Ho dovuto sempre lavorare in vita mia per combinare
qualcosa di buono, per diventare qualcuno. Sin da quando intrapresi l’attività
di commerciante all’ingrosso di pesce surgelato ho avuto vita difficile. Se
nasci povero i tuoi mezzi sono limitati e deve spingere e tirare cazzotti e
alle volte essere anche crudele se vuoi restare a galla. Perché c’è sempre
qualcuno che prova a metterti i bastoni tra le ruote. Maledizione! Una volta
che veniamo al mondo nessuno di noi sa qual’é la strada che gli è stata
riservata. Avanziamo nel chiarore della luna pensando di scegliere il nostro
destino. Che ingenui siamo! Ci beiamo delle nostre conquiste o delle nostre
eventuali fortune, navigando senza accorgercene da una pena all’altra,
dritti verso la fine. E ci sono persino quelli che si infilano dentro strade
strette, strette, illudendosi di trovare sentieri non ancora battuti. Ma ben
presto anche questo si rivelerà un esercizio superfluo. Camminando di sbieco ci
si accorge di trovarsi in mezzo a tante ombre piccole e grosse che
si trascinano nel buio. Allora per non finire a non sperare più in nulla
ci rifugiamo nei sogni. E sognando ci accomodiamo dentro l’esistenza, insieme a
quella gustosa frenesia che ci sorregge per non cadere irrimediabilmente giu.
Ehi grandissima testa di minchia, lo vuoi alzare quel
cazzo di volume, di quella fottuta radio. Non lo senti che il Re del
rock’n’roll sta cantando. ”Spider Murphy suonava il sassofono tenore, Little
Joe soffiava nel trombone. Il batterista dell’Illinois faceva crash, boom,
bang, l’intera sezione ritmica era “The Purple Gang”.Forza! Balliamo il
rock, tutti insieme, balliamo il rock. L’intera prigione stava ballando il
Jailhouse rock.”
Elvis Aaron Presley nacque a Tupelo, Mississippi, da
una famiglia poverissima l’8 gennaio del 1935. Il fratello gemello mori non
appena venne alla luce ed è per questo che sua madre, nel limite del possibile,
trattò sempre Elvis con grande riguardo. “In una malferma capanna di legno
col tetto di lamiera dove l’acqua penetra gocciolando sta una giovane madre
intirizzita sul pavimento di cemento con una bottiglia e una scatola e una
culla di paglia. Tupelo. O Tupelo. Con un fagotto e una scatola e una culla di
paglia.”(Tupelo Nick Cave) La musica in casa Presley era una costante,
complice anche il padre, un cantante occasionale di musica gospel. Per questo
fu naturale ricevere in regalo dalla madre una chitarra acustica ad appena
sette anni. La stessa lo incitò a cantarle canzoni tristi che la
facessero piangere. Lo iscrisse a gare per giovani talenti, senza però ottenere
troppo successo. Elvis crebbe ascoltando la radio ed assorbendo tutti i generi
musicali di quell’epoca, dalle canzoni d’amore di stampo hollywoodiano, al
country di Nashville, fino al gospel. Ma quello che gli toccava profondamente
l’anima era il blues. Quella musica lo faceva sentire meno solo. Lui, infatti,
si sentiva talmente solo da avere un vuoto tutto intorno. Elvis amava la musica
nera, si vestiva e se ne andava in giro con una Cadillac rosa, proprio come
avrebbe fatto un qualsiasi negro. Che Dio abbia in gloria Elvis.
Quando ero ragazzino mio nonno mi faceva tirare di box
perché aveva paura che potessi diventare ricchione. Mi faceva schiattare di
fatica in quella palestra. Io però glielo dicevo: “nonno a me le femmine mi
piaccionooo!” Ma lui niente, non mi ascoltava, dovevo stare li a tirare
cazzotti in quel cazzo di sacco duro come una pietra. Alla fine le nocche delle
mani mi facevano talmente male che non potevo neanche tenere le posate per
mangiare. Poi però arrivò il giorno in cui lo ringraziai per tutto quel
sudore che mi aveva fatto gettare.
Come se fosse sbucato dal nulla quel tizio si
presentava ogni giorno all’orario di apertura del magazzino e se ne stava fuori
passeggiando sul marciapiede fino alla chiusura. Stava li tutto il giorno senza
fare nulla. Un bel di’ entrò senza neanche chiedere il permesso, apri il banco
frigo e si prese una cassetta di merluzzi. Fu allora che mi avvicinai e gli
chiesi se avesse bisogno di lavorare, ci serviva sempre qualcuno specie per il
turno di notte. Lui mi guardò diritto negli occhi e con fare schifato mi gettò
in faccia una boccata di fumo e se ne andò via portandosi la cassetta di pesce.
Pensai che forse ne aveva bisogno per la sua famiglia e lo lasciai andare. Il giorno
dopo però ritornò proprio mentre stavo chiuso nel gabbiotto a fare i conti
della giornata. Spalancò la porta e mi disse spavaldo che se volevo stare
tranquillo dovevo pagare una certa somma. Lo guardai con attenzione per un
attimo. Il primo gancio sinistro che lo investii in pieno viso non lo
vide neppure partire . Il naso gli scoppiò come fosse un palloncino pieno
d’acqua, il sangue schizzò da tutte le parti e gli mancò il fiato. Si piegò
sulle ginocchia per il dolore e sputò un paio di denti. La mia
furia fu incontenibile lo massacrai quasi di botte e se non fosse
intervenuto Ciccio “lo squalo” un lavorante non so come sarebbe andata a
finire. Da allora non è venuto più nessuno a reclamare qualcosa. All’indomani
dell’accaduto appesi un cartello fuori la porta del deposito: ”la vostra
invidia è la mia fortuna”. Che Dio abbia in gloria nonno Giacomino.
Elvis cominciò a lavorare come camionista quando la
famiglia si trasferì a Memphis. E questo fu prima che incidesse nello studio di
Sam Phillips le due celeberrime canzoni dedicate a sua madre. My Happines, un vecchio standard
degli Ink Spoots, una canzone dolce e malinconica e That’s When Your Heartache Begin, un brano un po’ più sensuale. Sam
Phillips comprese da subito che quel ragazzo aveva una marcia in più e che
quella voce era unica, tanto che decise di farlo affiancare da due musicisti
straordinari come Scotty More e Billy Black per vedere cosa si riusciva a
tirar fuori. Il tempo passava ma i risultati che ne scaturivano non erano
per nulla soddisfacenti. Elvis aveva assorbito troppi generi musicali e non si
riusciva a trovare una direzione precisa. Modulava il canto ogni giorno in
maniera diversa. Alle volte cantava come fosse un bluesman di strada, altre
come un cantante country, altre ancora come un crooner. L’idea di base era
quella di fondere tutti quegli stili che Elvis aveva incamerato e farli
maturare in qualcosa di nuovo. Ma con tutto l’impegno profuso non si riusciva a
cavare nulla di buono. Alla fine Sam decise di gettare la spugna. Fu in quel
preciso momento che il destino bussò alla porta. Elvis lo convinse a
provare un pezzo che gli piaceva particolarmente, un brano che il bluesman
Arthur Big Boy Cudrup aveva inciso dieci anni prima. La canzone si chiamava
That’s All Right Mama.”Beh, mamma me l’aveva detto, E me l’aveva detto anche
papà,“Figliolo, quella ragazza con cui te la stai spassando Non va bene per
te.”
Me ne stavo seduto nel gabbiotto a bere whiskey, mentre
una folla di pensieri mi assaltava. Stavo lì a farmi domande del tipo chi
fossi, che facevo, da dove venivo. Mi sentivo davvero strano, non ci ero
abituato, io, a quei pensieri. Avevo sempre lavorato dalla mattina alla
sera e quelle cose erano per i finocchi, cosi avrebbe detto mio nonno
Giacomino, ne sono certo. Ma non riuscivo a staccare il cervello dai quei
pensieri maligni che mi ossessionavano. Mia moglie se ne era andata con i
bambini, dopo che mi aveva beccato a scopare per l’ennesima volta nel nostro
letto matrimoniale. Vuoi farmi cornuta diceva, ma almeno fallo fuori da casa
nostra. Almeno questo. Mi aveva supplicato. Ma io ero come posseduto dal
demonio, non capivo il male che le facevo e a pensarci, mi comportavo davvero
come uno stronzo fottuto. Le cose alla fine vanno come vogliono. So che da
quando lei se ne andata non mi sono sentito più con la coscienza tranquilla. E
da allora non riesco più a dormire, nel silenzio della verità.. Ebbene,
accadde in una notte di chiaro di luna, Le stelle splendevano luminose, Il
desiderio era volato via alto L’amore aveva detto, addio..(Blue Moon Of
Kentucky)
Sul retro di That’s
All Right Mama, fu incisa la canzone Blue
Moon Of Kentucky, un brano di Bill Monroe. Quando il disco fu messo in
circolazione i commenti che suscitò furono terribili. Le radio specializzate si
rifiutavano di trasmettere il disco. Le emittenti di colore dicevano che quel
ragazzo cantava con un background troppo country, le radio dei bianchi
dicevano che non era puro country. Ma nessuno aveva fatto bene i conti con la
sua fame di successo. Sul palcoscenico Elvis era una potenza, una forza
della natura. Trascinante nella sua gestualità, provocante nel suo
abbigliamento. Sul palco, mentre cantava, faceva di tutto. Si inginocchiava,
allargava le braccia come il Cristo buttandosi a terra e fissando un punto
indefinito e tanto altro (tutte cose che fece anni dopo anche Bruce
Springsteen). Fin quando arrivò il giorno in cui agitò il bacino e fu
allora che la gente impazzi di piacere. Quel movimento lui lo aveva imparato
dai neri. Loro lo facevano da sempre scatenandosi nelle chiese battiste mentre
cantavano i gospel. Ma lui lo rese davvero unico. Sotto il palco le ragazze
urlavano di piacere il loro entusiasmo, mentre i ragazzi si perdevano in quei
sogni di rock’n’roll.
Oggi la gente è
disposta a tutto pur di ottenere un posto di lavoro, magari anche mediocre. Poi
però succede che gli impiegati vogliono essere presidenti e i commessi capi
reparto, e cosi via. E tutto se ne va a rotoli. Ai miei tempi dovevi stare alle
regole e portare rispetto al tuo capo. Oggi l’ultimo arrivato vuole subito
comandare. Ma nel mio magazzino ancora vigono quelle vecchie regole vai avanti
solo se te lo meriti, se no, pur vecchio per come sono, ti prendo a calci nel
culo fino alla porta. E’ questa la regola, qui.
La pioggia sferzante
mi colpi in pieno. Mi infilai sull’auto e scivolai lungo la strada deserta. Mi
sentivo ostile con il mondo ed ero arrabbiato con me stesso per non aver visto
le cose come andavano per non essermi fermato prima a ragionare. Prima che
restassi solo come un cane bastardo. I miei figli con ragione non ne volevano
sapere più di me e non li potevo biasimare, avrei fatto lo stesso anch’io se
mio padre si fosse comportato come avevo fatto io con loro. Ma ero anche troppo
orgoglioso per chiedere scusa. Avevo lasciato molto tempo fa la mia casa, ed
abitavo in un vecchio motel. Non m’importava più di niente, neanche di morire.
Ma a Maria avevo scritto un sacco di lettere d’amore che non gli avevo mai
spedito. Erano tutte raccolte dentro un piccolo bauletto di legno che era
appartenuto a mia madre. Chissà forse un giorno le leggerà pensai “Ho impresso ogni
riga nella mia mente Ed ho baciato il tuo nome E poi cara, le rileggo ancora
dall’inizio Lettere d’amore direttamente dal tuo cuore.”(Love Letters)
“Questo gentile
ragazzo americano con la sua innocenza sta corrompendo i nostri figli li sta
incoraggiando alla delinquenza, sta facendo delle nostre figlie delle puttane,
sta trasformando la gioventù in una schiera di selvaggi e di bruti che ci
sputano in faccia. E’un peccato, una vergogna! E’ indecente ed è del tutto
antiamericano.”
Ma quel ragazzo stava
conquistando l’America, con il suo faccione ovale, le labbra piene e carnose e
quello sguardo che ti trafiggeva il cuore. Elvis stava diventando qualcosa che
travalicava il semplice mito del rock. Quel ragazzo proveniente dalla polverosa
Tupelo, viaggiava diretto verso la celebrità, conquistando ogni giorno
quel pubblico di insoddisfatti, di cui il rock’n’roll si nutre, che ha bisogno
di scaricare le proprie nevrosi, il proprio malessere, con quei ritmi selvaggi.
Ma Elvis raccoglieva anche intorno a sé cuori infranti e solitari, gente
semplice proprio come lui. Da quando la mia bambina mi ha lasciato. Ho
trovato un nuovo posto dove stare. E’ giù alla fine di una strada solitaria.
All’ Hotel dei Cuori Infranti. (Heartbreak Hotel). Solo Elvis con la sua carica di pura umanità poteva fare il
miracolo di farti sentire meno solo. E solo uno come lui appariva credibile
agli occhi di un qualsiasi ragazzo, perché incarnava in tutto e per tutto il
grande sogno americano. Quello di riuscire a farcela da soli. Ma mai
nessuno si accorse del suo grande disagio, della sua sofferenza, di come il
mondo lo stava schiacciando. Quel ragazzo chiuso nella villa di Graceland
voleva solo cantare, e si era ritrovato ad essere tirato per la giacca da
chiunque e chiunque voleva chissà perché qualcosa da lui. Anche adesso che non
c’è più. E’ davvero un prezzo troppo alto da pagare. “. Ecco dove troverai il tuo destino. Nei miei sogni le luci
risplendono luminose e bellissime. Sono vicine ed allo stesso tempo tanto
lontane. Sarò sempre un cowboy solitario. Sto solo cercando di raggiungere una
stella.”(Lonesome Cowboy)
La stanza del motel
era in ordine. Tutti in quel posto mi trattavano con gentilezza, anche perché
avevo il denaro per pagare, e quando paghi ti leccano il culo. È inutile che
uno s’incazza, cosi vanno le cose in questo mondo, prendere o lasciare. Mi sentivo
triste. Adesso potevo vedere le cose com’erano una volta. e mi ricordai di
tutto proprio di tutto. Mi aggirai per la stanza bevendo e pensando e il mio
cuore si riempii di ombre. Rividi la stanzetta di quando vivevo a casa dei miei
genitori, la tendina di cotone bianca e blu appesa alla finestra, il tappeto
finto persiano, e lo scaffale dei dischi fatto con le cassette della frutta. Il
letto con la trapuntina rossa e le foto di Elvis attaccate alla parete. Una
chitarra acustica fatta a pezzi in un momento di rabbia. L’immagine di un
ragazzino cresciuto in fretta nel ghetto. “ Un
povero piccolo bambino è nato Nel ghetto E sua madre piange Perché se c’è una
cosa di cui non ha bisogno È un’altra bocca affamata da nutrire”.(In The
Ghetto)
Perché non si può vivere come la si pensa,
ma bisogna fare esattamente il contrario? Perché non si può vivere tutti
insieme ed essere ciascuno quel che è? Guardai fuori dalla finestra senza
vedere niente, restando in piedi fino al mattino. Tutto era andato in malora.
Ma quando c’era Maria… non c’era niente di più bello. Bevvi una lunga sorsata
di whisky. Tirai la tenda della finestra e mi sedetti sulla poltrona ad
aspettare che finalmente mi venisse a prendere. Tra non molto tutto sarebbe
finito. Le cose dovevano andare diversamente, avremmo dovuto viaggiare, vedere
il mondo, fare qualcosa d’altro che lavorare mangiare e dormire. Avrei dovuto
amarla con rispetto, tenerla stretta tra le mie braccia, proteggerla. Ma allora
pensavo che gli davo tutto quello che voleva. Ma tutto quello che lei voleva
era solo una carezza, un bacio tra i capelli. Nient’altro.
Le ultime esibizioni di Elvis furono una serie di
concerti tenutesi a Las Vegas nel giugno del 1977. Esiste un
filmato in cui il Re canta seduto al pianoforte Unchained Melody, è sudato, stanco ma sorride alla vita,
sorride a chiunque lo tocchi, come solo lui sapeva fare. Canta con passione
anche se il suo fisico è tormentato dai farmaci, ma il suo grande e generoso
cuore dà tutto quello che ha per rendere felice il suo pubblico, anche
quando intona per l’ultima volta Are you
lonesome tognight. Si dimentica le parole e improvvisa gran parte del
testo, è unico ed inimitabile. I suoi detrattori, che sono tanti e fanno parte
di quella schiera di scribacchini che si credono intelligenti, faranno nel
tempo carne da macello di questi concerti e di questo Elvis. Dimenticando
troppo in fretta che senza di lui il rock non sarebbe cosi come lo conosciamo e
mancando di riconoscere che tutti, compresi loro stessi, pagano un debito di
riconoscenza a questo ragazzo americano. Che Dio lo abbia in gloria, Elvis. “Ora il palcoscenico è vuoto e mi trovo qui.
Con il vuoto tutto intorno. E se non vorrai tornare da me. Allora fai calare il
sipario” (Are You LonesomeTonight).
Bartolo Federico - Settembre 2012-
Fantastico; Elvis è mitologia pura, ispira la stesura di intere Epiche.
RispondiEliminaIl tuo è un bellissimo pezzo!
"Quando Elvis ha cominciato a dimenare il bacino e Ed Sullivan si è rifiutato di trasmetterlo tutto il Paese e entrato in un parossismo di frustrazione sessuale che ha portato a uno scontento duraturo sfociato poi nell’esplosione di folklore psichedelico e militante che sono stati gli anni Sessanta. "
Lester Bangs
Un saluto!
grazie evil. mi dai coraggio.
RispondiEliminaAspettavo che pubblicassi quache tuo scritto ed ...eccolo!
RispondiEliminaCiao! :)
ciao giacy.nta,grazie
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