Al bar Gino arriva
sempre gente di ogni risma. Musicisti, pittori, scrittori, mattoidi, ubriaconi,
malviventi, truffatori, borsaioli. Randagi e depressi come me. C’è però anche un gruppetto
d’intellettuali che da qualche tempo ormai fa base nel locale. Questi tristi
figuri, con la loro presenza hanno creato un clima nevrastenico e irascibile. Tanto
che ci stanno rovinando le nostre belle seratine, a base di alcool e scopone. Molti
non vengono più, neanche per
una birretta. Perché tra un
bicchiere e un altro questi fighetti del sapere, con quell’aria del cazzo che
si ritrovano, hanno preso a canzonarci con toni superbi e sprezzanti. Ci
trattano come se fossimo degli indegni ignoranti, feccia umana della peggiore
specie. Bruti che pensano solo a bere, scopare, e sentire del lurido
rock’n’roll. L’ho sentito con le mie orecchie, mentre lo sostenevano. Non so
perché, ma mi ricordano
tanto quelli che negli anni settanta volevano cambiare il mondo. Finti sovversivi,
oggi ricchi e famosi, alla corte del potere politico-televisivo. Grandi facce
di merda. D’altro canto che se ne farebbero di sfigati attaccabrighe, abbastanza
idioti, da seguire sempre l’istinto. Oggi piove nell'aria c’è un umido che mi duole la cervicale, e anche il ginocchio. La vecchiaia avanza
prendendomi per il culo, anzi ci prendiamo a vicenda per il culo. Tanto per
spassarcela. L’altra sera ho infranto la mia pigrizia, e sono andato da Gino
per fare quattro chiacchiere, con qualche depravato. L’atmosfera era
malinconica, come una ballata blues. Mi sono rotto le palle molto presto, perché quelle voci mi
mettevano i nervi, e me ne sono tornato a casa. Al ritorno l’aria era fresca, ed era buio, quando qualcuno si è avvicinato per vendermi qualcosa.
Per la prima volta in vita mia, l’ho scansato quasi con brutalità. Lui mi ha
guardato e ha scosso la testa. Avrà pensato, ma io cosa ho fatto? E ha
continuato a guardarmi, fin quando non ho girato l’angolo. Quando sono rientrato mi sono accovacciato sul divano, e mentre mi scolavo del brandy d’infima qualità, mi sono
chiesto a che punto ero con la mia intolleranza. Non c’è male, mi sono
risposto da solo. Cresce a dismisura.
La musica è vita,
condivisione. E’ come una buona bottiglia di vino, del buon cibo. Cose che
vanno godute fino in fondo. Una figata. Non riesco a farmela passare
quest’angoscia, che mi fa sentire un relitto. Non posso pensarci a come sarà stato. A come
si saranno sentiti quei ragazzi, mentre gli sparavano addosso. Mi ha cambiato
quella notte, quel rantolo d’umanità che serbavo, me l’ha portato via.
Penso a tutte le occasioni che si sono persi, alle cose che non riusciranno a fare,
perché qualcuno si è preso il loro
tempo. In nome di nessuno. La morte viene dal di dentro. Una volta però, la terra è stata un
paradiso terrestre. Sono rimasto avvolto nel buio a bere, mentre aspettavo i
primi raggi del sole. “Ho visto la freccia sullo stipite
che dice
"Questa terra è condannata in ogni direzione da New Orleans a
Gerusalemme."
Ho viaggiato attraverso l'East Texas
dove tanti martiri
sono caduti.
E non conosco nessuno che sappia cantare il blues, come Blind Willie
McTell. ”(Bob Dylan) I
segni delle sconfitte ci lasciano strisce rosse di ruggine. Che non vanno mai
via. Facciamo finta di non saperlo, ma andiamo tutti quanti verso gli stessi
posti, facciamo le stesse cose, che qualcheduno prima di noi ha già fatto. E
allora perché spargiamo tutto
questo dolore? Perché non ci
meravigliamo più di nulla?
Siamo solo degli ubriaconi del cazzo? All’improvviso la musica è esplosa. Ed io
finalmente mi sono sentito nuovamente una rock’n’roll star. Quello che ho
sempre voluto essere, da quando la musica si è presa tutto di me.
C’è stato un tempo
in cui la terra promessa per il rock, era la Francia. Parigi ha accolto sotto
il suo grande cielo tutti quei bastardi sognatori, che il music business cacciava a pedate. Gli ha concesso una nuova possibilità. Succedeva nel
1980 quando il punk, la più
grande rivoluzione culturale di massa si stava spegnendo sotto le grandi luci
del mondo, e i due amici Patrick Mathé e Louis
Thevenon gestori del negozio di dischi Music
Box, e della piccola etichetta Flamingo
Records, decidono di trasformarsi in New
Rose Records, etichetta che prese il nome da una canzone dei Damned. Tra nuove band e gruppi
musicali francesi, la New Rose ha
dato un’opportunità a: Willie
Alexander, Alex Chilton, Sky Saxon, Roky Erickson, The Real Kids, Charlie
Feathers, Tav Falco, True West, Calvin Russell, Gun Club, Dead Kennedys,
Cramps, Green On Red, Giant Sand, The Primevals, Alejandro Escovedo, Bo Diddley,
Alvin Lee, Robert Gordon, Elliott Murphy The Slickee Boys, Paul Roland, Dr Feelgood,
That Petrol Emotion, The Chesterfield Kings, Maureen Tucker, The Inmates, Percy
Sledge, Johnny Thunders l’anima
delle New York Dolls, e molti altri
ancora.
Il vicolo è stracolmo di spazzatura, bottiglie di
liquore, e piatti sporchi. Ma anche di gente che barcolla e cade. Il rock della
New Rose ha i denti macchiati di sangue, e la faccia spigolosa. Il più delle volte ha la nausea, e sente il corpo fluttuare. Vaneggia ed è costretto a mentire, per sfuggire a
chiunque voglia ingabbiarlo. Le chitarre ringhiano, borbottano, giù nel vicolo. Dietro le sbarre qualcuno strizza gli occhi e con
la mano si tocca quel rozzo tatuaggio, rammendato sul braccio. Rock’n’roll Heart c’è scritto. Solo questo c’è scritto.
Nient’altro.
Non mi piace l’opera e non mi piace il
balletto e i film della nouvelle vogue francese mi urtano be’, sarò stupido, visto che so di non essere brillante ma dentro di me
ho un cuore da rock and roll sì,
sì, sì,
nel profondo ho un cuore da rock and roll.(Lou Reed)
Mi sono alzato con il mal di testa, mentre
fuori continuava a piovere. La pioggia picchettava sulla veranda, noiosamente.
Me li ricordo bene quei giorni quando anch’io volevo tutto e subito. Me lo
aveva suggerito Jim Morrison, che lo urlava come un forsennato in “When The Music’s Over”. Con gli anni ho
dovuto imparare ad avere pazienza, a tessere la tela. Ad aspettare il momento
propizio. Ma non vado orgoglioso di questo. Perché le cose più belle, sono quelle che hai lasciato scritto da qualche parte.
Sul muro dei ricordi. Un caldo e umido pomeriggio di settembre. Una piccola
stanza d’albergo. Io e lei. La radio accesa che suona Bermuda di Rocky
Erickson. Abbiamo fatto l’amore, con voracità e trasporto. Standocene aggrappati
l’uno all’altro, abbiamo poi dormito a lungo. Lei aveva diciannove anni, io venti. Ma come sempre sono bravo, a gettare via, tutto quello
che da un senso alla mia vita.
Bartolo Federico
....turn out the lights....yeah ;o)
RispondiEliminaSi, hai ragione: la musica è vita e condivisione come una bottiglia di vino...ma se li mettiamo insieme è praticamente il paradiso.
RispondiEliminaGran bel post bro'
Certo il paradiso Bro. Ma forse manca ancora qualcosa per quello, non credi?.
RispondiEliminaBeh si, qualcosina manca per completare il quadro, ma sai la censura.... ;)
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