Aveva lavorato come cuccettista,
per tutta la vita sul treno del Sole, quello che partiva da Palermo alle due del
pomeriggio e arrivava a Milano alle dodici del giorno dopo, se tutto andava
bene. Tante volte c’ero salito anch’io quando mi spostavo in cerca di lavoro. Me
le ricordo ancor nitidamente quelle notti su quei lettini pidocchiosi, stretti e
angusti. Anime intorpidite a faccia in
su. Uomini soli gettati nel fondo della notte, fra bagagli grandi come case e
puzza di piedi. Uomini in fuga dalla miseria e dalla mediocrità. Eppure, è in
quei viaggi che mi sentivo come un vero bluesman e quella comunanza mi rendeva il
viaggio meno duro, meno amaro da sopportare. O, forse, in quel tempo mi accompagnava
la speranza. Era davvero come vivere in una canzone di Charlie Patton. Osservavo
curioso gli altri viaggiatori appisolati
sui sedili, facce sconosciute, sorrisi spenti, occhi sconsolati, che guardavano
assorti il paesaggio scorrere dal finestrino opaco per la sporcizia. E quando calava
il tramonto eravamo fermi ancora alla
stazione di Napoli Centrale. Allora dalle buste di cartone marrone , tiravamo
fuori i panini imbottiti con la mortadella o con il salame, che erano avvolti
nella carta stagnola. E dopo, anche le arance sanguinelle e c’era sempre qualcuno
che aveva portato il thermos con il
caffè caldo. Passeggeri pronti a dividere tutto quello che avevamo con chi
magari non aveva nulla. L’ altruismo dei poveri. Uomini, ragazzi, anziani,
volti con cui ho diviso per una notte i sogni e che non ho incrociato mai più. Adesso
anche loro fanno parte dei miei fantasmi. Che non sempre sono dei morti.( Tratto da Viaggiatori Nella Notte -Bollettino Delle Emozioni 3. (Al bar da Gino)
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