sabato 16 gennaio 2016
Blues Del Gatto Randagio
Avevo appeso i miei anni selvaggi sopra un chiodo arrugginito e contemplavo il mio passato guardando delle vecchie foto in bianco e nero quando vidi il volto di Teresa. Il cuore mi si fermò per un attimo, ma non mi mise di cattivo umore in quella notte di oblio e tormento. Come chiunque, avevo due facce e sapevo bene che alla fine una di loro avrebbe vinto la partita, era solo questione di attendere l’esito. Era da giorni che pioveva. La pioggia avvolgeva la città in una nube nera e silente e il paesaggio che osservavo dalla finestra spettrale. Avevo perso tutto senza fare nulla, avevo lasciato che tutto andasse alla deriva senza che provassi a frenarmi, ma la paura è una strana compagnia ed io la sentivo in tutto il corpo, quasi la potevo osservare scrutandomi allo specchio.
Accesi lo stereo e tirai fuori un vecchio disco di Richie Lee Jones. Qualche giorno prima avevo rivisto il film Alice nella Città e mi era venuta voglia di riascoltare la sua versione di Under On The Boardwalk dei Drifters e, come l’attore Rudiger Vogler in quella scena sotto il pontile, anch’io osservavo delle polaroid, le sole foto che hanno la magia di non avere negativo, di essere uniche e non più riproducibili, proprio come quel sorriso che avevo di fronte. Come la vita. Faceva freddo ed ero intorpidito per l’umido. Mi versai un dito di Jack Daniels che buttai giù nell’oscurità più profonda di me stesso. Una pioggia pigra ticchettava sul vetro. Accesi l’ennesima Chesterfield e ne aspirai una lunga boccata, lasciai che la musica finisse e spensi lo stereo. Dal divano raccattai l’impermeabile, afferrai il vecchio cappello grigio topo ed uscii di casa.

Lei è il mio unico amore riempie tutti i miei pensieri. Guarda qui nel portafoglio. Questa è lei. E’ cresciuta in una fattoria laggiù. C’e un posto sul mio braccio dove ho inciso il suo nome accanto al mio. Vedi, proprio non posso vivere senza di lei.
Ero arrivato in basso, dove tutto si confonde, dove non riesci più a resistere. Avevo superato la linea, quella linea di demarcazione che ti porta dritto all’inferno, nel buio della tua anima. Lo avevo sempre saputo che la vita non era un gratta e vinci, ma avevo puntato d’azzardo con me stesso ed avevo perso nella partita più importante.

Ora la notte e il freddo, insieme ad un forte mal di testa, mi fanno compagnia mentre mi reco al giornale, al mio lavoro di cronista di nera. Ha smesso di piovere e le strade si stanno riempiendo di gente. Intanto che vado, osservo i tetti delle case e il cielo che resta grigio e fosco sulla mia testa. Se n’era andata non molto lontano, ma se n’era andata e dovevo farmene una ragione, dovevo spegnere per sempre quella fiamma che bruciava di rimorso. A questo punto penso non ho più niente da rinfacciare a nessuno, nemmeno a me stesso. Mentre scorrono i titoli di coda cerco un sorriso da indossare e mi viene in mente lo strumentale Rainbirds. Per l’ultimo addio.
Bartolo Federico
venerdì 8 gennaio 2016
Pronto A Bruciare (polvere e cenere)
Rykarda Parasol – The Color Of Destruction (2015)
Se fate parte di quei pazzi scellerati che ascoltano i dischi di Mark Lanegan, Nick Cave, Velvet Underground and Nico e anche quelli di Patti Smith, 16 Horspower e Willard Grant Conspiracy. Se ancora state cercando i demoni che vi possiedono, che si nascondono dentro di voi, ascoltate queste canzoni. Guardatele dritto negli occhi, e se potete amatele.
martedì 5 gennaio 2016
Sangue Zingaro
Sua
madre gli raccontò che quando nacque pioveva a
dirotto da giorni e che Ft Worth - nello stato della stella solitaria - era
diventata un’immensa pozzanghera. Le doglie
le presero in anticipo di un mese e, siccome lui era il primo figlio, fu
assalita dal panico. A quel tempo la zona in cui abitavano era abbastanza
isolata e distante dall’ospedale. Suo marito era fuori
per lavoro e non sarebbe rientrato prima di un paio di giorni. Tentò di
chiamare aiuto per telefono, ma le linee erano interrotte per le forti piogge.
Non sapeva che fare. Nonostante tutto cercò di
vincere l’angoscia e di non farsi soggiogare dagli eventi.
Robert
Lockwood era un tipo strambo, veniva da Chicago e viveva nella casetta di
fronte. Come tutti i musicisti dormiva di giorno e alla sera suonava nei locali
sparsi nei dintorni. Un tipo gentile, però. Quelle
poche volte che si erano incrociati per la strada l’aveva
salutata sorridendole. Ma lei non si fidava dei neri vagabondi che suonavano il
blues. Si raccontavano strane storie su di loro, si diceva che avevano il
diavolo in corpo e che erano assai pericolosi, bevevano come spugne e
violentavano le donne, specie se bianche. Adesso quell’uomo
bussava alla sua porta perché l’aveva
sentita urlare e lei non aveva alternative .
Quando
aprì l’uscio,
la pioggia veniva giù impetuosa, accompagnata da un
vento gelido. Robert, avvolto in un impermeabile, era inzuppato come un
pulcino. - Tutto bene, signora? – le
disse, sorridendole. Ma lei non fece in tempo a rispondere che svenne. Quando
riaprì gli occhi era distesa sul letto, l’uomo aveva
già preparato l’occorrente per
il parto e le rideva benevolo. Lo osservò, si
senti sicura e le parve, da come si muoveva, che sapesse il fatto suo. Dopo un’ora di
travaglio e di dolore per le contrazioni, Mason, prima usci la testa, poi le
spalle e nacque. Mr Lockwood tagliò il
cordone ombelicale, lo alzò in
aria come Mosè e lo diede alla signora
Ruffner. Fu in quel frangente che, ancora umido, il blues gli si attaccò
addosso. A volte non si può
barare con il proprio destino.

La
vecchia strada era piena di polvere che il vento gli sbatacchiava sul viso. Il
sole fece brillare il suo dente d’oro con
le iniziali incise. Fu allora che New Orleans gli comparve all’orizzonte.
Arrotolò i sogni dentro un joint, accese l’autoradio che
trasmetteva “Truck Stop Girl” e
spinse sull’acceleratore.
“Portami
lungo New Orleans, non tenermi qui, devo suonare il blues a Bourbon Street, e
scacciare suonando questa tristezza solitaria. Scommetto che i joints stanno
piovendo a New Orleans. Se io rotolo e fumo, bambina, non ho bisogno di
dormire. Si dice che le ragazze più
carine sono in Texas, so che tu sei fuori da questo mondo, ma devo andare a New
Orleans e trovare una ragazza creola”(Down
to New Orleans)

Se vuoi
una cosa con tutto te stesso, prova e riprova a volte finisce che la ottieni.
Ora possedeva una band, The Blues Rockers, che aveva scelto con
estrema pazienza. Voleva essere certo che i musicisti fossero in grado di
catturare quel groove che rincorreva da quando Mr Lockwood gli mise in braccio
la sua Gibson Les Paul. Non faceva altro che ripeterglielo “trova
il groove Mason, il groove” Cosi,
insieme a Chris Clifton alla chitarra, Mike Stockton
al basso e Willie Cole alla batteria, ogni sera per 200 sere all’anno si
esibisce al Club 544 in arroventati set. La mano corre veloce
lungo il manico della sua scuoiata Stratocaster, entra ed esce dalla canzone
con fraseggi melodici fulminei impasta perfettamente il blues con il rock’n’roll e
canta con una voce liquefatta alla Dylan. La sua innata simpatia gli fa
conquistare il pubblico, che ogni notte è
sempre più numeroso ed ha il sostegno di Memphis Slim e
John Lee Hooker. Alla fine del giro si ritrova sotto il
palco musicisti del calibro di Bruce Springsteen, Jimmy Page, Robbie
Robertson, Carlos Santana, Stevie Ray Vaughan e Billy Gibbons degli ZZ Top,
tutti a vedere il nuovo Santo in città.
Quelle canzoni finalmente ottengono un contratto discografico con la CBS e un
produttore, Rick Derringer.

La CBS
gli offre un’altra chance. Questa volta
il produttore che lo affianca è un
rocker gallese che conosce la materia. Nick Lowe sa come
mischiare rock’n’roll e blues nelle giuste
dosi e giocare sulla semplicità che è quasi
sempre la carta vincente. La Stratocaster di Mason viene posta in primo piano,
esaltata , rinvigorita e vengono fuori quelle influenze cajun che ha assimilato
in Bourbon Street. Cosi “Runnin”
diventa un piatto fumante di gumbo offerto da Dr John attraverso Stevie
Wonder, cantata alla John Hiatt. “Gypsy
Blood”, che è anche
la title track del film “Steel Magnolias”, è
magnetica e diretta. Una di quelle canzoni che chiunque pagherebbe per
scriverla. Colpisce con licks e riffs che sono una prelibatezza ed è
Bibbia per tutti quelli cresciuti nei bassifondi del rock."Dio sa che
sono nato zingaro,il mio cuore non ti può
rubare,cieco ho messo la mano sulla mia valigia viaggiando con la mente è quel
sangue ,quel sangue zingaro che mi porta lontano dall'amore " (Gypsy
Blood). Il video che l’accompagna è fonte
d’ispirazione per questo blog. Da uomo libero che non
ha smesso di andare, vedere e sentire, compone canzoni che sono un attestato
all’indipendenza “Dancing
on top of the world” e “Fightin’ Back”
parlano chiaro sui suoi propositi. .”Distant
Thunder” è una
ballata carica d’amore e poesia, con sullo
sfondo Bob Dylan e tutte quelle solitudini piene d‘amore e
dignità che vagano libere sotto i cieli del mondo.

Il
rettifilo era infinito. Superò degli
autocarri colorati e rallentò. All’incrocio vide
le strade bianche di polvere correre parallele, non ci pensò due
volte a svoltare. Percorse diverse miglia, poi si fermò in
una pompa di benzina, comprò delle
birre e ne stappò una. Non provava nostalgia o
rimpianti, voleva tornare a casa perché
adesso si trattava di decidere che direzione prendere. Dopo un periodo di
tregua, abbastanza lungo da farsi dimenticare, ritorna con un album
indipendente “Evolution” che è un
mix dei due precedenti con la novità che
lo si può ascoltare anche in versione acustica. Evolution
contiene una canzone “Angel Love” di
cui Carlos Santana si innamora e Mason riparte in tour. Ma, come tutti i
cani sciolti, dopo un po’ ritorna a vagare per le sue
strade secondarie dove il caldo e l’afa
ammazzerebbero chiunque si avventuri, dove il cielo è una cascata
di stelle e la terra risplende in tutta la sua nuda bellezza. Scrive ancora
canzoni che si rifanno alla tradizione dei padri secolari del blues e a Memphis
incide un nuovo album dal titolo emblematico, “You
Can’t Win”, con
una band, a detta di lui, la migliore che abbia mai avuto. Ad oggi è la
sua ultima fatica discografica.
"Tienimi la tua luce addosso,vengo a
casa, la mia anima urla ,il mio cuore mugola ho visto le ali della pazzia
,tutto da lavare via, ma cose cosi' qui non accadono"(Keep on your light
one for me)
Bartolo Federico
domenica 3 gennaio 2016
Un Fantasma Allo Specchio
Dannate sigarette
finiranno per uccidermi! esclamò a se stesso nel momento in cui schiacciava il
mozzicone con forza nel posacenere. Si squadrò allo specchio e si vide sempre
più magro e smunto. La morte gli correva lungo il fianco della vita. Ma era
abituato a quella sensazione e non gli faceva paura. D’altronde, era stato uno
sbirro con licenza d’uccidere, fino a non molto tempo prima. Si sentì bruciare
la gola e il fondo del naso. Tossì quasi borbottando e sputò del catarro, misto
a qualcos’altro, nel lavandino. Non c’è verso di sfuggire al passato. Era l’una
e dieci di una notte tormentata e senza controllo di un uomo che non era più
ispirato dalla vita. Ma che, a dispetto di tutto, non voleva perdere quel poco
che gli restava di suo. Sotto la luce giallastra dello specchio del bagno,
prese a farsi la barba. Intanto che s’insaponava, vagò con i pensieri, cercando
di ritrovare il filo dei giorni e a come si era trascinato fino a lì.
Nonostante le
pressioni dei delicati incarichi, che andavano a scapito della vita privata,
nonostante le incomprensioni, le aspettative e le seguenti delusioni, era
sempre stato leale e scrupoloso, beninteso non uno stinco di santo, ma un
collega a cui la generosità non difettava. Il suo lavoro era diventato come una
malattia da cui non riusciva a liberarsi. Fino a quando, un giorno, tra lo
stupore dei compagni, si presentò in ufficio e, senza dare spiegazioni,
depositò il distintivo, la pistola e si congedò. Niente più sangue, niente più
guerra, niente più sgomento. Tutto finito con un semplice gesto. Da quel
momento in poi divenne un uomo invisibile che nessuno incontrò più. Per mesi si
era spinto vagando in lungo e in largo senza una meta. Vivendo di piccoli
lavori, sempre più o meno solo. Dietro di se non lasciava nessuna traccia. Al
pari di quei criminali cui aveva dato la caccia.
Quando s’invecchia,
ci si ammutolisce e si prova una sottile sensazione di disagio a stare con gli
altri, pensò. Ma poi a che serve parlare, le parole scivolano e si gira intorno
alle cose. Ognuno di noi, alla fine, fa sempre ciò che vuole. O, almeno, così
crede che sia. Fino a quando, improvvisamente, ci si rende conto che il mondo
va in un'altra direzione, rispetto a quella che abbiamo seguito. Ad un tratto,
si apre un buco nero dentro di noi, e comprendiamo che non siamo stati capaci
di raggiungere il cuore della vita, di essere stati bellamente usati e fottuti
dalle circostanze. All’inizio ci sentiamo pieni di rabbia e ne facciamo una
questione personale. Con il passare del tempo non ce ne importa più nulla. ed è
a quel punto che si resta afoni e muti. Nel buio della stanza illuminata dalla
tele senza volume si versò un’altra tazza di caffè e diede fuoco a un avanzo
che era rimasto nel posacenere.
Un uomo scava un
buco mentre un altro spala sporcizia dentro un altro buco. Un uomo dice Hello
mentre un altro sta partendo verso un luogo dal quale non tornerà. (Dogs -
Stan Ridgway)
Da ragazzo,
guardando il poster del Re del rock’n’roll si riempiva di sogni. Quella foto
stava nella parete proprio di fronte al suo letto e immortalava un giovane Elvis,
abbellito da un ciuffo ribelle e un ghigno che era tutto un programma. Aveva
sempre cercato d’imitarla quella faccia irriverente e quell’atteggiamento
spavaldo che gli diceva più di mille parole, che lo spingevano in qualche modo
ad affrontare la vita senza paura. Lo aveva provato più volte davanti allo
specchio quel riso maligno, per indossarlo ogni qual volta ne sentisse la
necessità. Ma, allora, c’era un mucchio di cose da fare. Adesso, nella stanza
buia di quel ragazzo, era rimasta solo un’accozzaglia di cenere volata via
controvento. Si adagiò sulla poltrona vicino la finestra e guardò quella città
deserta. La pioggia scendeva a catinelle giù nelle tenebre. Chissà perché,
sperò che un po’ di buona sorte gli fosse rimasta appiccicata addosso.
Mi ricordo due
occhi verdi e alcuni fiori secchi sul davanzale di una finestra… perché dicono
che è una città solitaria, dicono che è un peso. (Lonely Town –
Stan Ridgway)
Dato che il mondo
non è proprio quello che si credeva che fosse, bisogna pur amare qualcosa o
qualcuno per resistere. Certo, tutto è tenuto insieme da bugie e promesse che
alla fine ci spezzeranno il cuore ma alle volte non c’è via d’uscita. Finì la
sigaretta e spense la tele. La pioggia restò sospesa e la notte divenne più
nera del nero. Come il suo cuore, d’altronde. In quel silenzio surreale gli
parve di percepire l’odore inconfondibile ed eccitante del corpo di Alice. La
prima volta che fecero l’amore lei lo tenne stretto con tutte le sue forze.
Talmente stretto, che poteva sentire il suo cuore battere contro le costole.
Quei baci che erano stati la sua cura, adesso erano diventati come un sogno
crudele che lo ossessionava. Alice era una donna di una bellezza senza rimedio.
Apparsa come un flash nella sua vita in un giorno di pioggia. Il suo collega
tenente si era assentato all’improvviso ed era toccato a lui sostituirlo per
l’interrogatorio di alcuni testi di un omicidio. Erano incombenze che non
amava. Ma, quando da quella porta comparve la sagoma di Alice, lui si sentì
cosi scosso da avvertire un fremito lungo la schiena, come se gli fosse apparso
il diavolo in persona.
E se solo ci fosse
lei, qui, le direi cose che non le ho mai raccontato prima. (Walkin’ Home
Alone-Stan Ridgway)
Svuotò il
posacenere nella tazza del bagno e tirò lo sciacquone. L’attesa e la
stanchezza, se non le controlli, ti giocano brutti scherzi. ti riportano a
galla quelle piccole cose, quei piccoli gesti, che ti fanno sanguinare come un
toro colpito a morte. Quando si accomodò nella seggiola di fronte a lui, lei
gli sorrise in un modo tale che era come se lo volesse azzannare. Come se lo
stesse invitando a scoparla. E lui lo avrebbe fatto, se solo lei avesse anche
inavvertitamente allargato le gambe. Con uno sforzo sovrumano tentò di
ricomporsi e restituire al cervello quell’aplomb che la situazione richiedeva.
Si schiarì la voce e tirò fuori una bionda dal pacchetto di Camel. L’ accese
nervosamente, cercando allo stesso tempo di placare quei sensi che erano gonfi
di desiderio.
Non si era mai
trovato a gestire una cosa del genere. Quella tipa lo aveva completamente
spiazzato, mandato nel pallone. Durante l’interrogatorio lei rispose
accuratamente alle domande e alla fine firmò il verbale. Poi si alzò dalla
seggiola e, nel’ allungargli la mano, disse: “adesso sa dove abito”.
Aveva capito tutto. Sarebbe stato meglio tenersi a debita distanza, per come
profumava di guai. Ma quell’improvvisa passione che aveva provato non poteva e
non voleva sopirla. Si sentiva come un ubriaco che aveva perso l’equilibrio ed
era caduto a faccia in giù. Non considerò, neppure per un attimo, il prezzo che
c’era da pagare a desiderare una donna del genere. Ma si era come iniettata in
vena.
Rivolse lo
sguardo, ancora una volta, verso la finestra. Un violento temporale si era
scatenato. Aveva perso qualcosa e voleva sapere se era davvero così. Doveva
ritrovarla e riuscire a parlarle, solo a questo anelava. Ma quello che esigeva
era davvero troppo. Guardò sul tavolo il medaglione che gli aveva regalato la
sera prima che sparisse. Si era fatta una doccia e se ne stava raggomitolata
sulla poltrona di pelle, mentre lui con la chitarra strimpellava un vecchio
country blues. Ad un tratto, Alice si avvicinò e gli fece un succhiotto sul
collo. Era avvolta in un corto accappatoio bianco, che mostrava l’interno delle
sue cosce. L’abbracciò e sentì i seni duri sulla schiena, continuò a suonare
stentatamente mentre dei brividi di piacere lo scuotevano. Con maestria gli
passò la lingua dietro l’orecchio e gli donò quel pacchetto. Avvolto in un
fazzoletto a forma di cuore, c’era quel medaglione con su incisa una frase: Al
Mio Amore.
I sentimenti che
nutriamo l’uno per l’altro ci rendono deboli e confusi, restiamo misteriosi ma
vulnerabili. Hai voglia a girarci intorno, l’amore è un enigma che nessuno è
riuscito mai a decifrare. Ma, adesso, voleva sapere se quel sentimento che
provavano entrambi era diventato solo un ricordo. Però a imboccare certe strade
non si va da nessuna parte. Questo dettaglio a uno come lui non sarebbe dovuto
sfuggire.
Quando riusciva a
sottrarre dal lavoro qualche ora libera, amava frequentare un negozio di
dischi. Mr Jones, un americano trapiantato era il proprietario di quella
bottega e, dato che si conoscevano da tempo, gli lasciava ascoltare tutto
quello che desiderava Quella passione per la musica gli era rimasta intatta,
nulla era riuscita a scalfirla. Scartabellava tra gli scaffali, guardando ogni
singolo lp e cd. Il suo reparto preferito restava quello dedicato al blues,
l’unica musica che lo rincuorava. Considerava il blues come la sua ombra
acciaccata che lo pedinava su quelle strade tortuose che il suo lavoro lo
costringeva a percorrere. Il suo mondo era ingolfato da gente che tentava di
fottersi l’uno con l’altro. Da matti pronti ad uccidere per un nonnulla. Da persone
colme di odio e miseria. Viaggiava in quel brutto sogno e non riusciva a
liberarsene. Fino a quando non gli apparve lei. Fu allora che ruppe
definitivamente gli argini e si allargarono i confini. Ruzzolò dentro se
stesso, nella sua anima più profonda. E tutto cambiò. Per la prima volta,
guardandosi allo specchio, non si riconobbe più.
I miei occhi son divenuti rossi quando la mia
vita è diventata triste. Così, sto abbandonando tutto, è la verità, per saltare
in una nuova pelle. (Don’t Box Me- Stan Ridgway)
Adesso di tempo ne
aveva quanto ne desiderava. Anche se la sua esistenza era ridotta a poca cosa,
la voglia di capire e quel bisogno fanciullesco di continuare a combattere
restavano inaspettatamente saldi dentro di lui. Intanto che la pioggia
continuava a cadere congelandogli le ossa, la merda lo soggiogò. Lei è soltanto
una sudicia baldracca che starà spalancando le gambe a qualcun altro, rimuginò.
Ma con tutta la cattiveria che ci poteva mettere, i conti non tornavano. Hai
voglia a metterli in colonna, le somme del cuore non tornano mai. Ripensando al
passato, sentiva di non avere rimpianti per tutte quelle porte che si erano
chiuse, per tutti i sogni spezzati e le speranze devastate. Si era
disintossicato definitivamente dalle sue e altrui menzogne. E allora? Cos’era
che lo spingeva a cercarla? Tanto valeva ammetterlo, almeno a se stesso. Era la
carne che si ostinava a rincorrerla, era quel desiderio del suo corpo, della
sua bocca, della sua figa, che non si placava. Era quel sentirsi leggero quando
lei lo toccava. Quella sensazione di abbandono che provava nel penetrarla e
dopo ogni suo orgasmo. Forse stava inseguendo un fantasma. Ma i fantasmi non ti
abbracciano, non ti baciano, non piangono.

Il vento fece
sbattere l’imposta della finestra. Si alzò dalla poltrona, raccolse le sue cose
che erano sparpagliate per la stanza, le infilò dentro la sacca e si vestì. Non
appena fu in strada la pioggia aveva smesso di scendere. Salì in macchina e si
avviò lentamente. Anni di odio, di paure, di rabbia, erano scivolati via, tutti
in un botto. Accese una sigaretta e ne aspirò una lunga boccata. Si fermò al
semaforo ed abbassò il finestrino. Voleva sentire il vento sul viso. Al verde,
ripartì sgommando. Dopo qualche chilometro si fermò nuovamente e scrutò
intorno, come a cercare qualcuno, qualcosa, una direzione. Ma non c’era nulla
in quella città deserta. Neanche una freccia, che gli indicasse la strada che
portava da lei.
Tu non sei come
sembri. Semplicemente, sei un fantasma allo specchio.(Right Through You-Stan
Ridgway)
Bartolo Federico
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