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raminghi tra Mediterraneo e Mali. Imbarchiamo
un altro naufrago, e non potevamo farne a meno: Bart, autore di Viaggiatori
nella Notte e curatore del blog Dustyroad.
Amico – virtuale, ma molto meno di altri in cane ed ossa – di vecchia data.
Attenzione:
qui non è luogo di elogi ad Eric Clapton o elegie per B.B. King; qui sono
banditi l’accademismo e lo storicismo.
Contributi
di:
Evil
Monkey
Massimiliano
Manocchia
Vlad
Bartolo
Federico
immagine
di copertina a cura di Mr. Hyde
***
Bart:
Il blues è refrattario come gli anarchici.
Nella
scrittura, duri e puri, lo sono stati Cèline, Bukowski.
Nella
musica, Captain Beefheart è quello che, tramite la ruvidità del blues, ha
mostrato al mondo il suo delirio interiore. Per questi artisti potete usare
qualunque aggettivo, insolenti, provocatori, eccessivi, geniali, vedrete che
gli calzerà a pennello.
Il
blues è l’uomo nella sua reale miseria. Qualunque essa sia.
È
la sua reazione a quello stato che non sopporta più, che genera il blues. Il
blues non è la lista della spesa, i buoni o i cattivi, il bianco o il nero. Il
blues è la desolazione senza sbocco, il sapere che nessuno oltre te, può fare
qualcosa per la propria esistenza. Per questo il blues non è di sinistra. Come
invece hanno cercato di farci intendere i critici musicali di quell’area
politica, mettendone in risalto solo la condizione sociale, da cui scaturiva.
Il blues si è sempre abbeverato nella disperazione, nel pessimismo. Il blues è
abdicazione al potere. Il blues non è rivoltoso. Chi lo ha pensato si è
sbagliato di grosso. Un tempo ho fatto anch’io questo errore. Può arrivare da
qualunque parte, il blues. Ma chi lo canta ha bisogno di cose materiali, ha
bisogni veri. Perché è in quel momento che ha cessato di essere rispettabile
all’occhio del mondo. Il blues del Delta è musica pura, di uomini puri, che
ancora non si sono massificati, perché suonavano se stessi. A quel tempo il
blues era tutto istinto. E l’istinto è poesia. Almeno per quanto mi riguarda.
Poi il blues come ogni cosa che cammina, è diventato qualcos’altro. Ma non sta
a me giudicare.
Safe As Milk,
ha dentro di se quella purezza primordiale.
E.M.: Cosa
c’è veramente di primordiale nel blues?
Ripenso
ad Ulisse, a Schwingungen degli Ash RaTempel; e ad una riga scrittami da Mr.
Hyde per mail “Mi sono lasciato
suggestionare da Omero e dai contenuti 'blues' dell'Odissea, il girovagare, le
donne, il vino e il loto”.
A
suo tempo scrissi qualcosa sul disco degli Ash RaTempel:
“Quando la melodia
getta finalmente l'ancora, i naufraghi del cosmo trovano la loro casa. Una voce
suadente, fascinosa, carezzevole; che non è più il subdolo canto della Canzone
delle Sirene di Buckley, ma la melodia che Odisseo udì appena poggiato il piede
sulla spiaggia sassosa di Itaca.
Il canto di casa.”
Empatia?
Allora,
quanto è “blues” questa Odissea? C’è il vagabondare: con una meta, ma senza una
strada. C’è una donna da ritrovare, che lungo il percorso però viene tradita,
perché le circostanze sono forti e la carne eternamente debole. C’è il vino,
c’è l’oblio, i compagni di viaggio.
Eppure
faccio un’enorme fatica ad associare in qualche modo la mitologia classica alla
mitologia blues, che affonda le radici in un passato molto più prossimo e in un
territorio che tutt’al più può essere quello del bacino del Congo, piuttosto
che del Mediterraneo.
Non
è la “primordialità” di Odisseo la stessa del blues, con buona pace di Tales Of Brave Ulysses dei Cream, una
minima coincidenza puramente accidentale.
Forse
è primordiale per tecnologia (o non tecnologia), anzi forse è quel suo essere
intrinsecamente anti tecnologico.
O
magari è primordiale nella voce, nella forma più che nei contenuti,
nell’espressione, nel lessico con la sua fissità da fossile vivente.
O
forse abbiamo solo scelto l’Ulisse sbagliato.(Massi gradirà questo assist…)
E
poi c’è una cosa che vorrei sapere da Bart: è possibile un blues svincolato dal
“sud”?
Di
qualunque “sud” si tratti: geografico, politico, sociale. Dovunque si trovi.
South Side Blues Jam di
Junior Wells suonerebbe altrettanto bene come North Side Blues Jam?
Il
profondo “sud del Sud dei santi”.
E’
lì che nasce tutto, anche nella nostra piccola penisola?
Bart:
Il blues ha tempi lenti, dilatati. A dispetto dei suoi esecutori, si muove poco
è pigro, sonnecchia svogliato di fronte alla palude, o al grande fiume, o
scrutando il mare. È nelle corde di chi nasce, dimenticato dal mondo nei luoghi
dove il tempo sembra non esistere, dove tutto viene rimandato a dopo, dove non
c’è molto da fare, che il blues è nato. Nella polvere del sud, nelle comunità
rurali della gente di colore. Il nord è solo la terra promessa. Dove c’è lavoro
pagato per tutti (una volta)…
“Il
blues è nato nei campi di cotone dove si lavorava duro e il padrone non pagava”.
(Sonny Terry)
Il
blues per come lo sento nella mia anima, resta ancorato ai paesaggi, ai colori,
alle sensazioni, che solo il sud possiede. Poi è possibile anche un blues fuori
da quei luoghi. Certo che è possibile. Ma suona in un altro modo. E’ un'altra
cosa. Vlad la scorsa volta ha fatto la differenziazione tra quello che
per lui è blues, è quello che non lo è. Parlava in prevalenza di bianchi, se
non erro. Ma chi è più blues tra: Blind Willie Mctell, e Sleepy John Estes?
Il
blues del delta è musica ostica ,difficile da digerire, non è adatta al mercato
radiofonico. Non tutti hanno la pazienza di ascoltare quei suoni sghembi,
ossessivi, che non seguono alcun tempo,e vanno a ruota libera. Quando si parla
di blues, si parla sempre del blues elettrico, per giunta fatto dai bianchi. Ma
quella è la Musica Blues. Non è il Blues. Il blues tradizionale non
si può trascrivere, è strano, dopo tre pezzi ti rompi i coglioni. Certo se non
c’erano i musicisti bianchi, anche Robert Johnson non sarebbe diventato una
leggenda. Ma quanti fruitori di musica hanno davvero ascoltato Robert Johnson?
Il blues tradizionale è quello meno conosciuto, il più declassato.
Per
questo è nato Dustyroad.
Scrivo i miei racconti con la speranza che chi legge, si possa innamorare di
quei pezzenti, e andare anche per un solo attimo ad ascoltarli. Il mio compito
è questo. In nome del Blues. Del sud.
Massi: Eccome
se gradisco l’assist, caro Evil. Vorrei prima però soffermarmi su
un’affermazione di Bart che trovo tanto sorprendente quanto vera: “[…] il blues non è di sinistra.”
Sorprendente perché va senza dubbio contro corrente rispetto alla convenzione
(o luogo comune) che vorrebbe la cultura appannaggio della sinistra; vera
perché se oggi, nel 2014, siamo ancora qui a parlare di blues - e non, ad
esempio, di ragtime o di twist - la
ragione va forse ricercata proprio in quel suo non essere ideologico che lo
rende universale: pur mutando, o meglio, proprio in virtù della sua capacità di
mutare, il blues va nutrendosi della propria continuità, della propria
“adattabilità” al momento, ben lontano dalle banalizzazioni modaiole del carpe diem o da certo “compassionismo”
estetico, tanto in voga in una società come la nostra dove il politically correct è ancora d’obbligo.
Il bluesman – il vero bluesman,
intendo – se ne fotte del politically
correct e se ne fotte anche della legge. Cito ancora Bart: “Il blues è l’uomo nella sua reale miseria.
Qualunque essa sia.”
Ed
è qui che raccolgo l’assist fornitomi da Evil per spostarmi su un terreno che
mi è caro tanto quanto quello della musica: la letteratura.
Splendide
le suggestioni omeriche di Mr. Hyde, e forse il collegamento tra “mitologia
classica” e “mitologia blues” potrebbe trovarsi in quello che ritengo essere il
libro più importante del Novecento e che delle peregrinazioni di Ulisse dà una
lettura parodistica, ricostruendo in chiave modernista l’intera epopea omerica.
Una delle innumerevoli chiavi di lettura di Ulysses
è il neanche troppo velato sberleffo al vittoriano “eccesso di civiltà.” Mr
Bloom è un outsider, è l’eroe moderno
colto “nella sua reale miseria.” Umana, aggiungo io. Joyce recupera un mito
classico (quello, appunto, di Ulisse), ne decostruisce l’ellenicità e lo
trasforma - parodiando un altro mito, quello dell’ebreo errante - nell’eroe
moderno. Lo sottopone a continue umiliazioni, sfide e derisioni; lo colloca in
situazioni complicate e fastidiose; ce lo mostra nei suoi momenti più
vulnerabili, umani, ordinari (mentre defeca leggendo il giornale, ad esempio) e
ci regala il flusso costante dei suoi pensieri, guidati dal bordone di una
malinconia incessante e, a tratti, dolcissima. Come il suo creatore, ebreo di
origini ungheresi in terra d’Irlanda, Mr Bloom è un esiliato in patria. I
continui richiami alla fascinazione per l’oriente nei suoi monologhi hanno la
stessa profondissima essenza delle “lamentazioni” del delta del Mississippi.
Costretto
a soffrire il trauma emotivo e psicologico del tradimento della moglie,
dell’antisemitismo, di un’esistenza vissuta ai margini della società, Mr Bloom
sostituisce lo stoicismo greco con l’umana imperfezione. Joyce ne dettaglia le
più banali attività quotidiane e mette in evidenza, talvolta con tocco di
compiaciuto feticismo, peccati e tabù dell’essere umano:
defecazione, minzione, golosità, masturbazione, voyeurismo, alcolismo,
sadomasochismo, ecc.
Se
– in aggiunta a quanto teorizzato nelle precedenti conversazioni – il blues è anche uno stato d’animo, allora Mr.
Bloom è uno dei personaggi più blues di sempre.
Non
credo sia possibile un blues “svincolato dal sud,” se per “sud” intendiamo i
confini connotativi tracciati in precedenza da Vlad, e condivido l’acutissima
distinzione di Bart tra “blues” e “musica blues” (bellissimo tema, peraltro, da
sviluppare); tuttavia un blues iperboreo è possibile, ma sarà sempre
derivativo, e gli Ash Ra Tempel sono lì a dimostrarlo.
Alla
stregua dell’apprendista che, all’inizio del suo percorso iniziatico, viene
posto davanti al bivio tra “via umida” e “via secca”, Il blues(man) rappresenta
l’eterno dubbio dell’uomo che non ha ancora deciso se seguire il “canto di
casa” o lasciarsi avvolgere nel dolce oblio del “canto delle sirene.”
Vlad:
il blues non è di sinistra. Bene. Il
blues non è rivoltoso, non è di sinistra. Non è attivo. Son d’accordo: infatti
appartiene a chi ha già perso. Come ho già detto: si cerca di riguadagnare la
propria patria (la propria cultura) nelle terre del vincitore; spesso con gli
strumenti stessi del vincitore. I canti di guerra non sono blues; le trombe
dell’attacco di cavalleria nemmeno; gli inni di vittoria neanche. Al blues
appartiene la sconfitta, inevitabile. In un certo senso: il blues si crogiola
nella sconfitta e nell’elegia; non gli è indifferente, tuttavia, lo sberleffo
per il vincitore.
Blues e sud.
Nei limiti tracciati sopra: se al blues appartiene la sconfitta, per Sud
occorre intendere gli sconfitti, gli esiliati, gli immigrati, i senza patria. I
nordici emigrati a Pittsburgh avevano i loro canti di lavoro blues: erano Sud
anch’essi. Andrew Kurely
(operaio slovacco immigrato autore di American land) è Sud e blues; i Blues
Brothers no. Andrew Kurely, come Robert Johnson, è blues; i Blues Brothers
fanno musica blues.
Odisseo.
Ulisse alla corte di Circe o di Nausicaa ha improvvisato sicuramente canti
blues. Ne ho la certezza. Appena rientrato a Itaca avrà deposto l’elegia e
cantato un inno di guerra: era a casa, infatti.
I
Greci, distrutti dall’economia di rapina, esiliati in patria, suoneranno blues.
Presto intoneremo blues anche noi.
A
margine di Odisseo. C’è un libercolo interessante in giro: Felice Vinci, Omero
nel Baltico. Più che un libro è una affascinante congettura. In esso l’autore
ipotizza che l’Iliade e l’Odissea fossero originariamente ambientate nella
regione baltica (Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia) e quindi, dopo la
migrazione dei popoli nordici verso il Sud (lungo le direttrici dei fiumi
russi), riadattate al contesto mediterraneo. Omero sarebbe, perciò, un bluesman
situato a Sud che rimpiange elegiacamente il Nord; e in tal caso il Nord
sarebbe davvero un Sud.
Una
proposta: considerare il blues come l’elegia cantata dei poveri, dei
diseredati, dei senza patria, dei nostalgici. Dei sudisti dell’anima.
PLAYLIST
Captain Beefheart &
His Magic Band - Safe as Milk (1967)
Cream - Tales of Brave
Ulysses
da: Disraeli Gears (1967)
Junior Wells - South Side
Blues Jam (1970)
Perfetto, hai fatto bene ad aggiungere i brani della playlist da fare ascoltare!
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