Nessuno resiste alla musica. Nessuno. Lei il suo cuore, l'ha regalato alla musica. Perché finché suona è salva. Anche cadendo all'indietro.


Sono sempre i poveri che ti danno una mano d’aiuto, che ti accolgono in casa loro, che dividono con te qualunque cosa possiedano. La città sembrava un mortorio. Saracinesche di negozi sbarrate, locali chiusi, e poca gente per strada. Una volta erano i più anziani che parlavano e i più giovani ascoltavano, adesso invece non parla più nessuno, ci si scambia messaggi con i computer, o tramite i cellulari. Faccine e slide, passatempi, anche per qualche cazzone governativo. I vecchi sono la testimonianza di ciò che è accaduto, sanno cose che i ragazzi non possono neanche immaginare, o presupporre. Bisognerebbe ricucire quello squarcio. Camminava nel buio della notte, dove ancora può accadere qualunque cosa. Dei cani gli passarono vicino scodinzolando la coda. Suo nonno era nato sul finire del 1800 e non aveva mai imparato a leggere e scrivere. Nel corso della sua vita aveva visto dei cambiamenti epocali, ma non si era mai confuso davanti a niente. Era rimasto una persona semplice, e di buon senso. Ma quello che non riusci' mai a comprendere, fu la cattiveria e la cupidigia, che serbano gli uomini di fronte al denaro. Quello si, che lo lasciava senza parole.
I Sebadoh, facevano musica come fossero dei banditori che soffiavano nel microfono, prima di un asta. Lou Barlow, Eric Gaffney, e Jason Loewenstein non avevano tutte le rotelle al posto giusto, ma il loro suono carico di nebbia, e malinconia, era assai affascinante. Sapeva prendere percorsi imprevedibili, sgusciare di lato, e sprofondare nell’oscurità. Folk e rock, che si fondono magnificamente con il rumore di chitarre acustiche, elettriche, e voci inclinate che echeggiano direttamente dal sottosuolo del rock, in un paesaggio desolato, spazzato da un vento impetuoso. La domenica mattina ti svegliavi, e ti sparavi quel disco “III”, e ti sentivi felice. Tenevi gli occhi chiusi e ascoltavi come in catarsi, quelle canzoni. Impossibile capirci qualcosa. In quella confusione avevi come l’impressione, che stavi ancora ficcato di traverso dentro un sogno. Nel sogno. Lui si fermò si piegò in avanti, e appoggio i gomiti sul muretto. Si tolse tabacco, cartine, e filtro dalla giacca, arrotolò una sigaretta e la accese. Mentre fumava osservò la sua ombra disegnata nel marciapiede, e gli fece un sorriso tenue. Lei lo stava aspettando seduta al bar. Il cameriere arrivò con i bicchieri di whiskey che avevano ordinato, e li posò sul tavolino. La ragazza parlava a voce bassa così da costringerlo a curvarsi, per non farsi sfuggire le sue parole. Dopo un po’ gli chiese anche come si sentisse. Lui fece finta di non aver udito, e rimase in silenzio. La ragazza scosse la testa, e bevve un sorso. Capì che non gli andava di parlare. Ma non si sentì offesa per quel suo rifiuto, rispettava il suo volere, e gli fece un sorriso tenue.
"So Low" di Greg, Eric, e Jack Oblivian, non lo sentirete mai suonare per radio. Un combo di musicisti della stessa pasta bastarda di Tav Falco. In quel di Memphis, una vera è propria leggenda del rock. Nella loro musica vive un mondo passato, che incontra un mondo a venire. È qui che la notte è completamente a suo agio. E’ come se guardassimo dentro un buco profondo, e scorgessimo nelle viscere della terra, qualcuno suonare. Quello che si origlia è un rumore di ossa frantumate, un suono irregolare, come un graffio nel disco di vinile nero. Un colpo di tosse è il rock’n’roll è polverizzato, nel borbottio di una tastierina, o di un sax che spazia in maniera molto free, di qua e di là. So Low è qualcosa che solo l’oscurità può comprendere. La musica è iniziata. Finché non rimane che il fruscio della puntina sul disco. Strizzò gli occhi, perché la luce del neon gli dava fastidio. Forse stava diventando pazzo, o forse lo era sempre stato. Lei era davvero carina, e lui era davvero un coglione. Ma quando il mondo ti cade addosso non hai tempo per l’amore, e per tutte quelle cose che ti fanno raddrizzare i sensi. Si teneva aggrappato ad una fune con una mano sola, ed era pronto a precipitare nel buio per sempre. Lei lo chiamò per nome, e lui si scosse per un attimo da quei pensieri. Aveva gli occhi arrossati, e graffi che non si vedevano. Ma certe cose facevano davvero fatica ad andarsene.
Songs The Lord Taught Us dei Cramps, fu registrato nel 1980 negli studi della Sun Records. Musica sporca e pervertita, che non poteva non piacere ad uno come Alex Chilton, che produsse il disco. I mitici tre accordi del rock’n’roll, qui furono riproposti nella sua forma più nefanda. In quei giorni che il mondo osannava i Police (mai nome piu' brutto, per una band di rock), una schiera di disadattati, di junkies, e bikers, trovò in Lux Interior e nella sexy Poison Ivy le loro star. E quella fu la colonna sonora per andare alla casa del diavolo. In questo disco è presente la lezione di Link Wray, di Robert Gordon, e di tutti i grandi sconosciuti del rock’n’roll , ma c’è anche dell’altro. Con i Cramps si tornava a fare l’amore nel retrobottega, a fumare e divertisi fuori da quel letamaio della cultura rock ufficiale. Gente con il culo a caldo gli sbraitava contro. “Una proposta schifosamente balorda”, “non sanno suonare”. Facevano paura quei delinquenti, con quel suono selvaggio che veniva dal cuore. Per molti i Cramps rappresentarono un monito contro la repressione culturale di certa sinistra, e quel rigore estremo di chi voleva, e ci vuole, tutti uguali intellettualmente. Una forma di difesa sociale, una rivincita dei poveri, degli sventurati, contro quella casta di tranquilli e rassegnati. Lo dicono i vecchi. Quelli che non sanno, devono basarsi su quello che accaduto prima. E’ tutto ciò che non è venuto dall’anima, verrà immancabilmente smascherato. 
Dopo che Peter Green lasciò i Bluesbreakers di John Mayall portandosi appresso anche il bassista John Mc Vie, reclutato il chitarrista slide Jeremy Spencer, e il batterista Mick Fleetwood, nel 1967 diede origine ai Fleetwood Mac. “Peter Green’s Fleetwood Mac”, fu registrato nel 1968 in solo tre giorni. Il blues si era rimesso in cammino emettendo un nuovo ruggito. Ispirato e lirico pronto ad esplodere, in questo disco si omaggia Elmore James, Howling Wolf, e Robert Johnson. Ma quando Peter Green è la sua chitarra prendono le redini, la musica comincia già a intrufolarsi nella foschia del mattino.
C’erano un sacco di strade che portavano a Chicago, tutte dei numeri dispari. La 45, la 51, la 23, la 13, la 49. La 61 è la più famosa per via di quel disco di Bob Dylan, ed è anche il luogo dove Robert Johnson strinse il patto con il diavolo. Vie di fuga per i neri delle piantagioni di cotone del sud, celebrate come fossero delle donne. Perché la strada rimane la più grande puttana del mondo. Big Joe Williams dedicò un disco a questi tragitti secondari, polverosi e malinconici. Ascoltare Blues On Highway 49 è come avere di fronte una cartina stradale del delta, dove però si scorgono nitidi i vagabondi che ci correvano sopra furtivamente, e che suonavano la chitarra in stile bottleneck, per miagolare il loro blues nella notte.
Con quel sole che scaldava l’abitacolo della macchina, mi sentii ozioso ma mio agio. E mi fermai in uno spiazzale. Dall’altro lato della carreggiata il traffico scorreva senza troppa fretta. In questo momento dei poveri disgraziati stavano sicuramente su qualche carretta del mare per cercare di arrivare, in una terra che non li voleva. Potevo essere in qualunque posto del mondo, con chiunque, ma ero anch’io come molti, un prigioniero. Quella guerra sociale stava sterminando milioni di famiglie. E nessuno faceva niente. Chissà perché’? Mi sentivo arrabbiato, ma anche sconsolato. Così decisi di andarmene al diavolo. Ma a modo mio. Con una grande scossa di musica. Quando ai Derek And The Dominos si aggiunse la chitarra di Duane Allman il più grande sliderman di tutti i tempi, le cose per la band di Eric Clapton, Bobby Whitlock, Carl Radle e Jim Gordon presero un'altra piega. Negli studi del Criteria di Miami nel 1970 si registrò Layla And The Other Assorted Love Songs, uno dei dischi fondamentali del rock blues. Certo che portarsi i ricordi dappresso può far davvero male. Dentro quello studio girava un mucchio di droga, e la musica che scorreva come un fiume in piena, era creativa ed eccitante. Doveva essere una sensazione meravigliosa, starsene lì ad ascoltare quei musicisti che esploravano il blues, il soul, il rock. Tutti correvano sulla stessa strada. E’ stata questa l’alchimia. Canzoni che rimangono nella memoria, come un brivido, una nostalgia, un colpo di fulmine. Per anni si è accreditato l’assolo di Layla ad Eric Clapton, ma quella fu un intuizione di Duane Allman. Uno che stirava le note come un elastico, senza timore che si rompessero.
China Girl, Jack & Diane, Thunder Hearts, Hurts So
Good
furono una scossa di adrenalina, canzoni che centrarono il bersaglio e mi colpirono
direttamente al cuore. Dopo aver pubblicato nel 1983 “Uh Uh”, un 33 giri
dal piglio rollingstoniano, da sempre un grande amore di John Cougar, nel 1985
esce Scarecrow, un lavoro musicalmente più maturo dei precedenti,
pensato e scritto in difesa della causa dei contadini, strangolati dalle banche
e dalle scelte socio-economiche del presidente Reagan, che qui viene
attaccato duramente in “The Face Of The Nation”. L’esempio che ha in
testa Cougar, da sempre animato da una forte sensibilità sociale, è quello di Woody
Guthrie. Ma per questa battaglia non si presenta come faceva Woody solo con
una semplice chitarra acustica ammazza fascisti, porta con se una band di
duri e puri rock’n’roller,
una band che suona pungente e acre quanto basta, per rafforzare il suo urlo di
battaglia e di dolore.