La sera passata a casa di Nino “Cipudda” con Mimmo “Funcia”,
Pippo “Cucù’“, Mario “Puddicinu” e in compagnia di un vinile
di Albert King che come disse Bill
Graham era il più grande, il più grosso, il più cattivo, della triade dei
bluesman elettrici, ci avevo dato dentro di brutto con la vodka. Cosi quella
mattina facevo i conti con i postumi della sbronza, ma anche con me stesso. Le
cose nella mia vita non erano andate per come avrei voluto e sperato, ma non potevo
manco lamentarmi troppo. Alla fine sbarcavo il lunario ed ero stato abbastanza
fortunato a ritrovarmi ancora vivo e vegeto. Certo qualche rotella nella mia
testa non aveva mai ruotato nel verso giusto, ma sfido chiunque a trovare in
giro una persona sana di mente. Il bere ti aiuta quando il mondo diventa
triste e scuro. Quando pensi che tu ti stia consumando in questa vita, invece
di vivere. Che se ne dica l’alcol diventa terapeutico. Ti fa credere che non
tutto è privo di senso. Anche se dopo con il mal di testa, e una certa nausea, te
ne resti da solo a rimuginare e meditare. Mi ero svegliato con quei pensieri
che mi frignavano nel cervello, che mancava un quarto alle undici. Dopo aver
fatto i miei bisogni e infilato sotto la doccia, mi ero tolto la barba bianca che
mi ornava il viso profumandomi con la lozione al mentolo che avevo comprato al
supermercato. Stavo considerando che non mi sentivo troppo male, quando il
telefono iniziò a squillare. Alzai la cornetta e all’altro capo del filo per
un attimo ci fu soltanto silenzio. Stavo per rimettere giù, quando la
voce tenera di Tonyilpoeta mi bloccò. “Sai Bart siamo tutti fregati. “Non c’è
scampo per noi”. “Siamo destinati a una sopravvivenza mediocre. “Diamo la
caccia a quello che non avremo mai”. “E giorno dopo giorno va sempre peggio”. Senza
proferire parola riagganciai. Non era quello il momento per ascoltare certe
elucubrazioni. Neanche un minuto, e il telefono riprese nuovamente a suonare.
Tony doveva essere in pieno miraggio esistenziale, ma quella mattina non avevo
spazio per ascoltare chicchessia. E non risposi più. Tanto pensai ci saremmo visti
l’indomani sera al bar da Gino. Mi accomodai sulla sedia di legno e sorseggiai
il caffè, che tenevo in mano. Dopo mentre mi vestivo presi a canticchiare.
Hey Joe, dove stai andando con quella
pistola in mano Hey Joe, ho detto dove stai andando con quella pistola in mano.
Sto andando a uccidere la mia vecchia signora. Sai, l'ho trovata in giro con un
altro tizio. Sto andando a uccidere la mia vecchia signora. Sai, l'ho trovata
in giro con un altro tizio e questo non va bene.
Ciao tesoro! Cosa ti porto? Mi chiese con tono
seducente Maria Elena la cameriera del bar Crystal, prima che montassi di
servizio. La osservai in quel suo faccino bianco e paffutello, e mi resi conto
per la prima volta da quando frequentavo quel posto che non era per niente
male, con quelle tette che gli esplodevano dal maglioncino attillato, e quel
culetto tondeggiante che metteva ben in mostra. A insistere a guardarla mi venne
duro. Non sapendo a quel punto cosa fare accesi una sigaretta e
mi allontanai alla chetichella. Quel pomeriggio dovevo ramazzare e candeggiare, le
scale A, B, e C di un grosso condominio. Era anche il giorno delle sorprese. “Tutto Brilla” la ditta per cui lavoravo mi aveva affibbiato una nuova compagna. La tipa si era infilata le cuffiette
del telefono nelle orecchie e da quando era arrivata non faceva altro che masticare
chewing-gum. Ogni tanto mi tirava uno sguardo che sapeva di schifo. Come dire: sembri uno sfigato mostruoso. Per un po’ la lasciai fare lavorando di buona
lena. Ma siccome alle volte sento la voglia di fare lo stronzo decisi di fargliela
pagare. Dapprima iniziai con cautela a farle qualche complimento per il suo
modo di operare. Siccome la cosa non attecchiva più di tanto, gli chiesi cosa
stesse ascoltando nelle cuffie. Questo trucchetto al novantanove per cento funzionava
sempre. Difatti lei cambiò subito espressione, e iniziò a parlarmi con entusiasmo
di Jovanotti e del suo ultimo disco, che ascoltava ormai da giorni. Mentre continuava
a parlare sostenendo cose strabilianti su quel cazzone, frugai nelle tasche
cercando il pacchetto di sigarette. Ben mi stava. Era tutta colpa mia, me l’ero
cercata. Ero stato punito a dovere. A un certo punto non sapendo come
fermarla, le chiesi se conoscesse Johnny Cash. Mi guardò stranita, cascando letteralmente
dalle nuvole. Johnny chi…? Fu in quel preciso istante che partì di quarta e gli
spiattellai tutto quello che pensavo del suo mito. Che era stonato come una
campana, e che solo in Italia che è un paese del cazzo, potevamo avere una
simile schiappa in cima alle classifiche. In altri posti lo avrebbero preso a
pietrate. Non c’era nessuna ragione perché questo demente, che è anche di una
noia mortale, continuasse a incidere dischi. Erano le tre e mezzo del
pomeriggio e stavamo per finire di pulire la scala B, quando lei scoppiò in un
pianto a dirotto irrefrenabile. Neanche questo però riuscì a fermarmi. Continuai
impassibile a inveire con tutti gli epiteti che mi passavano per la mente, contro
quel cazzaro. Ero davvero un bastardo, un degenerato senza cuore. Cristo santo pensai. Come mi ero ridotto. Ero davvero impazzito. Poi incominciai a tremare e
a sudare. Lei terrorizzata scappò via. Terminai di pulire la scala B, percorsi il
corridoio e raggiunsi la scala C. Il delirio era terminato.
C’è un killer sulla strada. Il suo cervello si sta contorcendo
come un rospo. Goditi una lunga vacanza. Lascia giocare i tuoi bambini Se dai
un passaggio a quest’uomo, il dolce ricordo morirà. Killer sulla strada.(Riders On The Storm)
Ero un
perdente. Non c’era motivo per essere stato così cattivo, riflettei mentre
tornavo a casa. Ognuno si ciba di ciò che vuole, di quello che gli procura più
piacere. Non ero nessuno per giudicare gli altri. Non era colpa sua se non
conosceva quel vecchio degenerato di Johnny Cash. Non lo conoscono in tanti,
eppure sono appassionati di musica. Mica puoi fargliene un torto. O peggio
ancora metterli alla fucilazione. Certe cose sono più serie di quanto
sembrano. Non ero orgoglioso di come mi ero comportato. La verità è che se in
questo mondo non hai la grana in tasca, non sei nessuno. Solo quella ti offre
la libertà. Il resto sono balle! Anche con la musica funziona in questo modo. Aveva ragione lei. Probabilmente non volevo capire, e rassegnarmi a una musica omologata. Buona
per chiunque. Come sempre brancolavo nel buio. Una pena tira l’altra. E’
difficile rendersi simpatici agli altri. Uno ci prova cerca di stare attento
con le parole, balbetta per non ferire nessuno. Poi a un tratto gli eventi ti
sommergono. Il tuo inconscio reagisce a quelle provocazioni silenziose e
latenti, che ti feriscono. Ed esplodi. E’ un fatto naturale. Alla fine si resta
soli. Ero davvero invecchiato in malo modo. Non puoi cambiare un gioco che va
avanti da secoli. Soltanto battendo le mani. Troppo complicato. Un vero
inferno. Ma le canzoni non sono uguali per tutti. A me piacciano quelle lente e
scure. Quelle che raccontano della vita, delle menzogne, della vergogna, dei
poveri, dei derelitti. La gran fatica dell’esistenza. Le canzoni che provocano, e
ti fanno urlare, per quanto orrore ci trovi dentro. Un’allucinazione. Non ci
tiene nessuno a sapere la verità. Hanno l’orticaria, le persone alla sincerità.
Gli basta una canzoncina allegra, per giustificare tutto. Ne va della loro
igiene mentale. Ma in mezzo a questa follia, ci sono anche quei baci rabbiosi, e
i silenzi, le paure, la notte, certi sguardi, e quel treno per tornare a casa. Bisognerebbe
imparare a vedere le cose con i propri occhi, e non con quelli degli altri. Mi
sono girato pensando che ci fosse qualcuno che mi stesse seguendo. Mi ero
stufato di correre. E’ un mondo bizzarro. Eppure ti prende sempre quella voglia
di andare a vedere un po’ più in là, di ritrovarti tra le macerie.
Hey Joe, ho detto e adesso, dove te ne
andrai? Adesso dove te ne andrai? Hey Joe, ho detto adesso, dove te ne andrai?
Dove, dove andrai? Be', scava Andrò a sud, verso il Messico va bene! Andrò a
sud, a sud dove posso essere libero, nessuno mi troverà Non ci sarà nessun
boia, non mi metterà una corda intorno al collo farai meglio a crederci adesso
devo andare. Hey Joe, è meglio che ti muova arrivederci a tutti Hey Joe, uhh
vattene via.
Dovevo mantenermi in un equilibrio stabile. Del resto
m’importava assai poco di tante cose. Facevo fatica a superare certe notti, e
certi ricordi. Ruzzolavo nel precipizio di me stesso, nelle mie paure. Ormai da
tempo non avevo più l’abitudine di dormire profondamente. L’inquietudine era
sempre più padrona della mia esistenza. Chi non dorme ha difficoltà a fare
tutto. “Queste cose sono venuto a sapere”.
E’ una canzone di James McMurtry
contenuta in Complicated Game il suo
ultimo disco. Canzoni di rock’n’roll per uomini soli e impolverati, folli e normali.
Cose vecchie che sembrano nuove. Non c’è ne sono poi così tante in giro. Me li
sono prese così come sono arrivate. Per difendermi. Prima di andare a dormire. Quando
entrai in casa mi sentii come se fossi entrato nella mia tomba. Tanto c’era
silenzio. Accesi la luce della stanza, e quel crescente smarrimento che provavo,
si fece ancora più forte. Forse dovevo trovare il coraggio, o la disperazione, per scappare via per sempre da quella città. Mi sono preparato da mangiare. Un
panino con una fetta di pollo arrostito. Ci ho bevuto una birra grande
ghiacciata. Ero confuso non sapevo più un cazzo. Dovevo rimettermi in riga. Dovevo
riflettere. Bevvi un sorso lungo e generoso di whiskey, direttamente dalla
bottiglia. Dopo feci una pausa inspirai, espirai, cercando di gettare via
l’ansia che mi attanagliava. Alle volte ci sentiamo perseguitati da qualcosa. È
un modo come un altro, per nasconderci dai nostri fallimenti.
Cammino lungo i binari, ho le lacrime agli occhi; sto cercando
di leggere una lettera da casa. Se questo treno mi porta con sé sarò a casa
domani sera, perché sono a novecento miglia da casa mia e odio il suono di quel
fischio solitario. Impegnerò il mio orologio, la mia catena, il mio anello
d'oro col diamante; se questo treno mi porterà con sé sarò a casa domani sera, perché sono a novecento miglia
da casa mia e odio il suono di quel fischio solitario.
La notte era tranquilla, il bar Gino quasi pieno. Al
tavolino seduto con Tony oltre alla solita combriccola si era aggiunto Liborio
“Cinquemani” un appassionato di
musica inglese degli anni sessanta. Erano già tutti alticci, quasi sbronzi.
Eccoti finalmente, dichiarò il poeta. Ho annuito pensoso. Non durerà Bart continuò
guardandomi negli occhi, niente dura per sempre. Alla fine passerà anche
quest’angoscia che ti schianta. Stanne certo. Mi metteva un po’ a disagio
sentirglielo dire. A questo stavo pensando l’altro ieri mattina quando ti ho
telefonato. Ho fatto spallucce come per scusarmi. Qualcuno furbescamente ha
cercato di cambiare argomento. Chi preferite i Beatles o i Rolling Stones? Io
non partecipo a queste stronzate dissi ad alta voce. Già ne ho combinata una
delle mie, e non intendo ricadere nello stesso errore. E raccontai l’accaduto. Risero
tutti prendendomi bellamente in giro. Sei un irresponsabile mi grido alzando
il bicchiere Peppe “Briscola”.
M’inchinai bevendo in un fiato il boccale di birra rossa. Dopo Tony recito una
poesia di Montale, e per qualche istante calò il silenzio.
Spesso il male di vivere ho incontrato era
il rivo strozzato che gorgoglierà l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il
cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina
Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il
falco alto levato.
E’ facile rispondersi da
soli. Delle cose cui teniamo di più, un bel giorno cominciamo a parlarne sempre
meno, dobbiamo quasi sforzarci. Finiamo per averne le scatole piene di tutti e di
tutto. Non ci teniamo più ad avere ragione. A che serve? Ti viene lo schifo a
lungo andare. Ti viene sempre meno voglia di restare anche con gli amici.
Allora devi inventarti trucchi e scuse, cambiare il repertorio. Ma quanto potrà durare?
Hey Joe, ho detto e adesso, dove te ne
andrai? Adesso dove te ne andrai? Hey Joe, ho detto adesso, dove te ne andrai?
Dove, dove andrai?
Bartolo Federico
Bel racconto.Chi non ha provato a strimpellare Hey Joe? Gli accordi erano quei cinque ma perchè era cosi differentie da quella di Jimi? Buona serata amico.
RispondiEliminaChe emozione ogni volta che ti leggo caro amico mio..per la cronaca è il terzo giro che faccio con il tuo libro..
RispondiEliminaE Tommasino in prima pagina , mi piace proprio tanto..
Bacissimo!
Hey Joe, non richiedeva virtuosismi da parte di Jimi, era un pezzo perfetto da lanciare sul mercato londinese. Edwin Kramer un giovane tecnico del suono seppe riprodurre la tensione e le vibrazioni che Hendrix elaborava sulla sua chitarra.Hey Joe racconta una storia, è una canzone semplice per questo è magnifica. grazie Hyde
RispondiEliminaCiao NELLA ,grazie sempre per la stima. un abbraccio e stammi bene sopratutto...
RispondiEliminaA proposito Hyde se hai voglia e tempo ascoltati Otis Taylor – Hey Joe Opus Red Meat . ciao amico
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