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sabato 29 ottobre 2016
sabato 3 ottobre 2015
Un Duro Addio
Ero rimasto a fissare la strada con quella tristezza che ti
assale e ti sorprende, quando i ricordi diventano commoventi. Non so perché ma
rispolverando vecchie sensazioni scrostate con le unghie da un tempo che ci
batte inesorabile, mi sentii nuovamente selvaggio su quella carrabile
sgangherata e capricciosa. La strada davanti a me era un sali-scendi, e la
giornata carica di luce. L’ideale per un viaggiatore solitario. Sapevo bene che
l’importante era andare, camminare, arrivare da qualche parte, per cercare di
mettere a freno quella frenesia che mi tormentava il cuore. Mi sentivo da molto
tempo ormai come uno che aveva perso il suo orientamento, e che non sapendo
più’ cosa fare con la propria vita, si era rimesso in viaggio su quelle strade
rimaste chiuse dentro un archivio di memorie e cianfrusaglie. Sempre pronte
tuttavia ad accogliere chiunque. Un ramingo, un rambler, o un bandito
raccattato in una bettola, nascosta ai lati del mondo. Vedevo i loro occhi brillare nel buio. Ma
dalle mie parti, c’erano un sacco di rompicoglioni che brulicavano nell'ombra. Gente pronta
a farsi un banchetto con la mia carcassa. Non era ancora tempo per finire
nei loro inganni.
A quei tanti disperati che aspettavano i treni della notte,
li penetrava un vento gelido. Ma loro non si facevano troppi scrupoli ad
attraversare il mondo con quel luccichio negli occhi, e la chitarra a tracolla.
Percorrevano vie oscure, e provando e riprovando, le canzoni che scrivevano,
confessavano i loro peccati. Non c’era nessun virtuosismo vuoto e inutile nella
loro musica, ma solo la voglia di scoprire cosa si nascondeva dietro l’emozione
di una nota ostinata, e dolente. Quello che desideravano era soltanto un’anima
nuova, afferrare l’attimo. Le loro canzoni però ti facevano tremare,
scuotendoti fin dentro le ossa. Mi chiesi cos’era rimasto di tutti quei sogni?
Di quelle gocce di speranza, che avevano lasciato dietro le loro spalle. Era
stato tutto seppellito sotto rotoli di catrame? Oppure quella magia era rimasta
ancora appiccicata nell’aria? Girai la chiavetta del motore e mi ricordai di
quando mi nascondevo da qualche parte con quei dischi, che mi alleviavano le
ferite. E’ al buio che l’angoscia diventa ancora più insopportabile da domare.

Qualcuno in strada stava suonando un sassofono, e
tirava fuori emozioni ammaccate e sciupate, ma ancora buone da origliare. Sotto
i neon accesi, ho riguardato delle vecchie foto in bianco e nero. E anche
quell’addio venuto fuori dal fondo della mia memoria. Sono rimasto ad ascoltare
come un bambino incredulo, allo stesso modo di quand’ero ragazzo e non c’era
nessuno che mi spiegasse quello che non capivo. La musica è sempre stata
l’unica cosa che mi ha fatto sentire vivo, come nessun’altra cosa al mondo. Ed
è con la musica che ho tenuto a bada quel sentimento di dolore che provavo
sotto quel cielo tumefatto di lividi grigi, e malinconici. Tom Gruning e
le sue ninnananne sono stati preziosi in quelle notti senza nome, e senza
volto.
Il segnale è indiscutibile. Quel tizio dice un sacco di
falsità, non vuole altro che ridurci in brandelli. Ma molti fanno finta di non
capire. Siamo come
tanti coglioni bastonati e derubati di tutto. Erano quasi le cinque del mattino
e la luce del sole stava per tornare. Merda... Un sacco di cose si soffocarono
in gola. Fu in quel momento che il blues prese nuovamente il sopravvento. Chi
ha ucciso Jesse James, Billy The Kid, Sacco e Vanzetti, Stagolee? Buddy Holly
perché è morto così giovane? Mi mancano Brian Jones, Bobby Fuller e Jim
Morrison. Tim e Jeff Buckley. E pure quel pazzo scatenato di Keith Moon. Quel
locale in fondo alla strada era chiuso. Allora pregai e implorai il diavolo per
potergli vendere l’anima, e suonare finalmente il blues come Tommy Johnson.
Mississippi John Hurt
cantava e suonava un folk blues assai lontano dal quel suono di Robert
Johnson, quel suono maledetto
e spregiudicato, che ha fatto grande il rock’n’roll. E’ stato un testimone
musicale della cultura tramandata per via orale. Molto amato dal pubblico
bianco, anche per via della sua mestizia d’animo. I suoi blues sussurrati da
una voce nasale e da un picking chitarristico pulito e preciso, hanno fatto
breccia nel cuore di Doc Watson, Bob Dylan, e John Fahey. Senza
di lui non ci sarebbe stato neppure quel twang notturno e malinconico di J.J.Cale.
La risposta è tutta qui, chiusa nel palmo della mano. Frank Stokes suonava il blues, ma si stava
rovinando con i suoi vizi. Le cose erano fuori dalla sua portata. Brandiva
venti dollari che aveva racimolato cantando a una festa di matrimonio, e beveva
del pessimo whiskey. Il mazziere distribuì le carte raccogliendo i soldi posati
sul tavolino. La partita era appena cominciata. Sapeva troppe cose quel ragazzo,
ma aveva bisogno di un sacco di trucchi per eccitarsi, e cominciare a suonare
la sua rabbia, la sua disperazione. Un ultimo giro per favore.
La cerchiamo come ossessi la felicità. Si tira avanti
tenendoci compagnia, facendo l’amore e abbracciandoci, nonostante la nostra
cattiveria. Camminiamo per questo mondo, sbattendo le ali, cadendo e
rialzandoci. È molto più facile però rinunciare all’amore, che alla vita. Guthrie
Thomas è scampato solo per miracolo, al suo diluvio interiore. Perché
quando ci si sente fuori posto, si fanno tante cazzate. Un giorno è scomparso
sotto la pioggia battente. Rifugiatosi da qualche parte, scrive ancora canzoni
destinate a oscuri angeli neri, e canta sempre di promesse infrante, di terre
sconosciute, di sogni giurati sottovoce all’ombra di una candela. Sullo sfondo
della notte ci sono tanti uomini lasciati soli, che non troveranno altro che
il loro misero destino, mentre se ne vanno dritti all’inferno.
Non mi restava che spingere sull’acceleratore, come avevo
fatto un mucchio di altre volte. Quando non ti senti più te stesso, è come
spegnersi lentamente. Mi resi conto che accumulando macerie su macerie,
continuavo a inerpicarmi in questa fottuta storia. Ero in marcia con quel
dolore antico, che mi trafiggeva il cuore. Poi la vidi da lontano quella linea
blu, la mia strada. E respirai. Me lo ricordavo quel bivio e anche la pompa di
benzina, con il cilindro di vetro rotto. Sembravano che mi stessero aspettando.
La mia vena non si era indurita e neanche
rinsecchita. Bastava scavare un po’ nei meandri per trovare illusioni, fughe
e orgoglio. C’ero finito un mucchio di volte al confine con gli occhi
che mi bruciavano. Allora avevo poche cose con me. Una di queste però era
veramente preziosa. La musica di Chicken Skin Music di Ry Cooder che mi faceva sentire davvero un
clandestino dell’anima, mentre viaggiavo su quelle strade percorse dal vento, e
dalla solitudine. Quelle canzoni mi conciliavano con il mondo, e anche la mia
paura spariva. Con gli occhi dell’immaginazione e con il cuore minuscolo,
riuscivo a trovare una speranza. E’ difficile da spiegare ma è andata così. Devi aspettare mi diceva lei. Devi sapere
aspettare. Se corri troppo rischi di perderti. Come per incanto Wildwood Flower della Carter Family
risuonò da qualche parte.
Oh, m’insegnò ad amarlo e mi chiamava il suo
fiore. Che sbocciava per rallegrarlo nell’ora triste della vita. Oh, non vedo
l’ora di rivederlo e dimenticare quest’ora oscura. Se n’è andato via e ha
abbandonato quel fiore selvatico di bosco.
L’aria della sera si fece sempre più fresca. Non so perché,
ma cominciai a provare un po’ di risentimento verso il mondo, e anche verso me
stesso. Le cose che mi circondavano presero a ondeggiarmi davanti agli occhi. E
in quel silenzio che mi avvolgeva, la mia rabbia si fece buio. Avevo bisogno di
parlare con qualcuno, di mostrarmi, di condividere quello che mi tormentava.
Lei aveva lavorato in un locale, dove si suonava del rock’n’roll vecchia
maniera. Ero molto vicino a quel posto, e dentro di me sperai di trovarla
ancora lì. Quando ci arrivai, il bar era colmo di gente. Mentre mi guardavo intorno,
bevvi un bicchiere di whiskey. Il ricordo della sua voce, delle sue carezze, mi
fece capire quanti errori avevo commesso solo per stare dietro alle mie
ossessioni, alle mie debolezze. Tutto invece era molto semplice. Dovevo solo
dirle che ero pronto, che sarei stato con lei, che avremmo avuto una vita
normale. Che quella rabbia che provavo era svanita. Che avevo delle soluzioni. L’ho
sempre saputo che i miei primi piani fanno schifo, e che l’amore è qualcosa
d’inafferrabile. Si rifugia sempre dove meno te lo aspetti. Il colpo era andato
a segno, e faceva molto male. E’ il dolore che ci cambia. Ma adesso non aveva più
alcuna importanza. Bevvi il mio drink e me ne andai.
Bartolo Federico
domenica 13 settembre 2015
Un Nuovo Giorno
All’ombra della fortuna il vento viene da est. Il momento è delicato, ma
con un colpo di fiducia qua, uno là, tutto si sistema. Il filo della storia è
questo, e non c’è rischio che si spezzi. Per esempio io sono uno di quelli che
se ne sta svogliatamente a smanettare i tasti del telecomando, e sarà colpa mia
credetemi, se non avrò da replicare quando mi rinfacceranno con stile sopraffino
di essere uno stronzo, una carogna, che non ha fatto nulla per cambiare lo
stato delle cose. Bugie, sex tape, mezze verità. E voi invece che fate? Che se
la prendessero in culo tutti quei radical chic, con barbetta e occhialini alla
Gramsci. Loro sì, che stanno bene in uniforme. Io ho imparato a sbarcare il
lunario, e a starmene tranquillo da una parte come dall’altra, in perfetto
equilibrio. Fermo nell’oscurità. Quel giorno se mai arriverà, con un sorriso
che sale da una parte sola, un sorriso come quello di Elvis Presley, gli
canterò un rock’n’roll. Roba che non hanno mai sentito. Qui va tutto bene papà
(è una bugia questa) ma tu cosi' potrai fingere di non preoccuparti per me.
Adesso sento di poter mollare la paura, perché sono ubriaco fradicio. Ma
non credevo sai, che la povertà fosse così brutta. Il sole sta sbucando, e in
strada qualcuno ha tirato il grilletto, mentre i cani hanno preso ad abbaiare
selvaggiamente. Mr President la ruota è ferma. Ma se la ruota si
mette a girare, allora quello che è di sotto, sale di sopra. Se può, non
disturbi troppo i cani che dormono. Nei miei sogni c’è una radio che suona una
canzone di James Mc Murtry, e anche una dei Morphine, poi passa un
vecchio R&B della Stax, e all’improvviso tutto va per
il meglio. Finché vai avanti niente può ucciderti. Fanculo a tutta questa
merda. I bastardi non sono i miei fratelli, mi ha urlato un uomo in strada, tra
un frastuono terribile di clacson. Quanti romantici dondolano nel cielo?
Pensieri reconditi. Lo sanno bene questi tizi che ci comandano, che stanno
uccidendo degli uomini. Per loro è una sensazione fantastica. La
gente però ha gli occhi chiusi, e lo spiega in un altro modo. Come se fosse il
volere di Dio. Ma quale Dio è cosi malvagio? Colpiscono tutti con la loro
crudeltà. Bambini, ciechi, ammalati, orfani, vagabondi, anime dilaniate, che si
dimenano nella tempesta furiosa. Ma noi vinceremo e arriverà l’alba di un nuovo
giorno, che porterà un po’ di vita. Non
senti quel sole che splende? La marmotta che corre lungo il
fiume. Dev'essere il giorno in cui si avverano tutti i miei
sogni. Così felice solo di vederti sorridere sotto il cielo
azzurro. In questo nuovo mattino, nuovo mattino. In questo nuovo
mattino con te. (New Morning – Bob Dylan) Un contadino in ginocchio circondato da anatre e
polli, con le mani scaverà un buco nella terra e pianterà un seme, e sarà come
se tutto questo fosse impossibile. Solo allora dirò una preghiera, e solo
allora, gli occhi mi si riempiranno di lacrime.
Bartolo Federico
sabato 22 agosto 2015
Quando La Musica Finisce
Accendi
il mio fuoco baby,
accendi il mio fuoco, continuava a
cantare Jim Morrison mentre me ne stavo riverso sul divano. L’orologio a muro camminava imperterrito, e mi
sentivo infelice. Mi versai nella tazza della pessima vodka comprata in offerta
al supermercato, andai in camera e mi buttai sul letto. Non avevo voglia di
fare nulla. Sapete come vanno le cose alle volte. Uno si annoia, si rompe i
coglioni, e per un nonnulla prende a urlare. Anche la mia nuova ragazza si era rotta
del mio pessimo carattere, ed era scappata con il primo che aveva trovato. Who Do You Love… urlava disperato Jim
Morrison. Porca miseria! Che cazzo avevo fatto per essere così riprovevole? Me lo chiesi proprio quando l’urlo brutale e disperato di When
The Music’s Over sovrastò
i miei cattivi pensieri, che per la paura si rintanarono nel loro buco nero. Nel
1991 andai al cinema per vedere il film The Doors del regista Oliver Stone. Ero
animato da buoni propositi, ma tornai a casa con un senso d’angoscia profondo.
Stone si era limitato a mostrarmi un gruppo di alcolisti e drogati, sovraccaricando
le gesta da ribelle senza causa di Morrison, aveva lasciato che la musica fosse
solo un semplice sottofondo. Eppure quel suono scarno, ipnotico, spesso
improvvisato sorretto dalle tastiere di Ray Manzarek ,dalla batteria pulsante
di John Densmore ,dalla chitarra blues di Roby Krieger, e dalla voce profonda
del visionario Jim, avevano lasciato un segno profondo nel rock’n’roll, e anche
dentro di me. Quel film non era quello che avrei voluto vedere. La sua visione
non si associava alla mia esperienza con il gruppo. La loro musica e poesia, si
poesia, avevano avuto un grande peso sulla mia persona. Il rock non era solo un
divertimento, era anche qualcos’altro. Uno stile di vita, uno sbarramento a quello
che non avrei mai voluto essere. E non mi andava per niente di diventare un
tossico rincoglionito, con gli occhi sbarrati, e il cervello in fumo. Che era
la sola possibilità che mi offriva la sua versione. Stone con quel film tagliò
il traguardo da vincitore. Fu acclamato dalla critica e dal pubblico. Ma non
sempre questi hanno ragione. Che se ne andassero all’inferno, lui e i suoi
miliardi di dollari. Io ci avevo le mie piccole verità, che tenevo nascoste
gelosamente. Avevo persino elaborato un sistema di protezione mentale per difendermi
da quegli attacchi. La musica era l’unica cosa oscura che volevo esplorare, e che
riconoscevo come mia. L’avrei difesa con le unghie e con i denti, da chi voleva
liquidarla come fosse solo un fenomeno da baraccone. Dovevo imparare a non
essere troppo sgarbato con gli stronzi. Una cosa su cui sto ancora lavorando. Ma
quando la musica finisce. Beh! Voi lo sapete già. Tutto torna come prima.

Ero in alto mare, mentre in mutande e
senza maglietta, mi aggiravo come un fantasma per casa. Una sfilza di bollette
arretrate giaceva inerme sul tavolo del soggiorno. Mi sentivo stranito, senza
forze, e mi comportavo da irresponsabile. Ma mi ero stufato di lottare contro
un mondo d’idioti, di sciupare i miei giorni in cerca di un profitto per
vivere. Volevo starmene a bere, e sentire musica come da ragazzo, quando avevo
il controllo del mio tempo. Non facevo del male a nessuno, dopotutto. Chi lo
dice che questa vita che gioco forza uno conduce, è la migliore. Forse è stato il
nostro premier? Uno che sorridendo ce lo mette in quel posto. A sentire la
sua propaganda con lo Jobs Act ha creato nuovi posti di lavoro, e ha
stabilizzato una marea di precari. Con la riforma del senato avremo finalmente
una democrazia compiuta, e un governo che decide. C’è di che avere paura. Il
Corriere, la Repubblica, ripetono che siamo in buone mani. Ma a vedere i vari Chicco
Testa, Maggioni, Alfano, Lorenzin, e tutti quelli del Pd, mi vengono i brividi.
Figuri che non si accorgono neppure che una banda di criminali, fa il funerale
al proprio boss, come fosse un grosso grasso matrimonio. C’era persino un
elicottero che lanciava petali di rose sul feretro. A sentir loro, nessuno ne sapeva
niente. Questo è ancora peggiore. Pensa se fossero stati quelli di Isis, che
lanciavano bombe. Neanche le nostre solerti forze dell’ordine, sempre pronte a
picchiare ragazzi e operai, hanno detto a questa gente: ma che cazzo fate, chi
cazzo vi credete di essere. Nemmeno un piccolo spintone gli hanno dato, un semplice
calcio nel sedere, neppure un buffetto sulla guancia. Niente di niente. Anche
il papa ci deve qualche spiegazione. Ora prono bis. Che vita meravigliosa è
questa. Invidio i barboni che se ne stanno per strada a bere vino, e a fumare. Il
resto non conta. Ovvio, tranne la musica.

Il bar Porta Messina era a trecento metri dalla
stazione ferroviaria, e vicino al porto. Una fauna variopinta di disperati
affollava i locali ogni notte. Operai, anziani lasciati da soli, pazzi,
borsaioli, prostitute scosciate e mezze nude, magnaccia, scommettitori di corse
clandestine di cavalli, saltimbanco, marinai e ferrovieri. Camionisti, e
qualche malavitoso di mezza tacca. Tra urla, risate, colpi di tosse, fiumi di
birra, e pestoni sui piedi, mi sembrava di vivere le canzoni che ascoltavo. Ci
andavo quasi ogni sera, in quel locale che era la copia esatta della copertina
dell’album Nighthawks At The Dinner
di Tom Waits. Un doppio album live dal suono jazzato, uscito nel 1975. Non appena
finivo la mia trasmissione radiofonica, mi fiondavo con il mio vespone 125 ad ascoltare
quelle storie di disperazione, abbandono, e desolazione, che mi facevano capire
molte cose di me. Dopo un po’ conobbi quasi tutti i clienti abituali, ed era facile
che tirassi fino all’alba. A qual tempo però, era una cosa che mi potevo
permettere. Ho messo American V: Hundred
Highways di Johnny Cash, faccio scorrere l’acqua e m’infilo sotto la
doccia. Una notte che c’era anche Sal
ed ero abbastanza brillo, presi a narrare la storia di Big Joe Phanton 309. Questa canzone
scritta da Red Sovine narra di un
autostoppista che tornando a casa, si ritrova fermo a un bivio sotto una
pioggia battente. Preso dallo sconforto, giunge in suo aiuto un autotrasportatore,
che sta transitando da quelle parti. Dopo aver guidato tutta la notte, Big Joe lascia
l’autostoppista a una fermata d’autobus, regalandogli pure dei soldi per una
tazza di caffè. Una volta dentro il bar, l’uomo racconta a tutti di
quel camionista. Ma il cameriere gli dice che era stato beneficiato di un
passaggio del Fantasma 39. Dieci anni prima Big Joe aveva sterzato per non
investire uno scuolabus pieno di bambini, ed era morto nello schianto. Adesso tornava
ogni qualvolta una persona era in difficoltà. Nel bar i presenti presero a
fissarmi. Qualcuno infilò una moneta nel jukebox, cosi ci fu anche un po’ di
musica. Mi toccò distogliere lo sguardo dai loro occhi, e fissare il soffitto. Sollevai
il mio bicchiere e lo scolai in un fiato. La vita quel giorno mi sembrò
migliore.

E’ il mese di agosto ma piove a dirotto.
Continuano a piacermi gli Husker Du, i
Social Distorsion, Doc Watson, ma anche i Fletwood Mac di Rumors. Nel buio della mia
stanza, mi sono sempre lasciato coccolare dalle melodie di questo grande disco Non c’è nulla di cui vergognarsi. Non si può sempre avere a che fare con i
propri tormenti, i propri incubi. Alle volte quando l’aria è tiepida, e ti senti
leggero come il vento, queste canzoni sono un toccasana. Ho guidato chilometri
con queste note, ci ho fatto l’amore, ho pianto, ho riso, e mi hanno sempre
colto di sorpresa. E non mi sorprende
che anche uno come Warren Haynes In Ashes &Dust il suo nuovo album, che è
un capolavoro, riprenda Gold Dust Woman insieme a Grace Potter. Ho
tolto l’orologio dal muro, tanto non c’è niente da vincere. Quando lo capiremo,
vivremo tutti più rilassati. Ripercorrendo le strade del passato, mi sono
accorto di quante stronzate ho combinato, quante porte ho sbattuto sul naso,
quanti dispiaceri ho causato. Il tempo mi ha insegnato a non illudermi. E allora
mi rimangono solo quegli occhi da cane bastardo, che sono un segno di dignità, in
un mondo che ha smesso di vergognarsi.
Bartolo Federico
giovedì 5 giugno 2014
Occhi Azzurro Pallido (stelle di latta)
Stelle di latta nel cielo forato. Parole e invettive, lanciate da uomini soli. La radio trasmette delle lezioni di piano.Battete
le mani. Battete le mani. Una goccia d’acqua è senza profumo. La signorina Maria non sogna... vive
arrangiandosi. Si crepa di freddo e abbandono. Perfetta per noi questa
vita che ci soggiorniamo."Ecco la differenza, tra giusto e sbagliato". Un divano letto, carte e fogli volanti, due stanze
minuscole, una topaia. Bottiglie vuote, una bacinella. C’è una macchia d’olio
e una stufetta. Plettri e corde. Il manuale del chitarrista. Fotografie senza
cornice. Jim, Lou, Duane. Cocaine
Blues il deejay l'annucia molto lentamente. Una bacchetta di legno, due pacchi di ovatta. Tutto questo è distintamente sul pavimento.
Non basta fare un disco, o un libro, per esseri chiamati artisti. Missiles
è
una canzone devastante. Almeno per me. Dopo averla ascoltata, non posso sentire nient’altro. Per
lungo tempo. E’ tutto sopra le nostre teste. Anche il temporale. Ma se stai
fermo non inciampi mai. Adrian
Borland è la solitudine
sconfortante, l’assenza sporca e gelida. Bisogna aver provato per giudicare quell’attrazione a non ragionare, quando il vento soffia freddo, e il mondo è sottosopra. L’abbandono è il rischiare ad andare per sempre su quella strada. E dopo è anche peggio, perché il ritorno, è a mani
vuote. È davvero tremendo sentirsi soli, si
sente un peso dentro che ghiaccia il cuore. Carriole e bidoni, un mare
muto. Se li vedessi davvero certi uomini
camminare, mentre sgocciolano lacrime, ti gelerebbe il sangue. Anche a te. Animali braccati. Un umanità scomparsa dentro trappole per topi. Non aspettarti granchè. Per alcuni l'esistenza è
davvero dura. Niente gas, luce,
acqua. Così la vita è un ossessione. Che muoia presto
questa razza di avari, che ha imparato a stare da sola! Avvolta in brandelli di musica. Se vuoi capire qualcosa, devi andare per strada, navigare per mari.
Facce insignificanti, una processione di idioti. SPEGNETE LA TELE. Ed avrete i pieni poteri. Per non diventare una minchia del cazzo. Alle
volte ci si sente braccati. Ma non le sentite le bombe cadere? Bum! Bum! È il
primo passo quello che conta. Siete avvisati. Solo più tardi diventeremo grandi. Sorella Ray. Sto
cercando la vena giusta ho detto che non r-riuscivo a trovarla di lato non
r-riuscivo a trovarla di lato ah, fallo, fallo ah, proprio proprio proprio come
diceva sorella Ray Oh". Nick Drake
portava un paio di jeans di un azzurro strano. Suonava la vita, quella segnata da
graffi e graffietti. Ma in fondo chi siamo? Una donna di cuore l’ha supplicato ad uscire di casa,
a dileguarsi, dal sogno che lo stritolava. Ma lui aveva murato quella finestra, e
scolpito nel legno le sue parole. Cicatrici. Una ragazza dal berretto lampone ha lasciato orme
leggere, su quei muri anneriti. PINK MOON è un miraggio, il
respiro del mondo. Il bianco degli
occhi. Cosa suoni fratello nell'ombra? Non farti beccare. Quella vecchia strega si sedette al tavolino da thè. Lui
aveva i piedi bagnati, e si guardò le ginocchia magre. Ah! se avesse saputo. Ah! se avesse saputo. Che la pioggia
che cade è sempre uguale per tutti. Ma troppi pensieri s’ingabbiano, per un
goccio di whisky. "L'ho visto scritto e l'ho
sentito dire La luna rosa sta per venire E voi non volate così alti La luna
rosa vi prenderà tutti E' una luna rosa". Bisogna stare attenti. Me lo disse una zingara.Ti abitui e tiri
avanti, poi ti svegli e non ci sei più abituato. Poi dopo un po’ ti riabitui di
nuovo. Vedere è solo un modo di dire. Chi mi cerca adesso? Mi versi da bere? Giusto un goccetto."Qualche volta mi sento così felice. Qualche volta mi sento
così triste". Bisognerebbe
che tutto andasse liscio, riflettere, ragionare. Recitare una parte, anche senza averne
una. Ma quando non si dorme più, ci si rende conto di tante cose. E bisogna
abituarsi a vederle, quelle cose che non si vedono. Va bene così. Anche se è il
vento che ti spinge. Jeff Buckley si tuffò nelle acque fangose, e nessuno lo
rivide mai più. Fratello nell'ombra. "Se
potessi rendere il mondo puro e strano come lo vedo io". Avevano dormito fianco a fianco, in un letto senza lenzuola. Lei
con la maglietta bianca, e gli slip neri. Lui con un paio di boxer. GRACE dice la verità sulla musica. Fategli
tutte le domande che volete. Vi risponderà con i fatti della vita, fumando una
sigaretta americana. Poi pian piano, come un prigioniero lasciato da solo davanti
alla porta, vi saluterà. I dettagli scompaiono, svaniscono, mentre cerchi di ricordare quel
dolore. Abbassi le palpebre come i coccodrilli. Chi abita qui? Solo io e un fantasma. Ci si siede sui rovi dove tutto
punge. Meglio bruciare d'un colpo. Hai qualcosa da mettere in questa scatola?
Bartolo Federico
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