domenica 24 maggio 2015

Uomini Soli

Avevo perso il mio lavoro ed ero a terra. Alle volte le cose non girano per il verso giusto, sembra che gli fai schifo all’esistenza. Respirai profondamente, radunai la saliva nella bocca e sputai sul selciato. Mi sentivo sfiduciato e anche parecchio nervoso. Avevo come la sensazione che la fortuna mi avesse abbandonato. Pioveva a dirotto ma l’inferno non poteva bruciarmi più di così. Con un nodo in gola entrai nei locali della Caritas. Sfido chiunque a essere brillante e ottimista quando non si hanno i soldi per mettere su un pranzo decente, pagare le bollette, e l’affitto di casa. Provateci voi che ve ne state ciarlando in quei talk show del cazzo, mentre qui fuori c’è la guerra. Quei figuranti seduti come manichini in vetrina, sparano un mucchio di cazzate riempiendoci di bugie. La vita per molti è solo un invito al blues. Ci si sente stranieri su questa terra, sprofondati sotto un cielo di letame. Come andrà a finire? Molti di noi lo sanno già. Conteremo i giorni uno a uno, e dopo penzoleremo nel vuoto. A un passo dal paradiso. Che desidera signore? Mi chiese la volontaria mentre armeggiava con i piatti, dietro il banco della mensa. Una fetta di pane, della pasta abbondante, patate bollite e un uovo sodo. Ero anch’io un vagabondo della notte, un barbone con il suo zainetto dietro le spalle, e un cuore pieno di buchi. Non gliene frega a nessuno se campi o muori, meditai mentre raccoglievo dalla panchina il quotidiano che qualcuno aveva lasciato. Sbirciai tra gli annunci economici in cerca di qualche lavoretto, ma non c’era niente che potesse farmi guadagnare qualche cosa.


L’indomani mattina al risveglio mi doleva un po’ la testa. Dovevo trovare al più presto una soluzione per pagare l’affitto di quel buco dove alloggiavo. Non mi andava di dormire in strada, e di affrontare tutti i pericoli che si corrono conducendo una vita randagia. Non c’è niente di romantico ad addormentarsi sul marciapiede, e nel non potere usare un bagno per i propri bisogni. Niente, credetemi. Ero depresso ma cercavo di tirarmi su il morale. La ruota alla fine avrebbe ripreso a girare, era solo una questione di tempo. Mi alzai e andai in bagno portandomi il giornale che avevo raccolto la sera per strada. Everybody goes leaving those. Who fall behind everybody goes. As far as they can they don't just care. You're a wasted face you're a sad-eyed lie. You're a holocaust. I Big Star di Alex Chilton sono rimasti un oggetto di culto. Fantasmi del passato. Musicisti venuti fuori dal fondo della notte, sbucati dalle stradine laterali del rock. Ti fanno restare a bocca aperta, con le loro canzoni che danno un senso a tutti quegli uomini che ruzzolano dentro i loro fallimenti. Musica per chi non si è mai allineato con i vincitori. Storie di seconda categoria, che ti tastano il polso per sentire il tuo cuore battere. Una stella solitaria, che parla alla notte con quel suo occhio lungo e scintillante, e quel sorriso sincero sullo sfondo di un cielo stinto. Il mondo ha avuto i Beatles, altri i Big Star.

Won't you tell your dad, get off my back. Tell him what we said 'bout 'Paint It Black' Rock 'n Roll is here to stay. Come inside where it's okay. And I'll shake you.

Abbiamo il diritto di difenderci da un destino ostile e doloroso che ci lascia senza fiato. Nessuno vorrà mai occupare il tuo posto in quest’inferno. Per fare cosa poi. D’altra parte non sarebbe né meglio, né peggio. La vita continua il suo cammino, inquieto e curioso. E’ conveniente però aprire quella porta posteriore, quella che si affaccia sul vicolo. Tra quelle osterie malandate, e il negozio di liquori del vecchio Hank, ci si ritroverà a scartabellare l’esistenza. Disorientati dalla malinconia, e balbettando parole e canzoni si potrà ripartire. È la musica quella che ci ha sempre salvato, offerto un riparo. E' la musica che ti fa andare avanti, anche se non sai come. È la musica che ti trasporta da una stagione a un’altra. Fin da piccolo lo avevo capito che quello era il mio sogno più bello. E la musica è tornata. Strillando, girandosi su se stessa, è scesa nuovamente a precipizio lungo il fiume. Ci si sente davvero straniti la domenica mattina. Non c’è niente di cui parlare, te ne stai lì a girare vuoto, come l’autobus che se ne va verso il capolinea. Nessuno di noi resterà per sempre giovane. Soprattutto dopo la guerra. Finito di mangiucchiare dei biscotti secchi, mi sono accomodato sul letto ad ascoltare vecchie canzoni che non mettevo su da anni. 

Domenica mattina fa entrare l’alba è solo un’inquietudine al mio fianco. Albeggia presto domenica mattina sono solo gli anni sprecati che incalzano. Attento, il mondo è alle tue spalle intorno ci sarà sempre qualcuno che ti chiama, non è niente. Domenica mattina e sto cadendo ho una sensazione che non voglio sapere. Albeggia presto domenica mattina sono tutte quelle strade che hai attraversato non molto tempo fa.


Nel 1979 la Columbia pubblicò un live di Bob Dylan registrato a Tokio, e chiamato semplicemente At Budokan. Una sorta di best del suo repertorio che come sempre accade con i suoi dischi, fece girare non poco i coglioni. Un cane sciolto è uno abituato a starsene da solo, ad abbaiare alla luna, come a fare pipì sulle gambe dei passanti. Lo dovrebbero sapere i suoi fan, che è fatto così. Ma loro ci cascano sempre, e s’incazzano come belve. Questo disco è quasi passato inosservato. Colpa delle cattive recensioni che furono tra le peggiori che Dylan abbia mai ricevuto, e anche perché in quel periodo il popolo del rock era preso a seguire il punk, che sfornava in continuazione novità. Eppure anche con arrangiamenti diversi, quelle canzoni covavano un fuoco inedito. C’è un sax da brividi, da ghetto, che suona nero come la pece. Vengono fuori dal suo cappello a cilindro, tutti i suoi amori musicali. Il gospel, il soul, il folk, il rock, il reggae. C’è sempre stato da parte di Dylan un rapporto di odio-amore per le sue creature. Lui lo sa bene che le cose si trasformano, ed è quando attacca All Along the Watchtower che arriva il colpo di genio. Mike Scott e i suoi Waterboys si sono costruiti un’intera carriera con questo arrangiamento. Fisherman Blues il loro capolavoro del 1988, è stato scritto seguendo quest’intuizione. Dylan come al solito, stava guardando la strada davanti a sé. Dall’altra parte della barricata.


Ho le palle piene di tutto quello che mi circonda. La vita non è mai stata gentile con me. Ho dovuto continuamente prenderla di petto, fino a spaccarmi la milza. Ho dovuto ricominciare sempre daccapo, e non ho mai capito il perché. Alla fine senza rendermene conto, sono diventato complice delle mie stesse scalogne. Dusty My Broom è un classico di Elmore James. In Mr Wonderful un disco dei Fletwood Mac pubblicato nel 1968 c’è una sua cover davvero impressionante. Quei ragazzi avevano chiuso la porta del loro sgabuzzino, uscendone solo quando il blues dei gemiti, dei lamenti, li aveva letteralmente sotterrati. Quei blues che ti fanno ondeggiare nel vento, che hanno suonato sotto la luce fioca di una lampada a petrolio, da gente sporca di sangue e letame, e che hanno tenuto in piedi la vita di tanti sconfitti donandogli un barlume di dignità, avevano dei degni portavoce. Che né stato di Jeremy Spencer? E di tutti quei figli di puttana che sono partiti verso il confine, senza dare più notizie di se? Miseri e infelici, disperati con le facce torve, non si sono mai voltati indietro neanche per un saluto. 

Il sole scintillava, mentre io me ne andavo in giro in cerca di lavoro. I campi di avena ondeggiavano e le nuvole di polvere rotolavano. Quando la nebbia si levò, una voce si mise a cantare. Questa terra è stata creata per te e per me.


Perché tutto è andato in malora. Guardai  quello squallore in cui vivevo, senza nessuna prospettiva. Mi alzai dal letto e aprii lo stipetto della credenza. Non c’era nulla, ma mi era venuta una voglia esagerata di bere. Cercai negli altri scomparti, la risposta fu identica. Niente di niente. Ero tutto sudato, e avevo i nervi a fior di pelle. Uscii sul pianerottolo e bussai alla porta del mio vicino di casa. Nonostante avessi sentito il frusciare delle pantofole sul pavimento, il signor Mario non venne ad aprirmi. Dovevo abituarmi a una vita senza alcool. Ma quando un uomo sprofonda, afferra la bottiglia. Devi sempre stare attento però che le cose non si trasformino in disgusto, sarebbe ancora peggio affrontarle. Tutto quello che ho, sta in queste poche cose raccolte dentro una piccola valigia. Mi sono sdraiato sul letto e ho preso ad ascoltare il vento. Vorrei ancora credere nel mondo, nella sua misericordia, ma brucio di dolore. Ed è stato allora che ho messo nella vecchia piastra di registrazione JVC una cassetta. Il blues di Furry Lewis ha preso a scorrere. Ho sentito un gran freddo. Avevo la testa vuota e la bocca impastata. Quando si è soli si brancola nel buio. Ma prima dell'alba sarei andato via.


Bartolo Federico

3 commenti:

  1. Simple Twist of Fate è la mia preferita di tutto At Budokan. Ciao carissimo .)

    RispondiElimina
  2. Giochi in casa, Blood... è il tuo preferito. Ciao Anto

    RispondiElimina
  3. Blood è uno degli album più belli di Dylan ...Shelter from the Storm

    RispondiElimina