Mi
sono svegliato con indosso una tristezza infinita. Non sono neanche uscito da
casa, non avevo voglia di vedere nessuno. Mi sono seduto sul terrazzo. Il cane
mi ha visto lì solo soletto, e si è raggomitolato ai miei piedi. Anche lui mi è
sembrato triste. Il mondo va a fuoco, ma c’è chi si ostina a dire che tutto va bene.
Sono giorni agitati da ferocia e insofferenza. Sotto la pelle Americana, la
ferita brucia ancora. Malcom X, Martin Luther King, Robert Johnson e Muddy
Waters, sembrano passati invano. Anche Mandela. Nessuna innocenza da parte di
nessuno. Meglio non dirsi niente, starsene zitti e ascoltare musica. La
saggezza non appartiene a questo mondo. L’altro ieri su You Tube ho visto il
concerto che Springsteen a tenuto a Milano, il 3 luglio. L’inizio è stato un
trauma, poi mi sono sciolto un pochino. Mi ha fatto tenerezza Bruce. Cosa ci
faceva lì, mi sono chiesto. Ma un uomo è nel giusto quando fa le cose che gli
piacciano. E lui ama il rock’n’roll, anche se ormai ha le sue certezze, e una
sedia con lo schienale per dondolarsi. Io non ho certezze. Ma questa è solo colpa
mia. Sono andato avanti ad ascoltarlo, non mi è piaciuto tutto quanto. Certe
canzoni le ho sempre trovate goffe e anche fastidiose, ma lui ha un animo
generoso, ed io mi fido dei buoni. Anzi mi fido solo di loro. Le strade ormai
sono vuote, e si dimentica tutto in fretta. Mi sono chiesto se mi sarei mai potuto
fidare della mia vecchiaia. Me lo sono chiesto, nel cuore maledetto della notte.
Mi sono agitato come un bambino. Poi mi è venuto da piangere, ripensando a
quell’incantesimo. Quello che mi ha legato a certa musica. E così quel disagio che mi prende sempre quando sono
inquieto, quando capisco che devo andare, quando ascolto certe canzoni, come
quelle dei Felice Brothers ha fatto capolino. Eccola qui l’America polverosa, fatta di strade e d’incontri magici. La terra promessa, la
luna e il cielo, la radio che suona, il vestito di Mary che sventola, mentre
l’orizzonte è lontano. Mi succede ogni volta con le loro canzoni, che mi volto
indietro e vedo la mia solitudine conservata in quelle valigie scalcagnate,
lasciate ai bordi di qualche strada secondaria. America dove sei finita? Dove
sono i tuoi vagabondi, quelli con quelle facce da babbei, e gli occhi timidi. E
dov’è finito quell’istinto a prendere qualsiasi deviazione? Qui siamo e qui ce la faremo. Da soli, come sempre. Vivi nel buio. America, America,
America.
Bartolo
Federico
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