Sarebbe stato fiero Hank Williams di una come Sarah Shook, se la sarebbe
portata sotto quella luna assassina a farsi un giro di valzer, innaffiando la
notte con secchiate di Jack Daniels. Sarebbe stata la ragazza perfetta per
quell’ossuto e sbilenco cantante di honky-tonky, per bruciare insieme a lei la
vita. Avrebbero vagato nel buio e corso come cavalli impazziti, con il fantasma
del bandito Jesse
James dietro la schiena, a proteggerli dalla loro stessa
ingenuità. Si sarebbero infilati sotto una pioggia fredda e scura, consolandosi
a vicenda, ululando ubriachi una oscura canzone che ripete ossessivamente che
non sarebbero tornati più indietro. Perché si sa che agli uomini piacciono le
donne spudorate e piene di guai, e alle donne gli uomini imprudenti. Ha un
suono secco e duro questo
disco registrato nel 2015 da Sarah Shook & The Disarmers,
ma pubblicato solo adesso. Un album che si porta appreso un po’ di cose
raccattate per strada, sotto quel cielo d’America che un giorno è stato lo spettatore di una
folla di sballati, abbigliati e stonati di punk e radici. “Sidelong”, insieme a una buone dose
di follia, ti fa sembrare nuova una cosa che nuova non è; perché Sarah Shook ha una vaga
somiglianza fisica con Janis
Joplin; come lei è selvaggia e imprudente, è cerca di
colmare quel vuoto esistenziale che si porta appresso sprizzando scintille,
ringhiando canzoni che possiedono melodia e personalità, e che si attaccano
alla pelle come il nastro adesivo, sorrette da chitarre sporche e spigolose. Canzoni che sono un
piccolo bignami del rock,
dal momento che contengono tutti gli ingredienti per farti arrivare alla fine
del disco, con la voglia di ricominciarlo a sentire. Anche quando spunta una miagolante lap steel c’è sempre
una storia dura da ascoltare, come del resto sono tutte le vicende narrate da
un autrice che guarda a quelle esistenze balorde e sperdute, confinate ai bordi
delle città. Gente con il cuore sanguinate che si aggira tra bar malfamati e
motel di quarta categoria, aspettando un alba che non porterà nulla di buono,
se non un gran mal di testa, e il solito buco nero nel cuore. Piccoli diavoli senza nome che
si fermano a guardare quelle ragazze che ballano da sole, tipe toste che come
la stessa Sarah Shook
hanno voci piene di tabacco e whiskey, e che tra un drink e l’altro si spostano
nella notte come una volta lo faceva anche quella lupa affamata di Exene Cervenka, voce magnetica
della band losangelina The
X. In queste tracce il
tradizionale “boom chicka boom”
che a tratti viene fuori, prende le sembianze di un rockabilly alla Link Wray, ma anche quando la
band lambisce i territori del country tradizionale, siamo sempre in presenza di
un suono torrido e depravato.
Alla fine solo un cammeo, con la sanguinante Heal Me, perché è uno di
quei pezzi che ti marchiano a fuoco, e che ti fanno entrare in sintonia con il
resto del disco. Mentre lei rantola una improbabile guarigione da quella vita
dissoluta che conduce, il chitarrista dei Disarmers incastona una chitarra sudicia e desolata,
per quello che tra qualche tempo sarà un classico del genere. Un brano per
tutti quei santi e perdenti che si agitano scalpitanti e sbuffanti, quando la
bottiglia è vuota. Il futuro adesso è un nuovo disco che uscirà nel 2018, ma “Sidelong” è polvere e fumo,
disperazione e perseveranza, e l’impronta insanguinata della sua anima che è
salita su quel treno del rock’n’roll pieno zeppo di storie dolorose, in viaggio
senza una direzione. Canzoni
smilze e grigie che sembrano abiti impigliati nei rami spogli e
secchi di un albero, e che svolazzando nel vento sotto il cielo pieno di
fenditure, dipingono un grande cerchio all’ombra di quel grande sole nero che
la protegge.
Bartolo Federico
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