mercoledì 11 gennaio 2017

Un Minuto Per Pregare, Un Secondo Per Morire


Più me ne stavo disteso sul letto, più ero indifeso dai pensieri che mi assalivano e mi tormentavano. Il registratore a cassetta cigolava il sound rauco e sporco di un maleducato blues del Delta, cantato e suonato con una feroce intensità espressiva. La brezza si era mutata in un vento pigro e ostinato, che correva appreso ai miei pensieri, mentre l’aria era rigonfia di pioggia. Mi alzai e mi osservai nello specchio della stanza da letto e come succede quando invecchiamo, vidi riflesso il volto dei miei genitori. Me lo aveva detto anche lei che alla fine le cose che servono, sono quelle che lasciamo andare. Ma come uno sfigato bluesman, anch’io sono un ruvido lupo a cui piacciono le donne, la strada, e l’alcool. Appunto per questo quella sera dopo che lei se ne andò via in silenzio, ci diedi dentro. Lasciai terminare la musica e spensi il registratore. Sguainai la mia chitarra dal suo loculo rigido, e presi a suonarla nervosamente, cantando con la voce rotta Blood And Tears una ballata rock che tenevo stretta da qualche parte dentro di me. Dopo, inerme come una batteria scarica, ricordai che era stata una passione travolgente a trascinarci entrambi. E sarei stato disposto a tutto per proteggerla e farla felice. Ripensai a quella sensazione che avevo provato all’inizio della storia, e al suo scemare. Ma, ora, anche questo mi pareva un altro reperto del passato. Le cose alla fine non vanno mai meglio, finiscono solo per cambiare. Aveva mani magre e usava uno smalto rosso fuoco sulle unghie lunghe. Non aveva bisogno di molto per essere seducente. Lo era di natura. Ma era troppo perfetta per uno come me. Mai un pensiero controcorrente o un gesto fuori luogo. Non avevo cosa darle. Se non fare l’amore come non aveva mai fatto in vita sua, e questo me lo disse lei stessa girata di schiena. La danza dei fantasmi serviva agli indiani per resuscitare gli avi. Ecco un buon sistema per sopravvivere e rivivere. Ed evitare anche di parlare delle cose che ci fanno del male. Piangi mille lacrime Tesoro non disperare So che il tuo cuore sanguina ancora. Cara non ti preoccupare se c’è del sangue nelle tue lacrime. Tutta sola nella tua infelicità. Così tutta sola. Sei persa in maniera infinita. Da quando sei andata via Ho sentito che piangevi. (Blood And Tears-Danzing-) Appoggiai il disco sul tavolo rigirando la copertina. Chris Desjardins in arte Chris D, era stato il redattore capo della fanzine Slash ed aveva conquistato una certa fama underground come cantante dei Flesh Eaters, ma anche come produttore. Le retrovie del rock devono molto a Chris D.  Fire Of Love dei Gun Club, The Days Of Wine And Roses dei Dream Syndicate, Gravity Talks dei Green On Red, e Walk Among Us dei Misfits sono dischi che hanno visto la luce grazie a lui. E siccome ognuno di questi titoli ha una parte preponderante nella mia vita, in cuor mio non smetterò mai di essergliene grato. In A minute To Pray, A Second To Die un disco dei Flesh Eaters del 1981 ci suonano Dave Alvin, John Doe, Bill Bateman, Steve Berlin e DJ Bonebrake. A definire questo disco punk-rock si commetterebbe una scempiaggine e non gli si renderebbe giustizia. È questa davvero l’antitesi del vecchio cliché del rock. Un disco che come allora oggi suona rivoluzionario e combattivo. Visionario e precursore dei tempi, tanto che quando uscì non tutti capirono quello che avveniva in quei solchi. Canzoni che brillano di luce propria, in perfetto equilibrio e senza paura. Canzoni che guardano avanti, e che sono come un viaggio mentale tradotto in sensazioni partendo dalle radici del rock (termine che nessuno usava in quei giorni) per arrivare con il sax di uno strepitoso Steve Berlin in stato di grazia, a lambire territori sonori inusuali per una band di rock’n’roll. La forza di questo disco è anche quella di avere dalla sua parte musicisti che oltre a segnare una delle pagine più belle della storia dell’american music, erano pure persone coinvolte nella voglia di combattere le ingiustizie del mondo, con la musica e le parole. Il rock è dei giovani che dovrebbero tornare a riprenderselo, per continuare ad inquinare il mondo con la sua forza. Noi adesso possiamo solo tenergli la fiamma accesa, perché continui a rompere i coglioni al potere. Perché oggi più di prima il mondo ha bisogno del rock’n’roll. Le radio non trasmettono più musica alternativa, ma effetti speciali. Non c’è limite, e censura, nessuno può fermare la musica. Ma è come avere un profondo graffio nel cuore. La depressione che mi aveva colpito a più riprese per come mi aveva ridotto l’ultima volta, mi aveva costretto ad un ricovero in una clinica psichiatrica. Gli attacchi di panico erano troppo frequenti per non prendere seri provvedimenti. Mi misero un pigiama a righe, e dato una stanza dalle pareti bianco latte. Non c’era nulla oltre al letto e al comodino. La finestra era sprangata e avevano, da subito, incominciato ad iniettarmi dei sedativi. Avevo portato con me solo il libro “Viaggio Al Termine Della Notte”, niente musica. Ti stavo a dire lasciami fuori da qui, prima che io nasca. E’ una grossa scommessa quando assumi un volto. E’ affascinante guardare cosa fa lo specchio quando sono a cena, è sulla parete che io prendo il posto. Appartengo alla generazione vuota e posso prendere o lasciare ogni volta. (Blank Generation - Richard Hell) Si può combattere attraverso molte cose, ma io stavo lottando semplicemente con il collo di una bottiglia. Durante quel party dove lei mi aveva trascinato controvoglia ero circondato da gente imbalsamata, stretta nei loro vestiti firmati, che sorseggiava un Martini, e si scambiava falsi sorrisi di circostanza. I camerieri vestiti come dei pinguini servivano tartine, e ti riempivano il bicchiere non appena lo vedevano mezzo vuoto. Non sapevo più che fare Richard Hell era appoggiato ad un altoparlante wurlitzer, e teneva in mano una chitarra Fender Stratocaster. Sembrava più pallido del solito sotto la luce smorta del neon. Era vestito con una T-shirt strappata, aveva i capelli corti e arruffati, e portava il suo inseparabile giubbino di pelle nero. Lo stesso look che Malcom McLaren copiò, e che sarebbe diventato l’emblema del movimento punk. Richard Hell era un ragazzo che nutriva dentro di se il demone della ribellione. Era giunto a New York appena diciottenne proveniente dal Kentucky, e prima di diventare un musicista si era occupato di scrivere articoli per riviste underground. Aveva lavorato nella libreria The Strand insieme a Patti Smith, finché con il chitarrista Tom Verlaine diede vita ai Neon Boys. Ma erano troppo diversi i due per restare nella stessa squadra. Così Richard va ad unirsi agli Hearthbreakers, per poi subito dopo fondare una band tutta sua i Voidoids. E’ il 1977 quando sugli scaffali dei negozi arriva quell’autentico manifesto sonoro che prende il titolo di Blank Generation. Un rock nevrotico, secco e diretto discendente del Bob Dylan più allucinato e drogato che si ricordi. La voce tesa, irrequieta, di Richard si fa spazio tra le chitarre diaboliche di Robert Quinne e Ivan Julian, in un autentico inferno metropolitano. Ci deve essere sempre una luce a schiarire la nostra esistenza. Sempre. Richard Hell riuscì a trasformare la musica rock in poesia maledetta, ridando una nuova speranza a quei ragazzi che stavano sospesi nel limbo metropolitano. Terry Ork era il manager della libreria cinematografica dove Richard Hell e Tom Veraline lavoravano. Gli piacevano i ragazzi carini a Terry e quindi era sempre molto socievole con i due. Fu lui quando seppe che stavano formando una band che gli fece conoscere il chitarrista Richard Lloyd. Nello scorso anno è uscita una doppia raccolta di tutti i 45 giri che la casa discografica Ork Records, fece uscire nella sua breve vita. Fondata nel 1975 per far uscire il singolo di debutto “Little Johnny Jewel” dei Television durò un quinquennio, e fu il trampolino di lancio di gente come Alex Chilton, Chris Stamey, Marbles, Richard Hell, The Feelies, the Idols, Richard Hell. Musica grezza e poco rifinita rispetto ai canoni del tempo, ma vera e dirompente. Una raccolta che è uno squarcio di artisti cresciuti sul palco del locale CBGB, un incredibile epoca quella per il rock’n’roll. Vogliamo che la parola esploda nel discorso come una mina e urli come il dolore di una ferita e sghignazzi come un urrà di vittoria". (Vladimir Majakovskij) Il mattino si era trascinato portando ancora con sé pioggia e vento. Faceva freddo e l’umido della notte mi aveva accartocciato e intorpidito. A furia di starsene da soli, ci facciamo un sacco di pregiudizi su tutto e tutti. Anche su di noi. Avrei voluto dirle che il tempo passato insieme era stato un bel tempo. Che a letto si andava d’accordo e per questo ci saremmo anche potuti adattare nella vita di tutti i giorni. C’era forse tanto altro da dirle ma non lo feci. Marc Bolan è morto in un incidente automobilistico nel settembre del 1977. David Bowie, in questa occasione, si è fatto promotore di un fondo a favore di Roland Bolan, il figlio di due anni di Marc. Gloria Jones la donna che guidava l’auto e che conviveva con Marc da più di tre anni, invece, se l’è cavata nonostante le varie lesioni, compresa una alla mascella. Da una radiolina accesa mi parve di riconoscere le note di “Gimme Shelter”, nella versione oscura e demoniaca di “The Sisters Of Mercy”. “Ti dico l’amore, sorella, è lontano solo un bacio, è lontano solo un bacio E ‘lontano solo un bacio, è lontano solo un bacio”. Ma non ne ero sicuro intontito com’ero dai sedativi. Forse era solo un vago ricordo del mio passato. Avevo la bocca impastata come se avessi mangiato colla, e mi era ritornato il mal di testa. Sdraiato su quel letto, vidi il mio corpo fluttuare e andarsene alla deriva, per poi imboccare una strada buia. Ma nessuna cosa è davvero così malevola come lo sono gli uomini. Dopo mi sono messo a tremare dalla testa ai piedi. Fino a quando non mi è sopraggiunta una grande stanchezza, e una qualche forma di rimorso. Non sembrava una puttana. Come io non sembravo un coglione. Non ho chiamato nessuno. Ho smesso da solo di tremare. Majakovskij, fu la prima rock’n’roll star russa. Un poeta anarchico, con una faccia triste come la mia. Uno che si scagliava contro tutti e che credeva nella rivoluzione. La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici» scriveva. Una mattina, dopo essersi guardato intorno, si sparò un colpo dritto al cuore. Howlin Wolf lo chiamava il piccolo lupo, e Booba Barnes si crogiolava di piacere.  Non aveva un buon carattere l’arcigno Booba, e sapeva come ficcarsi nei guai. Suonava un blues sporco e rauco, con passione e avidità. Gli piaceva vivere senza vincoli, ma soprattutto senza che nessuno gli rompesse le palle. Dovevo ricominciare tutto da capo e risalire la china. Ma non avevo paura. E’ una strana cosa la paura, ti blocca e ti tiene fermo. Alle volte si perde tutto per niente, anche per quello che non hai fatto. La cicatrice aveva ripreso a bruciarmi. E dura quando ti ritrovi a secco e non hai nulla a cui aggrapparti. Allora ho tirato un respiro profondo, ho preso la chitarra, e suonato un blues. Stamattina quando mi sono alzato i blues passeggiavano intorno al mio letto, stamattina quando mi sono alzato i blues passeggiavano intorno al mio letto, quando mangiavo la colazione, pensate i blues erano tutti nel mio pane. (Good Morning Blues -  Huddie Ledbetter)

 Bartolo Federico


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