Il mio orologio segnava le tre. Ho commesso l'errore di pensare, e di colpo il ricordo si è presentato alla mente. Anche se era ancora estate, ho sentito un freddo intenso, fin dentro le ossa. Ho serrato le mascelle chiudendo le palpebre. Mi sono passato una mano sul viso, quasi per sentire se ero ancora vivo. Nessun asso nella manica, ma quelli non li avevo mai avuti. Ho riso ma sembrava un singhiozzo, per quel ritorno di fiamma che adesso illuminava la notte. Sono rimasto appoggiato al muro, con le gambe molli. Oplà, ho intrecciato le dita tenendomi la nuca pesante e triste. Mi sentivo prigioniero, costretto com'ero ad ascoltare le insulsaggini quotidiane, di cui non mi fregava nulla. Una piccola schiera di miserabili è uscita dalle ombre silenziose. Ed è stato alla vista di quei vagabondi sognatori, che mi sono sentito nuovamente a casa.
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