lunedì 17 gennaio 2011

Bollettino Delle Emozioni(al bar da Gino)



Avevo finito il mio turno di lavoro alla ditta di pulizie e, siccome non mi andava di rientrare, telefonai dal bar di Gino al mio amico Toni, il poeta, che tra l’altro somiglia pure a Manero e di lavoro fa il psichiatra, per una partitina a tresette. – Accipicchia!- , mi fa ansimante, - non hai un cazzo da fare e rompi i coglioni mentre sto a cavallo di sta puledra. Ma va bene, perdio, il tempo che finisco sta cavalcata e arrivoooo.- Dopo un’ora circa se ne spunta che mi ero fatto già due birre grandi alla spina e un pacco di patatine maxi fritte unte d’olio, che mi leccavo le dita per la goduria.
Dicevo, se ne spunta con un ghigno che era tutto un programma. Si siede e fa:- Senti questa di Pedro. - Chi!! -, feci io. - Il Salinas, se no chi cazzolata. E prese a recitare dei versi, mentre con l’altra mano teneva il mio boccale di birra. Se lo scolò in un botto. La poesia gli prosciugava la bocca e anche quella cavalcata di prima, blaterò finito di bere.

- Ma dove sei stato, che è da un pezzo che non ci si vede-, mi dice.

- Beh sai un po’ qua un po’ là, insomma ora ti racconto. C’è sta mia zia Amalia, che è una scassa bruni per eccellenza, non fa altro che dire che passo le giornate a grattarmi le palle e, siccome è lei che mi scuce i soldi quando sono in bolletta (quindi sempre), mi sono comprato un pacco di riviste e qualche libro, tanto per farle vedere che mi sto acculturando.
Ho preso a leggere un certo Celine e delle riviste di musica che sono di una noia mortale, ma meglio quelle che la saga del cavaliere pedofilo ho pensato. Mentre ero intento ad apprendere (beh ogni tanto staccavo e mi tracannavo una birroccia scura), è venuto il figlio di mia sorella e mi ha regalato un pc (Babbo Natale gliene aveva portato uno nuovo). Lui, spocchioso, mi dice: - Zio ti farò navigare!-Mentre pensavo che dovessimo prendere il Ferry Boat e mi stavo vestendo per uscire, lui, di rimando, mi ha spedito in quel posto, perché non capivo una nespola. Ha montato il pc nella stanza da pranzo e, tutto soddisfatto, perché la zia Amalia gli aveva dato trecento euro (furbo il ragazzino), mi fa con quella spocchia dell’età: - Ora tieniti pronto che ti faccio vedere il mondo -. Mi sono avvicinato guardingo ed ho scrutato nel video, ma non ho visto nulla perché il pc era spento. Mi ha detto: - Abbi pazienza, zio, tra poco, quando si connetterà avrai tutto in un clic- . Roba da matti, che, se non era mio nipote ma Marchionne, gli avrei fatto fare un T.S.O e l’avrei lasciato lì per sempre. 

Come dicevo, lo sai che ho sta passione per la musica che mi prosciuga tutto il grano e per questo sto sempre in bolletta. E che cazzo posso farci se ho sta passione! Bene, mi sono letto sto pacco di giornali, poi ho fatto un giro su internet imparo in fretta sai, e, dappertutto, c’erano le classifiche dei migliori album dell’anno trascorso, dei migliori film, dei migliori libri, dei migliori dei migliori... A leggerle mi è venuto un mal di testa colossale che mi sono fatto due birre rosse una dietro l’altra. 


E siccome sono stronzo, e so farmi del male da solo, che faccio: ordino per corrispondenza i cd che non avevo comprato, o cosi pensavo. Tu lo sai bene che in questa città non ci sono più negozi di musica per cui non avevo alternativa. Ma mi piace tanto il rock’n’roll. Non l’avessi mai fatto. 


Quando il postino mi ha suonato per la consegna ed ho dovuto scucire tutto il grano che avevo da parte, sono entrato in coma etilico per due giorni, che per riprendermi mi hanno fatto le endovene di vitamine. Non ti dico poi di zia Amalia! Quando mi ha visto in quelle condizioni voleva cancellarmi dal testamento. Ma superato questo intralcio sono stato giorni e giorni ad ascoltare i cd ed ero cosi incazzato che ho chiesto informazioni tramite internet su dove abita un cero T. Bone Burnett, che se lo capito a tiro gli do un calcio nelle palle che glielo faccio ricordare per tutta la vita, dato che è un pezzo che gliele ho promesse. 

- Scusa ma chi è sto Burnett. Gino un altro giro due piccole doppio malto paga Toni.
- Devi sapere che sto tizio un tempo era un musicista che figurati è andato in tour anche con lo zio Bob (guarda che onore!), ma poi lo zio Bob, intelligente per com’è, non lo ha più voluto tra i piedi. Non sbaglia mai un colpo lo zio. Sto tizio con la faccia di un angioletto di Michelangelo che con il rock non centra proprio, si è messo a fare dei dischi.

 La malasorte che mi perseguita é che in quel periodo, era il 1983, lavoravo in una radio privata e me li sono dovuti pure comprare! Le riviste musicali lo gonfiavano a dismisura, quasi fosse un genio. Tu sai com’è il pubblico che segue le riviste: si beve tutto, per cui telefonavano in radio per poterlo ascoltare, mica c’era Internet. Sto tizio era veramente di una noia mortale. Il culmine lo raggiunse nel 1986. Sempre per il motivo di cui ti dicevo, comprai l’album omonimo, mi sistemai il disco sul piatto e presi ad ascoltarlo. Dopo le prime due canzoni stavo già in una fase depressiva che neanche con l’elettroshock mi sarei ripreso e maledicevo me stesso per non essere andato al mare con Luisa, la mia ex. Ma lo sai quanto mi piace ascoltare la musica! Quando girai il disco e arrivammo alla cover di “Time” di Tom Waits non c’è la feci più, mi alzai dalla sedia, strappai il disco dal piatto e lo distrussi; dopo piansi per i soldi spesi e vomitai per la musica al punto che mi ricoverarono d’urgenza per come ero disidratato. 

Adesso questo fa il produttore. Il problema è che produce dischi di artisti che mi piacciono come John il Coguaro. Pensa che non mi ricordavo neppure che lo avevo già comprato sto cd di Mellencamp (No Better Than This), che l’ho riordinato pensando mi fosse sfuggito. L’ho riascoltato con buona lena. Nonostante tutto sono arrivato alla fine, per rispetto di John, ma la prossima volta che si fa produrre da sto tizio con il piffero che mi compro un suo cd! Dov’è il Coguaro?! Tutto suona piatto, monocorde, perfetto per la filodiffusione o il mattino di Radio Capital. Nessuna emozione, dicasi una neanche di seconda mano, ho provato. Nel pacco che mi è arrivato c’era pure Ryan Bingham, a mio parere artista sopravvalutato. Sto ragazzotto ha una bellissima voce ma le canzoni dove sono. Se nei precedenti lavori Ryan è stato prodotto da Marc Ford che ha coperto le lacune con un suono tagliente e diretto, da grande rocker che è (un ex Black Crowes mica roba da ridere), in questo “Junky Star”, presentato in pompa magna, tutto suona scontato, da compito in classe. D’altronde il suo produttore fa suonare tutti i dischi uguali, senz’anima, li ascolti una volta, ma di risentirli non ti viene la voglia. Questa è musica da salotto, da plaid sulle ginocchia e camini accessi, perfetta per chi ama i dischi di Elton John o Billy Joel e compagnia bella. Il suo è un “rock” che non si sporca mai le mani e neanche il cuore.T Bone Burnett gode della stima dei musicisti con cui lavora e i dischi che ha prodotto sono numeri uno in tutte le classifiche dei dotti e illuminati giornalisti del settore, quindi il problema sono io che non ci capisco nulla. Però merda di vacca questo insiste! Adesso ha prodotto il nuovo di Greg Allman è mi gioco la qualunque (non Cetto ) che il blues di Greg sarà cosi soporifero, mainstream, che farà sembrare “Sailing” di Christopher Cross un pezzo degli Stooges. 

Vabbò, ma la botta più grossa l’ho presa con Springsteen,Gino qui ci vuole doppio malto con soda. Grazie, pago io, metti in conto. A parte il costo esorbitante, che alla fine pesa sul giudizio, queste operazioni sono pura speculazione. Può darsi che l’autore sia in bolletta, visto che le vendite dei suoi ultimi cd non è che siano andate un granché (“Magic” e “Working on a Dream”), di conseguenza la casa discografica doveva raggranellare un bel po’ di dollaroni freschi e fumanti, ed allora eccoti servito “The Promise” che, al di là del mutuo che devi accendere, è una mezza delusione. Non per la parte video, perché quella è storia. Springsteen nel 1978 ha fatto il miglior tour della sua vita ma i cd, quando li ho ascoltati ho provato imbarazzo di fronte a certe canzoni. Comunque, è anche vero che suoni e colori sono in linea con la sua produzione post “Nebraska”. A proposito Toni, ti ricordi quel piccolo negozio di dischi N.EU. (come la band tedesca), quello di Enzo Russo, Ebbene, dopo che uscii’ “Born In The U.S.A”. Chi andava a comprare i suoi dischi erano bancari in libera uscita, avvocati rampanti, figli di papà palestrati, tutto l’opposto dello zoccolo duro che lo aveva sostenuto. Il sabato mattina arrivavano con le loro moto Bmw, vestiti di tutto punto, Clark, panta Armani, giubbini di pelle e occhiali da sole griffati atteggiandosi da consumati rocker, da saputelli, per avere ascoltato uno due dischi rock (tra cui Vasco Rossi). Da quel momento in poi Bruce è diventato il loro idolo. Suonerà nei grandi stadi e il grande pubblico ,che è quello che conta, lo acclamerà come fosse un messia. Io lo preferivo quando anche lui era un visionario ribelle: la sua musica ti incendiava l’anima e dal cuore ti grondava sangue a grappoli con quei soli torcibudella. La E-Street era una gang di delinquenti, di veri combattenti di strada venuti dai bassifondi newyorkesi per predicare il sacro verbo del rock’n’ roll: insomma la sua fotocopia . Vero e sincero fino alle lacrime, il suo cuore pulsava per gli ultimi della fila. E quelle immagini del 1978 non smentiscono. Dopo di ché, per quanto mi riguarda, è un'altra storia. Buona per essere raccontata da riviste patinate, da MTV, o per scrivere libri da giornalisti in giacca e cravatta. La sua musica diventerà altro. Gli verrà a mancare quella tensione emozionale, quell’ ardore da ultima spiaggia che ti faceva sentire tutt’uno con lui. Spuntarono i sintetizzatori e canzoni che ancora oggi non riesco a digerire (tipo “Dancing in the dark” “Cover Me” e compagnia bella). Il suo canto si vestì di una drammaticità che troppe volte mi sembrò eccesiva , da risultarmi ostile. Ma Bruce e la sua band sono saliti sul gradino più alto del podio. Ancora oggi riempiono gli stadi e la E-Street non è più una gang ma un orchestra precisa, puntuale, organizzata per il Karaoke collettivo quali sono i suoi show. Lui siede alla destra di Obama, sempre dalla parte giusta comunque, e tutti sono felici e contenti. A mio parere quello che gli è mancato dopo “Nebraska” è stato il blues. il maledetto blues quel tormento ossessivo e miagolante che ti indica la direzione quando al buio hai smarrito la strada di casa. Ma anche qui ho torto, perché “The Promise” è nelle preferenze di chi di rock se ne intende. D’altronde lui lo aveva detto che se ne andava per vincere. Sono io che non l’ho capito e sono rimasto un perdente, per giunta anche ubriaco. Sai che ti dico Toni, mi tengo stretta la copia del 1978 di “Darkness On The Edge Of Town” in vinile e ci scoliamo un’altra birra . Adesso, comincio a sentirmi un po’ meglio. Dopo aver tolto il carico, ho lo stomaco libero per ricominciare a bere. Intanto che tu ordini, telefono alla zia Amalia per dirle che ritardo, se no quella chiama i pompieri, i vigili urbani e la protezione civile per cercarmi. Per me gin e coca questo giro. 

Qualcosa di buono in questo pacco mi è arrivato. Niente di rivoluzionario, intesi , ma onesto e sincero come è sempre stato Peter Wolf, anche quando girava con la sua vecchia band, la J.Geils Band, perché non tutto è andato perduto. C’é chi ancora tiene la barra del timone sulla rotta dei sogni, con coerenza e passione: un matto come Peter è quello che ci vuole, perché solo un matto dal cuore d’oro può dedicare una canzone a Willy De Ville,The Night Comes Down. Da quando è morto nessuno si è preso la briga di onorarlo per quello che merita. Pensa hanno fatto tributi anche a Cristina D’Avena, ma a Willy nulla! Ora tutti questi musicisti che se vanno in giro pieni di boria a fare gli smargiassi che si comprassero “Coup De Grace” e se lo mettessero sul comodino, come l’immaginetta della Madonna, per capire come si fa un disco di rock’n’roll che suoni con l’anima e il cuore e tutto il resto. Ma dove lo si trova un altro che canta come Willy? Neanche in un altro mondo. 

Sai Toni, se potessi farlo gli comprerei mille cd a Peter del suo “Midnight Souvenirs” per ringraziarlo di questo pensiero. Dopo me ne andrei in centro città a distribuirli ai passanti gratuitamente anche perché te lo ascolti e riascolti e ti vien voglia di metterti in macchina magari con una bella pupa a scorrazzare tutta la notte, neanche avessi vent’anni. E dato che sognare non costa nulla mi porterei anche il cd di Alejandro Escovedo per fuggire con lei fin dove le strade diventano canzoni d’amore. 

Guardavo ste classifiche e mi chiedevo: ma il rock dov’è?!. Il rock, quello che nasce nella strada, che arranca e combatte, che lotta, che si indigna. Forse è con i ragazzi di Tunisi, vestito da “Combattente”. Di certo non è in “Le Noise” di Neil Young o in “Leave Your Sleep” di Nathalie Merchant o in “High Violet” dei National. Tutti loro hanno fatto di meglio, di molto meglio, perché mi accontenti di semplici esercizi di stile. Di certo sta con gli operai della Fiat che hanno dovuto votare  al ricatto di Marchionne e di questo governo di prezzolati. Ma in questa nazione quando la finiremo di fare i codardi, di mettere la testa nel buco, di stare tutti zitti di fronte al padrone! Di avere paura. Continuiamo ad ignorare il declino morale ed economico per far piacere ad un vecchio maniaco che ci prende tutti per il culo. Ma perché m’incazzo allora per un disco che non mi piace, mentre tutto va a male e poi mi sento in colpa per questo. Alla fine la musica è il mio salvagente, la mia terra promessa. Perché di terre promesse non ce n’é. Le ancore di salvataggio sono solo ed unicamente quelle che abbiamo dentro di noi, quei sentieri che abbiamo arato, che ci hanno fatto crescere, piangere, ridere, vivere, e in quei sentieri bui e silenziosi che abbiamo formato gli anticorpi, che ci hanno portato fin qui con la testa alta e lo sguardo nel vento, come vecchi capi indiani, orgogliosi di tutta la strada che abbiamo percorso ma ancora per niente paghi. Con quella vecchia fiamma che brucia, con la voglia matta di ascoltare storie di guardare immagini di innamorarci ancora una volta della vita o semplicemente di un disco, di farci chilometri senza una meta solo per sentire il vento e guardare il sole e alla fine ci si sente leggeri, di quella leggerezza che solo i pazzi e i bambini conoscono. Perché andare avanti a volte è difficile, complicato, ma lo facciamo serrando i pugni e mettendoci tutti noi stessi, anche quando ci si sente soli o si è tali davvero. Allora facciamola tutta questa strada. Unicamente per non morire e per non smettere mai e poi mai di sognare.
Alla Vostra.

Bartolo Federico Gennaio2011






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