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Passai una notte insonne nella stanza di quel motel. Una vera topaia, ma al prezzo che chiedevo, non avevo trovato altro. La mattina quando ripartì, il tempo era ancora messo male. Una schiera di nuvole basse e grigie, coprivano il cielo rendendo l’atmosfera cupa. Per non annoiami infilai nello stereo della macchina “Blues From Laurel Canyon”, il primo album americano di John Mayall. Un disco influenzato da sonorità psichedeliche, molto in voga nel 1969 anno in cui fu pubblicato. Accompagnato da una band ridotta all’osso, con la chitarra di Mick Taylor, il basso di Stephen Thompson, e le percussioni di Colin Allen, ne venne fuori un blues stringato ed essenziale, figlio dei Canned Heat perfetto per guidare nei grandi spazi aperti. Musica che ti fa scorazzare con la fantasia in un tempo polveroso, quando il deserto era attraversato da chopper con a bordo Dennis, Jack, e Peter, e tutto poteva ancora accadere. Il cofano della macchina era pieno di reliquie, schegge di memoria, testi di canzoni, graffi e poesie. Da qualche parte c’era anche la Polaroid di mio padre. Guidavo e avevo non so perché, la netta sensazione di essere come un reduce di un altro mondo. Durante quel viaggio mi ero prefisso di piantare qualcosa lungo il tragitto, come fosse un segnalibro infilato in un racconto. Un modo come un altro per lasciare qualche traccia di me.
Nella tarda mattinata finalmente le nuvole si aprirono, e nel cielo comparve un sole caldo. La sera della partenza alla chiusura del negozio, avevo salutato il signor Alfredo comunicandogli che non sarei tornato a lavoro, e spiegandogli quello che avevo in mente di fare. Inaspettatamente fu molto comprensivo e generoso nei miei riguardi, tanto che mi regalò l’incasso del giorno. Quel gesto mi colpì molto.
I "travellin’ man" così venivano chiamati i vagabondi di colore, si spostavano lungo le strade polverose battute da operai ferroviari, braccianti agricoli, giocatori, prostitute, e sbandati di ogni tipo. Tutti si muovevano con un'unica direzione Chicago. Dal 1920 al 1950 cinque milioni di neri migrarono dagli Stati del Sud, verso la città del vento.
Io non avevo una meta da raggiungere, stavo solo cercando di prendere il mio tempo. Dovevo chiudere delle porte, e riaprirne delle altre, guardando a destra e a sinistra, su e giù. Un vagabondo per orgoglio.
I "travellin’ man" così venivano chiamati i vagabondi di colore, si spostavano lungo le strade polverose battute da operai ferroviari, braccianti agricoli, giocatori, prostitute, e sbandati di ogni tipo. Tutti si muovevano con un'unica direzione Chicago. Dal 1920 al 1950 cinque milioni di neri migrarono dagli Stati del Sud, verso la città del vento.
Io non avevo una meta da raggiungere, stavo solo cercando di prendere il mio tempo. Dovevo chiudere delle porte, e riaprirne delle altre, guardando a destra e a sinistra, su e giù. Un vagabondo per orgoglio.
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La statale è sinuosa ed è piacevole da attraversare. Mi tornano in mente certe fughe solitarie che avevo fatto da ragazzo, tra spiagge e scali ferroviari. Come allora cerco nuovi luoghi per rimettermi a sognare.
È un netto cambiamento quello che avvenne nei Fleetwood Mac con la pubblicazione nel 1970 di Then Play On. Peter Green inizia il suo volo nello spazio, dentro atmosfere trasognati e cosmiche. La musica come nella migliore tradizione psichedelica si dilata camminando sperduta, fino a quando non ricade sulla strada. Il suo vero unico rifugio. Qui non c’è più il filo spinato a recintarla. Quel filo che aveva fatto ingoiare umiliazioni e rinunce viene spezzato, il blues torna a viaggiare libero. E diventa un veicolo per l’anima, perché non ha altro posto dove nascondersi, se non in un fremito, o in un dubbio.
È un netto cambiamento quello che avvenne nei Fleetwood Mac con la pubblicazione nel 1970 di Then Play On. Peter Green inizia il suo volo nello spazio, dentro atmosfere trasognati e cosmiche. La musica come nella migliore tradizione psichedelica si dilata camminando sperduta, fino a quando non ricade sulla strada. Il suo vero unico rifugio. Qui non c’è più il filo spinato a recintarla. Quel filo che aveva fatto ingoiare umiliazioni e rinunce viene spezzato, il blues torna a viaggiare libero. E diventa un veicolo per l’anima, perché non ha altro posto dove nascondersi, se non in un fremito, o in un dubbio.
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In Italia accadono sempre cose strane. Un paese dai mille segreti di Stato, dove si può ammazzare un ragazzo massacrandolo di botte, è tutti sono assolti. Un paese dove a pagare il prezzo più alto tocca sempre è solo, alla povera gente. La corporazione degli industriali appoggiati dalle multinazionali, hanno assoldato quel presentatore della Ruota Della Fortuna, per reprimere gli elementi a loro indesiderati. Operai, studenti, pensionati, precari, esodati, gay, una filiera di deboli, di condannati, che rompono le palle, scioperando e protestando. Vogliono un mondo senza diritti, un mondo di schiavi ubbidienti. Ma gli sta sfuggendo che quel popolo si sta ingrossando velocemente, e a dismisura. Ma quegli artisti o presunti tali, quei progressisti, che si ribellavano veementemente allo strapotere del bullo di Arcore, e si stracciavano le vesti nei vari talk televisivi. Quei cantautori, comici, registi, attori, tutti appartenenti a quell’area (si dice così no?) adesso di potere. Gente che si è tenuta in vita con la cannula dell’ossigeno, grazie a quel partito. Che fine hanno fatto? Dove sono finiti ? Il loro silenzio è assordante, di fronte a questo disastro collettivo. Ah dimenticavo l'ipocrisia.
La cantavano gli hobo sui treni merci questa canzone.
Non m’importa se piove o gela starò bene tra le braccia di Gesù.’ Anche se dovessi perdere camicia e pantaloni lui amerà lo stesso i figli di puttana come me. Sono l’agnellino di Gesù? Si ci puoi scommettere che lo sono.
Non m’importa se piove o gela starò bene tra le braccia di Gesù.’ Anche se dovessi perdere camicia e pantaloni lui amerà lo stesso i figli di puttana come me. Sono l’agnellino di Gesù? Si ci puoi scommettere che lo sono.
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Bartolo Federico
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