Dalla finestra osservai il cielo farsi ancora più
scuro, mentre dallo stereo la voce di Lowell
George attaccò Dixie Chichen.
Alle volte certi dischi rispecchiano il tuo stato d’animo, altri ti spingono
verso le tue radici. Con i Little
Feat sono diventato adulto, e ci ho regolato un sacco di conti
interiori. Nei giorni in cui anch’io mi sono alzato al mattino con la gola
raschiata dalle troppe sigarette, e un freddo nelle ossa, che non se ne andava
in nessuna maniera. Ma quelle canzoni sembrano ancora possedere la chiave della
serratura. Non sai mai il perché questo accada ma serpeggiando, sterzando e
stridendo, sanno come arrivare in cima alle scale del tuo cuore. Sailin’ Shoes (1972) e Dixie Chichen(1973)
suonano quel blues&roll maledetto, che ti fa tremare come una foglia nel
buio della notte. Ha con sé quel furibondo richiamo della strada, che con le
sue speranze e i suoi desideri, conficca i suoi speroni nella profondità della
tua anima. Hanno il ritmo dello sferragliare dei treni, e il sapore delle cose
perdute. E’ come se tutto il sangue caldo del Mississippi, scorresse dentro il
corpo di Lowell George. E poi quando senti Roll Um Easy una di quelle ballate dolenti e drogate di
romanticismo mistico, i falliti del mio stampo, sentono di poter riprendere a
sognare. Oh I
am just a vagabond. A drifter on the run. And eloquent profanityIt rolls right
off mq tongue. And I have dined in palaces. Drunk wine with Kings and Queens.
But darlin', oh darlin'. You're the best thing I’ve ever seen.
(Roll Um Easy) Da ricordare anche il doppio album Waiting For Columbus del 1978,
registrato al Rainbow Theatre di Londra. Un album che sta sul podio dei
migliori dischi degli anni settanta, insieme At Fillmore East degli Allman
Brothers Band, anno di grazia 1971. Waiting For Columbus è uno di quei
live che se non lo hai mai ascoltato, ti sei davvero perso qualcosa nella vita.
Sul palco i Little Feat suonano da paura, stirando le versioni dei loro
classici in maniera impressionante. Quello che viene fuori è una musica solida,
diretta, e mai troppo innocente, come non lo è mai il blues e la malinconia.
Nonostante tutto questo tesoro musicale Lowell
George è uno di quei musicisti di cui si parla sempre troppo poco. E non
c’è peggio di un agonia troppo lunga, per finire del tutto dimenticati. Con
l’età che avanza sono diventato debole e vulnerabile, come lo era Lowell George quando devastato dai suoi
vizzi nel 1979, pubblicò quel bellissimo disco solista che è Tank’s, I’ll Eau It Here. Ma si era
spinto davvero oltre Lowell, per
riuscire a venirne fuori integro. Nel maggio di quello stesso anno, un attacco
cardiaco si portò via un uomo sincero e vero, un musicista eccellente, un
bambino sperduto nella grande terra desolata del rock’n’roll, che sapeva scrivere
grandi canzoni con gli occhi e il cuore pieni di pioggia, e una malinconia
indelebile cucita nell’anima.
Ci fu un periodo che mi era presa una fissa per i Little Feat, non ascoltavo altro
RispondiEliminaLowell era uno con il cuore al posto giusto.
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