Ora vi racconto….
-Pronto chi è?
-Sono Tony- rispose con voce raffinata e calma il poeta -che fai stai dormendo?-
Che per come lo disse mi sembrò che mi stesse a prendere per il culo. Allora stetti al gioco.
-No, ero davanti alla tele che mi facevo le seghe- gli risposi assonnato ma lesto. -Dimmi Tony, come mai mi chiami a quest’ora? Forse la tua nuova ganza non ti ha lasciato scopare ed hai voglia di raccontarmi le tue pene d’amore, oppure non riesci a dormire ed hai pensato di sderinarmi i coglioni, o hai voglia di parlarle con mia zia Amalia. vuoi che te la passi? Vuoi che ti faccia adottare, vuoi uscire con lei per una cena o un tette a tette? Dimmi pure proseguii acido.
-No, no- fece lui -niente di tutto questo. E’ che ho appena scritto una poesia e ti volevo recitare i versi.
A quel punto nel bel mezzo della notte feci un rutto che per quanto era forte svegliai tutto il vicinato e corsi pure il rischio di morire soffocato, che se non era che gli volevo un bene della Madonna gli avrei staccato la cornetta in faccia e poi i suoi ciliegi con la pinza.
-Ah, mi vuoi recitare i versi- esclamai sarcastico, quasi gridando -Domani al bar da Gino non andava bene o dopodomani o fra una settimana, no eh! Alle due della notte devi recitarmi questi cazzo di versi.
-Sai Bart com’è quando mi prende quest’urgenza creativa- disse imperturbabile.
-No non lo so com’è.
E facendo il finto tonto continuò: -Ti ricordi quel libro che mi regalasti di Borges? Beh ormai è fisso sul mio comò ed ogni sera prima di dormire me lo leggo e lo rileggo, alle volte mi ispira il cuore, la mente e anche l’organo.
-Ok Tony risparmiami i dettagli- feci ,sbadigliando che quasi le mandibole non si richiudevano più -E leggimi sti cazzo di versi.
Con una voce impostata, alla Carmelo Bene, il poeta prese a declamare quella poesia che poi era bella assai, sentita e ispirata. Ma per ripicca quella sera non glielo dissi.
“Quale luce poteva ancora ferire quelle liquide fessure che il tempo scolorì fino a spegnere, memori di se stesse e del loro infinito viaggiare nell’umano sapere e nell’inaudita memoria, comandate e comandanti tra il genio e la penna? Luis, Jorge, padre saggio e paziente, dove sei governi pur oggi l’emozione terribile, ma la mano mi tendi,- Oh! Adesso sei solo! - perché di ogni buio il solo che temesti fu quello che t’accecò di morte”. (Il genio e la penna - di Tony Lo Presti -) “
All’indomani avevo finito il mio turno alla ditta di pulizie dopo una giornata in cui mi era riuscito di litigare con il mondo intero, perfino con il gatto nero di donna Elvira, la proprietaria della ditta dove lavoravo. Il micio stava appallottolato davanti alla porta dove tenevamo gli arnesi da lavoro e non ne voleva sapere di spostarsi. Allora io, vendicativo e incazzato per il sonno perso, dopo aver dato un occhiata in giro per accertarmi che non ci fosse nessuno nei paraggi, gli mollai un calcio nel culo che volò in aria per due metri che non appena ricadde in terra ballonzolò come una palla da tennis è se la svignò fuori miagolando per il dolore che mi dispiacque un po’ . Non era da me comportarmi cosi, ma ero talmente furioso che non c’è la feci per nulla a trattenermi. Quando Tony finì di recitare la poesia e mi diede sornione la buonanotte il sonno mi era passato del tutto. Mi ritrovai con due pupille spalancate che pareva mi avessero messo l’atropina e non feci altro che girarmi e rigirarmi nel letto e, proprio quando nella mattinata stavo per riaddormentarmi, ecco che nella stanza fece la sua comparsa zia Amalia che, con il suo solito garbo, accendendo la luce del lampadario che è una specie di candelabro con otto lampadine, mi invitava ad alzarmi per andare a lavorare. Era meglio tenerselo stretto quel lavoro di merda con i tempi che corrono, che solo al pensiero di dovere stare a sentirla se mi avessero licenziato….
Mi alzai di botto, tanto che mi girò la testa, e caddi in terra sbattendo il ginocchio sullo stipite del comò, che porca puttana mi fa ancora male. Era da un po’ che la buona sorte mi aveva abbandonato le cose mi giravano male e soccombevo agli eventi senza ribellarmi. Era strano il mio atteggiamento, del tutto inaspettato. Per questo motivo stavo tentando di conoscere questo mio nuovo lato. Mi ero quasi trasformato in Indiana Jones alla ricerca dell’io perduto. Mentre camminavo, radente al muro, diretto al bar da Gino con sti pensieri che mi frullavano nella capoccia, ripensai anche a quello che avevo letto poco prima nella sala d’attesa del medico di famiglia. Ci ero andato per conto di zia Amalia che si doveva far scrivere delle medicine. Quando vi giunsi, la saletta era piena di anziani che lamentavano i malanni più disparati. Presi il mio numerino e mi sedetti vicino ad una vecchietta che si era addormentata per la lunga attesa, ma a quanto pare questo non le impediva di tanto in tanto di liberare un puzzo silenzioso. La cosa più pazzesca è che ogni volta che lo faceva si svegliava guardandosi intorno, facendo finta di essere sdegnata per quel mal odore e gli riusciva talmente bene quella scenetta che ad un certo punto i presenti cominciarono a guardarmi come se fossi io l’autore del misfatto. Sentendomi un attimino in imbarazzo, per distogliere i loro sguardi cercai una via di fuga. Presi delle riviste dal tavolo, di quelle che vendono migliaia di copie, e mi misi a leggere, o meglio a guardare le modelle della pubblicità. Mentre scartabellavo svogliatamente le pagine incappai nell’intervista a un musicista, un certo Michael Franti che fino a quel pomeriggio non sapevo neanche chi fosse. La cosa che mi fece sobbalzare dalla poltroncina e che mi provocò quasi un attacco di dissenteria acuta (ed allora altro che puzzole della vecchietta) fu quando alla domanda del giornalista di cosa pensasse di Jovanotti, con il quale il tizio aveva collaborato, risponde, e lo cito in maniera testuale, “E’ un po’ come Bob Dylan “. D’accordo hanno affibbiato il nome di Dylan più o meno a migliaia di musicisti che si rifacevano alla sua musica, ma paragonarlo al nulla assoluto (e non me ne voglia il Jovanotti interessato) per me è davvero troppo. Sto Franti continua asserendo che Jovanotti non ha una gran voce proprio come Dylan (si è dimenticato a questo punto di dire che non sa suonare la chitarra proprio come Dylan) ma è un grande comunicatore. Che si fumasse un paio di canne e si rilassasse un pochino il bellimbusto sotto il sole di Bali dove soggiorna e che non rompesse i gabbasisi con ste’ cazzate! Già li sento protestare i politicamente corretti che in democrazia si può dire ciò che si vuole. D’accordo ,ma a tutto c’è un limite e bisogna mettere un freno ogni tanto alle parole visto che già facciamo una fatica boia a sopportare le cazzate che il nostro primo ministro e i suoi seguaci producono in quantità industriale, i vari La Russa, Maroni, Alfano, Sacconi, Brunetta,Tremonti, Santanchè e compagnia bella che solo a scrivere i loro nomi mi sbellico dalle risate, sarebbero stati ottimi comici (altro che Grillo) se a qualcuno non gli veniva l’idea di farli ministri. Ma nel nostro paese fanno le crociate contro il nulla, ovvero le donnine della tv, i senza talento che questa politica del “fotti, fotti che prima o poi ti sistemi” ha portato fin lì, quando il vero scandalo è in quelli che lo comandano sto bellissimo paese, a partire da quei furbetti o furboni fate voi della Lega Nord. A sentirli questi signori dovevano essere i nuovi moralizzatori, gli sceriffi del parlamento ladrone, i portatori di una nuova politica, si fa per dire, vicina ai bisogni dei cittadini del Nord, ma poi, pur di accalappiarsi il potere (c’è niente da fare dagli un cappello e anche il più umile dei posteggiatori si sentirà un generale) si sono piegati ai voleri e ai piaceri del Cummenda“gnocca fresca”, votando le sue leggi ad personam e fottendosene allegramente di quegli ignoranti e pecoroni, come loro credono che siano i cittadini. Sono stati serviti i vari Salvini, Borghezio, Cota, Bossi, Calderoli,(guardateli in faccia e pensate in che mani è questo paese) alle ultime amministrative i loro elettori gli hanno fatto un bel cucù di ringraziamento.
Ma ecco che il mal di stomaco aumenta esageratamente, e non è colpa del nuovo batterio tedesco, diventa addirittura più violento, tanto che devo stringere le gambe per i dolori addominali leggendo le dichiarazioni che quell’ipocrita della signora Marcegaglia presidente degli industriali italiani ha rilasciato. La tipa ha il coraggio di asserire che vincendo il SI per il referendum sull’acqua il paese torna indietro di 20 anni. Nessuno prova più vergogna a parlare, ma proprio nessuno! Questo paese lo hanno mortificato, lei e i suoi colleghi, prima applaudendo ed acclamando il “Reuccio di Arcore” ,poi delocalizzando la produzione manifatturiera all’estero con la scusa che il costo del lavoro in Italia era insostenibile. Hanno licenziato migliaia di lavoratori, maestranze preparate e competenti, hanno ridotto il paese alla fame e gonfiato i loro conti in Svizzera creando precariato e disoccupazione solo per una questione di profitti, di altissimi profitti. Hanno immesso sul mercato prodotti scadenti, di bassissima qualità, che tutti noi paghiamo a carissimo prezzo e che hanno ulteriormente gonfiato i loro conti correnti. Adesso si accorgono che la produzione è ferma, che l’Italia industriale (ancora esiste l’Italia industriale) per sviluppo è dietro l’India e la Corea Del Sud. E vuoi vedere che la colpa è di quelli che vanno a votare per il referendum, della Fiom, degli operai, del rock’n’roll, dei cassintegrati, dei precari, dei giovani ricercatori, di chi ancora si fa un mazzo a 800/1000 euro al mese, quando gli va bene, sopportando le loro ingiustizie le loro meschinità, le loro cazzate per cercare di dare un futuro a questo paese e a se stessi. E sono sempre più avviliti e demoralizzati. E’ sempre colpa degli altri, ormai lo abbiamo imparato molto bene questo motivetto, non scordiamoci che anche la sinistra ci ha messo del suo perché tutto ciò accadesse.
Ho davvero bisogno di un paio di buone birre ghiacciate per togliermi quest’amaro che mi è salito in bocca tutto ad un tratto e anche di quella pioggia che Robert de Niro sperava che arrivasse in “Taxi Driver” per ripulire dall’immondizia queste strade. Quando arrivo al bar da Gino, Tony sta giocando a carambola con Ciccio Juke-box e tra un tiro e l’altro parlano dei referendum. Per la prima volta li vedo andare d’amore e d’accordo su qualcosa, ovvero votare “SI” per i quattro quesiti referendari. Tony è veramente ispirato tanto che ad un bel momento, sarà stata la birra che si è ingollato, sale sulla sedia e inizia a parlare.
-Ragazzi- fà rivolto a tutti i presenti che si girano verso di lui -Bisogna imparare a combattere, a non mollare, anche quando davanti è tutto buio, non dobbiamo arrenderci perché è quello che loro sperano, lo si capisce dai discorsi che fanno, dai loro sorrisi, da quelle facce di plastica che mettono in campo, dobbiamo imparare a combattere anche per niente, ne va della nostra stessa vita, della nostra dignità. Andiamo a votare, e se non vi sentite motivati dai quesiti, andate solo perché loro non vogliono che ci andiate.
E fu a quel punto che anche il vecchio Peppe Briscola, U Baruni, Mezza Cicca, l’Americanu, Nino Muddica, u Vasa Vasa, Mimmo U Pulici, si alzarono in piedi ad applaudire, e il bar si trasformò in uno stadio, come per un gol dell’Italia ai mondiali di calcio (ma senza il nazifascista Buffon che, toccato nel suo mondo dorato, asserisce che l’Italia è sempre quella di piazzale Loreto. Cartellino rosso e squalifica a vita). Tutti ad abbracciarci.
-Tutti a bere, tanto questo giro offro io- grida Gino e tutti d’accordo che questa è l’ora buona per farci sentire una volta per tutte. Alla salute.
Quando uscimmo dal bar era mezzanotte passata, l’indomani era domenica e potevamo tirar tardi. Con Tony ci allungammo lentamente verso casa abbracciati dalle nostre ombre. Avevo con me i due cd che voleva doppiare e che mi aveva chiesto la sera prima al telefono. Con molta fatica glieli passai pregandolo di far presto.“Prodigal Son At the Main Point” è un bootleg di Springsteen registrato nel febbraio del 1975 e rimasterizzato. Quello show fu trasmesso sul canale WMMR è durava due ora e mezza, un’eternità per un concerto di rock’n’roll , ed è stato per anni un bootleg su vinile, ma io ne sono venuto in possesso da poco tempo. E’roba speciale, canzoni spaziali, di quelle che oggi non scrive più nessuno. C’è una prima versione di Thunder Road chiamata Wings for Wheels, una cover con piano,violino e fisa di I Want You di sua maestà Dylan che è un gioiello e capolavori come Incident on 57th Street, It Hard To Be a Saint In The City , Rosalita, Spirit In The Night, For You, New York City Serenade, ecc.. In quel periodo Bruce stava scrivendo e registrando Born To Run e qui si ascoltano le prime versioni di Jungleland , She’s The One , la stessa Born To Run, canzoni che faranno dell’uomo di Asbury Park una stella planetaria. Questo è lo Springsteen che ho amato perdutamente, quello che si sapeva donare senza veli, perso e stralunato, il Jesse James del rock’n’roll, che ha lacerato l’anima ad una generazione di sognatori che sfrecciavano lungo le highway ”come lampadine bruciate di una ruota del luna park”(Tom Waits). Se poi le cose per lui con il tempo hanno preso un'altra piega pazienza. Volenti o nolenti resta l’uomo che ci ha fatto credere nella musica come fonte di redenzione, il fratello maggiore che non abbiamo mai avuto e siccome sono invecchiato e mi commuovo facilmente qui ci metto un punto.
In questi giorni turbolenti mi son stretto alla malinconia delle canzoni di Jeffrey Foucault di Horse Latitudes, un disco che entra in circolo man mano che lo si ascolta e, non so perché, ho come l’impressione di trovarmi vicino ad un piccolo capolavoro di quelli che resteranno sconosciuti ai più, canzoni per chi vaga sperduto in quei territori che i viaggiatori dell’anima conoscono bene. Storie per tutti gli squinternati di vita usciti a tarda notte da un cinema di periferia che non trovando più la strada di casa nella penombra bluastra, timidi e fragili come ombre tremanti, si nascondono. Uomini che sono caduti fino all’ultimo gradino ma che hanno ancora un soprassalto di delicatezza, piccoli eroi che non vede nessuno. Macchioline scure sotto le luci al neon.
Tony era arrivato ma io non avevo voglia di rientrare a casa ed allora proseguii da solo contando i miei passi nei dintorni della città. Il cielo era diventato di piombo e mi sentivo come se la vita mi nascondesse qualcosa, mi prendesse qualcosa. Ma cosa?
Bartolo Federico
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