sabato 30 agosto 2014

Soffia Vento Soffia (sui miei diavoli blu)



Perché nasconderlo? Ascoltare certa musica mi è venuto sempre complicato. Con i Beatles, ad esempio, non sono mai riuscito ad entrare in sintonia. Eppure ho cercato di scrollarmi di dosso  quei pregiudizi che in qualche modo, e mio malgrado, avevo alimentato nei loro riguardi. Fra i tanti, il solo fatto che piacessero a mia sorella bastava  per farmeli stare sulle palle. Ma avevo deciso di fare il musicista e non potevo permettermi di avere i paraocchi di fronte ad un gruppo considerato fondamentale per l’evoluzione del pop - rock. Così un giorno acquistai tutti i loro dischi e qualche libro  a loro dedicato ma, per quanto armato di questi buoni propositi, naufragavo sempre dopo l’ascolto di un paio di canzoni. Mi rendevo perfettamente conto che ero tra i pochi al mondo a non riuscire ad amare una band che ha fatto impazzire milioni di persone.  Nel buio della mia stanzetta mi chiedevo come potesse accadermi questo? C’era sicuramente qualcosa in me che non andava. Sentenziai che ero affetto da dissonanza cognitiva e mi comportavo come la volpe con l'uva, quella della favoletta di Esopo.

 Vado avanti a stento nel desolato inverno tempestoso. E non c’è amico che ti dia una mano. Cerca di fermare le onde dietro i globi degli occhi. Butta giù le tue pasticche rosse verdi e blu.(Sweet Virginia - The Rolling Stones)  

La mia casa è nel Delta, cantava Muddy Waters in Folk Singer, album acustico pubblicato nel 1964. In quel disco suonavano anche Willie Dixon, Buddy Guy e Clifton James. Mentre il blues cola, i fantasmi del Mississippi fanno a gara per venir fuori da quei solchi. E ti sembra quasi di vederlo il piccolo Muddy nella piantagione di Stovall, nei pressi di Clarksdale, giocare davanti a quella baracca di legno dall’aspetto miserevole. E pure di scorgere sua nonna (con cui era cresciuto dopo la morte della madre, avvenuta quando aveva solo tre anni.),  che con quel caldo insopportabile fa il bucato e continua a lavorare imperterrita, nonostante lo stuolo di ragazzini che, gironzolandole intorno, ne combinano una più del demonio. Quella donna ha un sorriso bonario e li guarda amorevolmente, anche quando esausta si siede sotto l’ombra del sicomoro, mentre quei diavoletti proseguono a ribaltare sedie, a inseguire le galline e a ruzzolarsi nella polvere. Se lo ricorda, Muddy Waters, il Delta. Si ricorda, eccome, di quando lavorava per 50 centesimi al giorno nei campi di cotone o di quando andava a tuffarsi nelle acque paludose del Grande Fiume. E si ricorda di quel senso di frustrazione che si portava nel cuore, al calar della sera quando andava a dormire. Ma anche la folgorazione di vedere Son House e Robert Johnson suonare il blues. Questo disco è intriso di quei fantasmi ed a loro è dedicato.

 Quando il treno è arrivato in stazione l’ho guardata negli occhi, quando il treno è arrivato in stazione l’ho guardata negli occhi beh mi sentivo così triste e solo che non potevo evitare di piangere (Love In Vain - The Rolling Stones).

“A cosa sono serviti i miei studi?”, si chiede il ragazzo mentre cerca di non cadere a terra dopo le manganellate del tutto gratuite che ha ricevuto dai poliziotti. Piegato per il dolore ha il tempo per pensare “se in quest’attimo passasse Pasolini, glielo griderei in faccia che i poliziotti non sono figli del popolo, ma della borghesia. È loro e quei privilegi che stanno difendendo, anche se a pagargli lo stipendio sono le tasse e i sacrifici dei miei genitori operai. Si fatica in tutto, oggi. Anche a disgustarsi per quello che ci stanno facendo. È in atto una catastrofe”, continuò a pensare il ragazzo appoggiandosi al muro e vomitando. “Hanno consegnato il mondo a vampiri del denaro che impunemente ci stanno schiacciando gli uni contro gli altri. Nel  silenzio più assordante che ci sia mai stato, in uno sterminio, complici i media e quella classe politica che un tempo affermava di schierarsi con i più deboli, con gli ultimi della fila. Ma sono proprio loro quelli che gli hanno dato il benestare e ancora più forza, affinché questo scellerato progetto andasse in porto. E adesso come sempre a ridosso delle elezioni, faranno finta di amarci, di vezzeggiarci,di difenderci come se esistessimo. Ma sono solo dei falsari. Non accorgersi del loro sporco gioco è avere gli occhi bendati e le orecchie turate. E’ una nuova società quella che stanno plasmando, fatta di burattini che non si devono ribellare alle loro leggi,alla loro disumana precarietà. E’una nuova società di schiavi del lavoro, da spremere come bestie. Questi fautori del libero mercato, con lo stipendio e il vitalizio di Stato. Siamo stati venduti sull’altare dello spread e del debito pubblico, cose inesistenti inventate ad arte. E’ una piccola borghesia fascista che ci governa (di cui il primo ministro è la faccia più meschina e rassicurante) che si sta ancor più organizzando e, come sempre ha fatto, cerca di eliminare i creativi. Non hanno bisogno di intelligenze, ma di persone che abbassino la testa. Ma ci diranno che lo fanno solo per noi, per salvarci dal baratro. Da che mondo è mondo, i ricchi non possono occuparsi dei poveri, perché li fotteranno sempre a quest’ultimi. Adesso quel che l’occhio vede e la mano tocca è duro come la pietra . Ed è questo il futuro a cui ci hanno affidato”.


Ma vieni dai dolce Virginia. dai dolcezza ti prego. Dai, dai ce l’hai in te. devi scrollarti quella merda dalle scarpe.(Sweet Virginia - The Rolling Stones)

Era, invece,  pieno di speranze il giovane Joe Cocker, in arte Vance Arnold, quando a soli quindici anni iniziò a cantare nella sua città natale con il gruppo degli Avengers. Dopo quella prima esperienza formò altre band, The Big Blues e The Grease Band, anche se nessuna di queste formazioni ebbe un riscontro commerciale. Per quello dovette aspettare il suo primo singolo che fu la cover di un brano dei Beatles I’ll Cry Instead, dall’album A Hard Day’s Night. Il brano in questione lo fece conoscere ad una più vasta platea e gli aprii la strada per inserirsi nel giro giusto. Ma il successo, quello vero, che lui ostinatamente cercava, arrivò nel 1968  e fu sempre un'altra cover dei Beatles ad assicurarglielo. Il brano era  With a Little Help from My Friends dall’album Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Lo accompagnava alla chitarra solista un giovanissimo Jimmy Page. La sua versione del pezzo è fantasmagorica, Joe canta con una  voce ubriaca e impastata di fumo che sembra sempre sul punto di spezzarsi per come la spinge fuori dall’ugola. Musicalmente poi la rende talmente personale che non sembra neppure un brano dei Baronetti di Liverpool. Nel 1969 si esibisce al festival di Woodstock ed è lui la vera rivelazione. Sul palco si contorce come se da un momento all’altro debba avere una crisi epilettica e canta con una passione fuori dal comune. Alla fine il pubblico impazzisce per questo gallese e lo acclama. Forte di questo successo, nel 1970, insieme ai Mad Dog And The Englishmen, parte per un lungo tour americano messo in piedi da Leon Russell, il suo “padrino” artistico. Le due serate al Fillmore East di New York vengono immortalate in un doppio album. Un live che è la dimostrazione che lui è una vera anima blues. Rabbia, feeling e grande personalità vengono fuori dalle sue interpretazioni di brani pescati nel repertorio di Dylan, Stones, Leonard Cohen, Otis Reeding, ecc... che fanno di questo album il degno epitaffio di un momento magico che purtroppo non si ripeterà mai più nella sua carriera. Prende tutto Joe Cocker in quel tour, soldi, donne, amore, pace e sballo ma, alla fine, ne uscirà completamente distrutto. Tuttavia, quando il freddo vi penetra le ossa e cala l’oscurità e siete in cerca di un po’ di calore, sapete anche voi adesso dove andare ad accucciarvi. 

Ho incontrato a Memphis una di quelle reginette da bordello fradicia di gin. Ha cercato di rimorchiarmi di sopra per una scopata. Ha dovuto portarmi sulle spalle. visto che neppure bere mi fa dimenticare di te. Queste sono le donne dell’honky tonky. Dammi, dammi, dammi i blues dell’honky tonk (Honky Tonk Women-The Rolling Stones). 

Chissà se ci sarà mai il giorno della rivincita disse il vecchio bluesman. Chissà dove si dovrà andare a scovare dei nuovi sogni. Forse occorrerà tornare nel cuore del Delta, dove i campi sono verdeggianti e si estendono a perdita d’occhio sotto il cielo azzurro smaltato. La Route 61 è acciaccata e piena di buche e di sogni infranti, ma è sempre li che aspetta chiunque voglia mettersi in gioco. Sono troppo vecchio figliolo, troppo vecchio e stanco per ripartire. Allora prendili tu questi miei blues e portali fin nell’orecchio del mondo e falli sentire a chi ha il cuore carico di disumanità, falli ascoltare notte e giorno. Gridalo che non ci sono solo le ragioni dei soldi, ci sono anche le ragioni dell’anima. E raccontagli, ragazzo, come ci si sente ad avere il blues nel cuore. Raccontaglielo. (Tratto da: Viaggiatori Nella Notte)


Bartolo Federico 


4 commenti:

  1. pure io ho sempre avuto qualche problema ad amare i beatles, almeno ai livelli di amore totale del resto del mondo. alcune loro canzoni sono fenomenali, però nel complesso... sono un gruppo un po' sopravvalutato, e diciamolo :)

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  2. Mi associo al linciaggio. Dalla parte dei linciati, ovviamente.

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  3. Chissà perchè, mi sento in buona compagnia. Un abbraccio Massi.

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