Alle 19:20 lei non era ancora arrivata. Vlad se ne stava per andare quando una tipa in jeans e giubbotto di pelle, entrò nel locale. Si avvicinò al suo tavolo, e lo guardò con aria circospetta. Dopo spostò una sedia e si accomodò. Vlad guardò fuori attraverso la vetrata del locale e vide due tizi che si stavano azzuffando, su per quella stradina polverosa. La solita lotta per il territorio pensò, l'incensante bisogno di stabilire gerarchie. Viveva in un complesso di case popolari, dove l'anarchia sociale aveva inghiottito buona parte della città, ed era circondato dalla povertà, dall'ignoranza, e dalla disgregazione sociale. Il suo istinto gli diceva di scappare al più' presto da quel luogo, ma sapeva che non era così' semplice farlo. I loro occhi per un attimo s'incrociarono. Erano entrambi consapevoli dell'abisso che li separava. La porta sul retro del locale, era un ottima via di fuga. "Cosa stai cercando" gli chiese Rosita. "Non lo so" rispose, con aria stanca. In ogni vita accade che qualcosa si chiuda in silenzio e l'impressione che si ha, e che non si sia più' nessuno. La notte arrivò ruzzolando dentro i suoi occhi. Non serve a niente scappare, non si sfugge dall'inferno, né alle brutture che ci portiamo dietro. Intanto che camminava quel suono del sax, era come una voce che gli parlava. Aveva un fraseggio animalesco, un timbro primitivo e schietto. Un motivo sufficiente per amarlo.
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