sabato 2 marzo 2013

Diamanti Sul Parabrezza.



Avevo imboccato quella strada solitaria, senza nulla da attraversare, né paesi né città, nulla. Guidavo e volevo che le cose scivolassero per i fatti propri. Volevo abbandonare tutto quello che mi aveva ferito, come vuoto a perdere, sul ciglio della carreggiata. Volevo mettere un po’ d’ordine in me stesso, perduto nel grande spazio. Ma qualcosa stava accadendo in quel luogo di desolazione, in quella giornata carica di luce.

Lei era tornata dal suo vagabondare e mi aveva mandato delle canzoni che mi parlavano di un’ America smarrita, di piste battute dal vento, di amore, morte e guerra, di souvenir raccattati al confine e mi sentii come l’ultimo dei pionieri, mi sentii come un robivecchi dell’anima. Mi spiegava che non potevo lasciare certe cose, perché quelle erano nel profondo di me stesso, mi appartenevano. Non potevo emigrare da quelle sensazioni o da certe canzoni. No, non potevo farlo davvero, dovevo solo andargli incontro.

Cosi presi quella pista che mi portava dentro il cuore dell’America, imboccai la strada 51, la strada che i vecchi bluesman percorrevano per seminare le loro perle e che lei ha raccolto quando, selvaggia e ribelle, viaggiava su strade di polvere, mentre incredula osservava il West scorrere dietro di lei e, scriveva la sua poesia sul parabrezza dell’auto .

Mi prendono a sberle queste canzoni con parole omicide che s’infilano dentro, come pirati all’arrembaggio. Sono dense e aspre, ma anche fragili come i blues, e prendono qualsiasi direzione come pallottole vaganti. Sprigionano gioia, disperazione, tristezza. Si ricordano che sono figlie delle Pietre Rotolanti e del folk asciutto e grezzo di Dylan. Ma lui è ovunque, lui è dappertutto, anche nel più crudo disco di punk. Lui è sempre lì.

Supero quella linea ferrata ormai in disuso e mi appaiono le ombre dei vecchi fuorilegge: John Wesley Harding, Billy The Kid , Jesse James, che fischiettano sottovoce, e mi sembra di riprendermi un pezzo d’identità che avevo smarrito. E’ in questo vuoto immenso che percorro in cerca delle mia città-fantasma, senza roba da bere, che risento forte e chiara la presenza dello sciamano Jim Morrison aleggiare in Awakening.

Il cielo è di un blu intenso e la strada è lucidata di nero. La vecchia Route 66 è malconcia e piena di nostalgia, per i vecchi motel e per quelle anime che l’hanno attraversata, come quei due solitari, bevuti di vita, che erano Jack &Neal mentre correvano controvento a toccare i sensi all’America. Aveva fatto i conti con se stessa, aveva rassettato la sua vita, ma non si era appagata, tutt’altro. Adesso era finalmente libera anche di vestire i ricordi con una nuova taglia e farli risplendere come fossero nuovi di zecca .

Ad ognuno le strade a misura dei propri sogni. Le valigie erano nuovamente sul marciapiede. Se n’era andata a vagare sotto un cielo di stelle cadenti, cosi Born To Be Loved l’aveva scritta sulla sedia a dondolo di Tony Joe White guardando la palude e sorseggiando una birra. Intanto che Buttercup mi agguanta e mi leva il respiro, orgogliosa e insofferente com’è, si tinge di scuro nel ricordo struggente di un amico in Copenhagen. Quando arriva Seeing back sobbalzo dal sedile con una sciabolata chitarristica alla Crazy Horse . Che cosa pazzesca mi stava capitando! Dentro quelle mappe del cuore continuai a guidare e ogni volta che arrivavo in fondo mi toccava ricominciare daccapo.

Poi quello sbuffo di vento mi porta un bacio lieve, Kiss like your kiss, che mi è finito sulla bocca, e lì me lo sono tenuto per tutto il giorno, e lo terrò per tutti i giorni che verranno, insieme alle altre sue strepitose ballate, dolenti e malinconiche, che mi riempiono gli occhi e l’anima, come angeli ubriachi di rock’n’roll , e di lei.

Bartolo Federico



1 commento:

  1. che flash... mi ero dimenticato di averla intervistata.. come era fuori.. grazie dei ricordi

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