Quando
s’invecchia ci si ammutolisce e si prova una sottile sensazione di
disagio a stare con gli altri, pensò. Ma poi a che serve parlare, le
parole scivolano e si gira intorno alle cose. Ognuno di noi, alla fine,
fa sempre ciò che vuole. O, almeno, così crede che sia. Fino a quando,
improvvisamente, ci si rende conto che il mondo va in un'altra
direzione, rispetto a quella che abbiamo seguito. Ad un tratto, si apre
un buco nero dentro di noi, e comprendiamo che non siamo stati capaci di
raggiungere il cuore della vita, di essere stati bellamente usati e
fottuti dalle circostanze. All’inizio ci sentiamo pieni di rabbia e ne
facciamo una questione personale. Con il passare del tempo non ce ne
importa più nulla. Ed è a quel punto che si resta afoni e muti. Nel buio
della stanza illuminata dalla tele senza volume si versò un’altra tazza
di caffè e diede fuoco a un avanzo che era rimasto nel posacenere.
Rivolse
lo sguardo, ancora una volta, verso la finestra. Un violento temporale
si era scatenato. Aveva perso qualcosa e voleva sapere se era davvero
così. Doveva ritrovarla e riuscire a parlarle, solo a questo anelava. Ma
quello che esigeva era davvero troppo. Guardò sul tavolo il medaglione
che gli aveva regalato la sera prima che sparisse. Si era fatta una
doccia e se ne stava raggomitolata sulla poltrona di pelle, mentre lui
con la chitarra strimpellava un vecchio country blues. Ad un tratto,
Alice si avvicinò e gli fece un succhiotto sul collo. Era avvolta in un
corto accappatoio bianco, che mostrava l’interno delle sue cosce. Lo
abbracciò e sentì i seni duri sulla schiena, continuò a suonare
stentatamente mentre dei brividi di piacere lo scuotevano. Con maestria
gli passò la lingua dietro l’orecchio e gli donò quel pacchetto. Avvolto
in un fazzoletto a forma di cuore, c’era quel medaglione con su incisa
una frase: Al Mio Amore.
Quando
riusciva a sottrarre dal lavoro qualche ora libera, amava frequentare
un negozio di dischi. Mr Jones, un americano trapiantato era il
proprietario di quella bottega e, dato che si conoscevano da tempo, gli
lasciava ascoltare tutto quello che desiderava Quella passione per la
musica gli era rimasta intatta, nulla era riuscita a scalfirla.
Scartabellava tra gli scaffali, guardando ogni singolo lp e cd. Il suo
reparto preferito restava quello dedicato al blues, l’unica musica che
lo rincuorava. Considerava il blues come la sua ombra acciaccata che lo
pedinava su quelle strade tortuose che il suo lavoro lo costringeva a
percorrere. Il suo mondo era ingolfato da gente che tentava di fottersi
l’uno con l’altro. Da matti pronti ad uccidere per un nonnulla. Da
persone colme di odio e miseria. Viaggiava in quel brutto sogno e non
riusciva a liberarsene. Fino a quando non gli apparve lei. Fu allora che
ruppe definitivamente gli argini e si allargarono i confini. Ruzzolò
dentro se stesso, nella sua anima più profonda. E tutto cambiò. Per la
prima volta, guardandosi allo specchio, non si riconobbe più. I miei occhi son divenuti
rossi quando la mia vita è diventata triste. Così, sto abbandonando
tutto, è la verità, per saltare in una nuova pelle. (Don’t Box Me- Stan Ridgway)
Hai voglia a
metterli in colonna, le somme del cuore non tornano mai. Ripensando al
passato, sentiva di non avere rimpianti per tutte quelle porte che si
erano chiuse, per tutti i sogni spezzati e le speranze devastate. Si era
disintossicato definitivamente dalle sue e altrui menzogne. E allora?
Cos’era che lo spingeva a cercarla? Tanto valeva ammetterlo, almeno a se
stesso. Era la carne che si ostinava a rincorrerla, era quel desiderio
del suo corpo, della sua bocca, della sua figa, che non si placava. Era
quel sentirsi leggero quando lei lo toccava. Quella sensazione di
abbandono che provava nel penetrarla e dopo ogni suo orgasmo. Forse
stava inseguendo un fantasma. Ma i fantasmi non ti abbracciano, non ti
baciano, non piangono.
Il
vento fece sbattere l’imposta della finestra. Si alzò dalla poltrona,
raccolse le sue cose che erano sparpagliate per la stanza, le infilò
dentro la sacca e si vestì. Non appena fu in strada la pioggia aveva
smesso di scendere. Salì in macchina e si avviò lentamente. Anni di
odio, di paure, di rabbia, erano scivolati via, tutti in un botto.
Accese una sigaretta e ne aspirò una lunga boccata. Si fermò al semaforo
ed abbassò il finestrino. Voleva sentire il vento sul viso. Al verde,
ripartì sgommando. Dopo qualche chilometro si fermò nuovamente e scrutò
intorno, come a cercare qualcuno, qualcosa, una direzione. Ma non c’era
nulla in quella città deserta. Neanche una freccia, che gli indicasse la
strada che portava da lei.(Città Solitaria tratto da Viaggiatori Nella Notte)
Ma che bel disco il primo in alto a destra :)
RispondiEliminaSi, gran bel disco .
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