giovedì 20 novembre 2014

Nient’altro che strade diverse.



Sono rimasto in compagnia della musica bevendo e rinvangando, quelle cose che mi avevano reso la vita meno dura. Ci ho messo anche lei. I suoi seni, le sue cosce, la sua bocca, i suoi desideri, e le mie voglie. Nella mattinata ho scaraventato tutto dentro un secchio profondo e buio, e mi sono assopito. Tutto qua. Quando mi sono svegliato, nella piccola cucina ho fumato un paio di sigarette, e ho pensato che avrei fatto bene a dimenticarla, e anche in fretta. Dopo il telefono ha squillato, e sono trasalito. Ho alzato la cornetta, ma non ho detto nulla. Sapevo che c’era lei dall’altre parte del filo. Con un tono falsamente imbronciato, mi ha salutato e poi ha riso, ma era un riso scosso, nervoso, di chi sa che la sua preda sta per sfuggirgli di mano. Ho guardato la bottiglia di scotch, e dalla finestra ho sbirciato il cielo rosso. Ero il suo trofeo da esibire in pubblico. Da presentare alle amiche. Il suo cane da guardia. Ma anche per chi era stato sbattuto troppe volte nella tempesta, quella era una roba troppo faticosa. Allora ho chiuso la comunicazione, e quando ho ripensato al suo corpo, mi è mancato il respiro. 


Bartolo Federico

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