalle circostanze. All’inizio ci sentiamo pieni di rabbia e ne facciamo una questione personale. Con il passare del tempo non ce ne importa più nulla. ed è a quel punto che si resta afoni e muti. Nel buio della stanza illuminata dalla tele senza volume si versò un’altra tazza di caffè e diede fuoco a un avanzo che era rimasto nel posacenere.

Un uomo scava un buco mentre un altro spala sporcizia dentro un altro buco. Un uomo dice Hello mentre un altro sta partendo verso un luogo dal quale non tornerà. (Dogs - Stan Ridgway)


Da ragazzo, guardando il poster del Re del rock’n’roll si riempiva di sogni. Quella foto stava nella parete proprio di fronte al suo letto e immortalava un giovane Elvis, abbellito da un ciuffo ribelle e un ghigno che era tutto un programma. Aveva sempre cercato d’imitarla quella faccia irriverente e quell’atteggiamento spavaldo che gli diceva più di mille parole, che lo spingevano in qualche modo ad affrontare la vita senza paura. Lo aveva provato più volte davanti allo specchio quel riso maligno, per indossarlo ogni qual volta ne sentisse la necessità. Ma, allora, c’era un mucchio di cose da fare. Adesso, nella stanza buia di quel ragazzo, era rimasta solo un’accozzaglia di cenere volata via controvento. Si adagiò sulla poltrona vicino la finestra e guardò quella città deserta. La pioggia scendeva a catinelle giù nelle tenebre. Chissà perché, sperò che un po’ di buona sorte gli fosse rimasta appiccicata addosso.

Mi ricordo due occhi verdi e alcuni fiori secchi sul davanzale di una finestra… perché dicono che è una città solitaria, dicono che è un peso.   (Lonely Town – Stan Ridgway)


Dato che il mondo non è proprio quello che si credeva che fosse, bisogna pur amare qualcosa o qualcuno per resistere. Certo, tutto è tenuto insieme da bugie e promesse che alla fine ci spezzeranno il cuore ma alle volte non c’è via d’uscita. Finì la sigaretta e spense la tele. La pioggia restò sospesa e la notte divenne più nera del nero. Come il suo cuore, d’altronde. In quel silenzio surreale gli parve di percepire l’odore inconfondibile ed eccitante del corpo di Alice. La prima volta che fecero l’amore lei lo tenne stretto con tutte le sue forze. Talmente stretto, che poteva sentire il suo cuore battere contro le costole. Quei baci che erano stati la sua cura, adesso erano diventati come un sogno crudele che lo ossessionava. Alice era una donna di una bellezza senza rimedio. Apparsa come un flash nella sua vita in un giorno di pioggia. Il suo collega tenente si era assentato all’improvviso ed era toccato a lui sostituirlo per l’interrogatorio di alcuni testi di un omicidio. Erano incombenze che non amava. Ma, quando da quella porta comparve la sagoma di Alice, lui si sentì cosi scosso da avvertire un fremito lungo la schiena, come se gli fosse apparso il diavolo in persona. 

E se solo ci fosse lei, qui, le direi cose che non le ho mai raccontato prima. (Walkin’ Home Alone-Stan Ridgway)

Svuotò il posacenere nella tazza del bagno e tirò lo sciacquone. L’attesa e la stanchezza, se non le controlli, ti giocano brutti scherzi. ti riportano a galla quelle piccole cose, quei piccoli gesti, che ti fanno sanguinare come un toro colpito a morte. Quando si accomodò nella seggiola di fronte a lui, lei gli sorrise in un modo tale che era come se lo volesse azzannare. Come se lo stesse invitando a scoparla. E lui lo avrebbe fatto, se solo lei avesse anche inavvertitamente allargato le gambe. Con uno sforzo sovrumano tentò di ricomporsi e restituire al cervello quell’aplomb che la situazione richiedeva. Si schiarì la voce e tirò fuori una bionda dal pacchetto di Camel. L’ accese nervosamente, cercando allo stesso tempo di placare quei sensi che erano gonfi di desiderio.


Non si era mai trovato a gestire una cosa del genere. Quella tipa lo aveva completamente spiazzato, mandato nel pallone. Durante l’interrogatorio lei rispose accuratamente alle domande e alla fine firmò il verbale. Poi si alzò dalla seggiola e, nel’ allungargli la mano, disse: “adesso sa dove abito”. Aveva capito tutto. Sarebbe stato meglio tenersi a debita distanza, per come profumava di guai. Ma quell’improvvisa passione che aveva provato non poteva e non voleva sopirla. Si sentiva come un ubriaco che aveva perso l’equilibrio ed era caduto a faccia in giù. Non considerò, neppure per un attimo, il prezzo che c’era da pagare a desiderare una donna del genere. Ma si era come iniettata in vena.



Rivolse lo sguardo, ancora una volta, verso la finestra. Un violento temporale si era scatenato. Aveva perso qualcosa e voleva sapere se era davvero così. Doveva ritrovarla e riuscire a parlarle, solo a questo anelava. Ma quello che esigeva era davvero troppo. Guardò sul tavolo il medaglione che gli aveva regalato la sera prima che sparisse. Si era fatta una doccia e se ne stava raggomitolata sulla poltrona di pelle, mentre lui con la chitarra strimpellava un vecchio country blues. Ad un tratto, Alice si avvicinò e gli fece un succhiotto sul collo. Era avvolta in un corto accappatoio bianco, che mostrava l’interno delle sue cosce. L’abbracciò e sentì i seni duri sulla schiena, continuò a suonare stentatamente mentre dei brividi di piacere lo scuotevano. Con maestria gli passò la lingua dietro l’orecchio e gli donò quel pacchetto. Avvolto in un fazzoletto a forma di cuore, c’era quel medaglione con su incisa una frase: Al Mio Amore.


I sentimenti che nutriamo l’uno per l’altro ci rendono deboli e confusi, restiamo misteriosi ma vulnerabili. Hai voglia a girarci intorno, l’amore è un enigma che nessuno è riuscito mai a decifrare. Ma, adesso, voleva sapere se quel sentimento che provavano entrambi era diventato solo un ricordo. Però a imboccare certe strade non si va da nessuna parte. Questo dettaglio a uno come lui non sarebbe dovuto sfuggire. 


Quando riusciva a sottrarre dal lavoro qualche ora libera, amava frequentare un negozio di dischi. Mr Jones, un americano trapiantato era il proprietario di quella bottega e, dato che si conoscevano da tempo, gli lasciava ascoltare tutto quello che desiderava Quella passione per la musica gli era rimasta intatta, nulla era riuscita a scalfirla. Scartabellava tra gli scaffali, guardando ogni singolo lp e cd. Il suo reparto preferito restava quello dedicato al blues, l’unica musica che lo rincuorava. Considerava il blues come la sua ombra acciaccata che lo pedinava su quelle strade tortuose che il suo lavoro lo costringeva a percorrere. Il suo mondo era ingolfato da gente che tentava di fottersi l’uno con l’altro. Da matti pronti ad uccidere per un nonnulla. Da persone colme di odio e miseria. Viaggiava in quel brutto sogno e non riusciva a liberarsene. Fino a quando non gli apparve lei. Fu allora che ruppe definitivamente gli argini e si allargarono i confini. Ruzzolò dentro se stesso, nella sua anima più profonda. E tutto cambiò. Per la prima volta, guardandosi allo specchio, non si riconobbe più.

 I miei occhi son divenuti rossi quando la mia vita è diventata triste. Così, sto abbandonando tutto, è la verità, per saltare in una nuova pelle. (Don’t Box Me- Stan Ridgway)

Adesso di tempo ne aveva quanto ne desiderava. Anche se la sua esistenza era ridotta a poca cosa, la voglia di capire e quel bisogno fanciullesco di continuare a combattere restavano inaspettatamente saldi dentro di lui. Intanto che la pioggia continuava a cadere congelandogli le ossa, la merda lo soggiogò. Lei è soltanto una sudicia baldracca che starà spalancando le gambe a qualcun altro, rimuginò. Ma con tutta la cattiveria che ci poteva mettere, i conti non tornavano. Hai voglia a metterli in colonna, le somme del cuore non tornano mai. Ripensando al passato, sentiva di non avere rimpianti per tutte quelle porte che si erano chiuse, per tutti i sogni spezzati e le speranze devastate. Si era disintossicato definitivamente dalle sue e altrui menzogne. E allora? Cos’era che lo spingeva a cercarla? Tanto valeva ammetterlo, almeno a se stesso. Era la carne che si ostinava a rincorrerla, era quel desiderio del suo corpo, della sua bocca, della sua figa, che non si placava. Era quel sentirsi leggero quando lei lo toccava. Quella sensazione di abbandono che provava nel penetrarla e dopo ogni suo orgasmo. Forse stava inseguendo un fantasma. Ma i fantasmi non ti abbracciano, non ti baciano, non piangono.


Il vento fece sbattere l’imposta della finestra. Si alzò dalla poltrona, raccolse le sue cose che erano sparpagliate per la stanza, le infilò dentro la sacca e si vestì. Non appena fu in strada la pioggia aveva smesso di scendere. Salì in macchina e si avviò lentamente. Anni di odio, di paure, di rabbia, erano scivolati via, tutti in un botto. Accese una sigaretta e ne aspirò una lunga boccata. Si fermò al semaforo ed abbassò il finestrino. Voleva sentire il vento sul viso. Al verde, ripartì sgommando. Dopo qualche chilometro si fermò nuovamente e scrutò intorno, come a cercare qualcuno, qualcosa, una direzione. Ma non c’era nulla in quella città deserta. Neanche una freccia, che gli indicasse la strada che portava da lei.

Tu non sei come sembri. Semplicemente, sei un fantasma allo specchio.(Right Through You-Stan Ridgway)

Bartolo Federico


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