domenica 18 ottobre 2015

La Terra Degli Uccelli

Il mio cuore è nella strada. Sono sempre stato a mio agio in quello spazio infinito. È il mio rifugio segreto, la strada. Chissà se quei cani randagi che ho conosciuto, sono arrivati dove speravano? Oppure sono tornati desolatamente indietro? La radio nella mia stanza era un ferrovecchio, ma sputava musica ininterrottamente dalla mezzanotte alle sei del mattino, ed era spesso grande musica. Nel silenzio più assoluto, mi arrivavano le emozioni più grandi che avessi mai provato. Me le ricordo ancora quelle ore nel cuore della notte, sdraiato sul mio letto. Era come se ci facessi l’amore con la musica. Era la mia amica speciale. Fu in quel tempo che compresi, che camminavo sul lato dei pazzi, dei dimenticati, e d’inguaribili sognatori. Mi fu chiaro che non sarei mai diventato un avvocato, un dottore, un politico, e neanche un commercialista. La musica aveva roso la mia anima, accomodandosi in quelle profondità, dove nessuno potrà mai arrivare. Cambiandomi per sempre. Delle ombre  a forma di palla mi fanno compagnia, ma rimango a fissare il nulla con un occhio aperto e l’altro semichiuso. Il suono di quella melodia sembra svanire, ma poi ritorna come un soffio spinto dal vento.

Radio Caroline è stata la prima radio pirata. Trasmetteva al largo delle coste Essex, a sud est dell’Inghilterra. Il 28 marzo del 1964 Chris Moore e Simon Dee, annunciarono l’inizio delle trasmissioni sul canale 199. La prima canzone che venne mandata in onda fu “Not Fade Away” dei Rolling Stones.


Patti Smith durante gli anni sessanta, ascoltava musica attraverso le radio Fm che trasmettevano Wilson Pickett, James Brown, Smokey Robinson, Otis Redding. Ma come lei stessa ha raccontato, furono i Rolling Stones la sua più grande influenza musicale, per il fatto che Mick Jagger riuscisse a muoversi sul palco come se fosse un nero. Questo la colpirà profondamente, tanto che la reazione che ebbe di fronte alla tv guardandoli per la prima volta, fu quella di bagnarsi le mutandine. Poi anche Little Richard, Elvis, Chuck Berry, sono stati suoi punti di riferimento, con Jimi Hendrix e Jim Morrison. Nell’estate del 1970 i Velvet Underground, si esibirono per l’ultima volta al Max’s Kansas City un locale di New York, e Patti Smith era tra il pubblico ad assorbire energia. In quel periodo nella grande mela, si mettevano in bella mostra anche due band provenienti da Detroit. Due complessi che si muovevano sui sentieri della passione e dell’azzardo, mescolando la musica alla vita, suonavano un rock violento e trasgressivo, antagonista al potere. Patti Smith non sfuggì al fascino animalesco ed eccitante degli MC5 e dei dissacranti Stooges di Iggy Pop. La loro musica libera, diretta e convulsa, insieme all’approccio selvaggio che avevano dal vivo, influenzeranno profondamente il suo linguaggio sonoro.

Cittadini sorgete! Sputate palline di carta contro il cielo! Il seme dl risveglio risveglio svegliatevi.(Patti Smith)


Conoscevo tutti i passaggi, i respiri, le pause di “Absolute Live” dei The Doors. Un doppio live pubblicato nel 1970 che conteneva una serie di concerti, che il gruppo aveva tenuto in giro per gli States, fra l’agosto del 1969 e giugno del 1970 Quel disco si prendeva cura di me, nel freddo e nel buio. Era come se mi sedessi sul lettino dell’analista. Riusciva a fare uscire il buono e il cattivo, che covavo dentro. Almeno fin quando mia madre non entrava nella stanza sbraitando, perché assordata e stravolta, da quella musica suonata a tutto volume. Gli anni sessanta, la California, i figli dei fiori. Un volantino dell’esistenza emancipata. Collanine e bracciali. L’allargamento della coscienza, attraverso l’uso di acidi lisergici. La meditazione. Le filosofie orientali. La sperimentazione. La sessualità, e la trasgressione. Un bisogno di liberazione.

Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe come essa  veramente è infinita. Poiché l’uomo s’è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere le cose che attraverso alle strette fenditure della sua caverna.(William Blake-Visioni)

Per qualcuno Jim Morrison era uno sbruffone, un ubriacone e drogato. Un pagliaccio illusionista. La loro musica da ridimensionare. Per me era un sogno. Una spina nel fianco al sistema, una provocazione continua. Un’immaginazione reale. Un sicario delle buone maniere. Si spingeva oltre il muro. Dall’altra parte del mondo. Adesso che sono sveglio, lo capisco meglio che il suo delirio mi teneva vivo, come non mai. Perché quando sei debole ti lasciano solo, e tutto va a rotoli. Un concerto dei Doors era una cerimonia pubblica, un atto sociale, un’azione reale. Arte e vita, tutto messo insieme. “Do You Feel Alright” urla Jim dentro il microfono. La gente gli risponde con gridi d’eccitazione. “Who Do You Love “ parte con i suoi ritmi primitivi. Musica scarna ed emotiva, avvolgente e lirica, spesso anche improvvisata. Visioni e poesia, questo fu il rock dei Doors. Nient’altro. Patti Smith in uno dei suoi tanti viaggi fatti in Francia, si recò al cimitero parigino dov’è sepolto Morrison. S’immaginava di trovarci energia, ma su quella tomba non c’era altro che sporcizia e fango.

Io sono il Re Lucertola. I miei poteri non hanno limiti. (No To Touch The Earth)

Alla fine del 1976 Radio Ethiopia, esce corredato da una bellissima copertina rigorosamente in bianco e nero. Un disco che è l’evoluzione di Horses. Perché solo adesso il gruppo ha un’anima, ed è un vero ensemble. “ L’unità è la nostra droga” disse Patti Smith. La musica esce allo scoperto libera, fluida, e si fa linguaggio di strada, nell’interpretare i sogni e le speranze, di quella nuova generazione di ribelli che scalpitano per le strade di Londra.  Una discesa nell’abisso, il veicolo primario per trasmettere messaggi, introdurre idee, informazioni. Per questo all’interno del disco, si trova una serie di consigli dati dalla stessa Smith, per usare la musica. Radio Ethiopia corre libera per le strade, bruciando parole di fuoco, e parla una sola lingua universale. Radio Ethiopia non ha strutture rigide e trasmette rock’n’roll. L’unica alternativa al silenzio delle coscienze. Radio Ethiopia v’invia messaggi di rivolta. Ma oltre alle parole in questo disco, c’è la disubbidienza musicale di Metal Music Machine, il doppio album di Lou Reed. E’ difatti il suo sperimentalismo sonoro a guidare in R.E./Abissinia, (dedicata tra l’altro allo scultore Costantin Brancusi, e al poeta Arthur Rimbaud) il Patti Smith Group nell’esplorazione di nuove strade musicali, usando la chitarra Fender duo-sonic. La stessa usata da Jimi Hendrix. 

Il 18 settembre del 1970 all’età di ventisette anni, muore Jimi Hendrix. La sua fine è stata orribile. Jimi è morto soffocato dal suo vomito, fra le braccia della sua ultima ragazza. Alla notizia le radio interruppero le trasmissioni e dedicarono ben tre giorni alla sua commemorazione, in un estremo doloroso saluto.

John Sinclair era un poeta, scrittore, critico, musicista, amico di molti personaggi della Beat Generation. Un rivoluzionario. Fu lui che aiutò i MC5 a diventare il gruppo di punta della rivolta giovanile americana, alla fine degli anni sessanta. Le esibizioni dei Five erano una vera provocazione alla morale, e all’ordine costituito. Come quelle degli Stooges, loro illustri concittadini. Un gruppo legato all’impegno sociale i Five, dal suono duro e animalesco. La band aveva fatto suo il motto di Jerry Rubin un altro sovversivo, (con Abbie Hoffman andrà a turbare il sogno di pace, amore e libertà, di Woodstock) che recitava di non fidarsi di nessuno che avesse più di 30 anni. A Detroit loro città natale, questa regola fu messa in pratica rigidamente. Ai loro concerti non si entrava in nessun modo, se avevi più di trent’anni. I Five si erano tirati dentro i disillusi del sogno americano, vecchi beat, pantere nere, pacifisti, movimenti studenteschi, filosofi delle droghe, musicisti alternativi. Li avevano coinvolti tutti quanti, nella loro dura lotta al potere. Persino Allen Ginsberg era un loro fan. Il loro primo album il live Kick Out The Jams, uscito nel 1968, vi darà solo un’idea di quello che erano capaci questi musicisti. Una prova che a dispetto del tempo che passa resta integra è forte. Rock’n’roll selvaggio per l’anima e il corpo. Per chi ancora crede che ci sia la possibilità, di avere una vita diversa. Senza idoli confezionati, pronti  da consumare. Musica schietta, libera, suonata con profonda emozione. Per una nuova rivoluzione.


Il rock’n’roll mi aveva cambiato la vita, ma anche creato un mucchio di problemi, con il mondo esterno. Mi sentivo a disagio a stare con gli altri, perché il più delle volte le cose che interessavano ai più, a me non dicevano nulla. Me ne restavo ai margini, solitario e sperduto. Alzai un muro di protezione, con quella società che ritenevo estranea. Un muro che è stato difficile da buttare giù. I miei genitori dopo un po’, iniziarono seriamente a impensierirsi per la mia salute mentale. Mi ero chiuso nel  silenzio, e passavo il mio tempo, dentro la mia stanzetta ad ascoltare musica. Forse lo avevo preso troppo sul serio il rock. Accidenti! Ma la cosa non m’importava, perché là fuori sembrava non esistere, era come un luogo deserto. Non c’era nulla che m'incuriosisse.

King Curtis uno dei sassofonisti negri più noti, è morto il 13 ottobre del 1971. Ucciso da un certo Juan Montanez a colpi di pistola.


La musica degli Stooges incarnava la paura, l’angoscia esistenziale, l’odio contro la borghesia, e la vita facile di tanti teenager bianchi. Era una musica forte sfrontata suonata su quei tre accordi, che hanno fatto grande il rock’n’roll. Un suono brutale, un urlo demoniaco, psicotico, lacerante, nel buio della notte. Iggy Pop il cantante della band era un vero figlio di puttana, un talento naturale, che a diciotto anni se n’era andato da casa per vagabondare in quei luoghi dove si suonava il blues più scellerato. Un ragazzo che durante le esibizioni dal vivo aggrediva il pubblico ruzzolandosi tra la gente, agitandosi, denudandosi, bestemmiando e sputando. A fargli da spalla i fratelli Ashenton, Ron alla chitarra, Scott alla batteria e Dave Alexander al basso. Il concerto che tennero a Cincinnati nel 1970 passò alla storia. Iggy Pop continuava a sbattersi il microfono dentro la bocca sanguinante, poi si lanciò tra la gente che lo aspettava con le braccia alzate. A torso nudo, le gambe fasciate dai pantaloni di cuoio nero, e il dito puntato contro un bersaglio astratto, muoveva veloce la lingua insanguinata. Vero puro rock’n’roll, suonato senza compromessi. Un suicidio live che scandalizzava chiunque, e che ha quasi ucciso Iggy. Il loro primo disco “The Stooges” e del 1969 e fu inciso in solo quattro giorni, con la produzione di John Cale. Fun House invece è del 1970. Nel gruppo fece la sua comparsa, il sax lacerante e nervoso di Steven Mackay Un disco accecante di rabbia, e di energia. Un suono implacabile, sostenuto dalla voce rauca di Iggy, a segnare una delle pagine più belle che il rock’n’roll ci ha regalato. Basta ascoltare L.A.Blues il brano che chiude il disco, per capire fin dove gli Stooges si erano spinti. Cinque minuti di puro inferno sonoro, con il sax isterico di Mackay che attraversa i territori del free jazz, inseguito da riff micidiali di chitarra, mentre Iggy continua a urlare. Un’esperienza devastante. La droga, la follia, la rabbia, rese la musica degli Stooges, oscura e ipnotica. Il tempo di un altro disco con la produzione di David Bowie, è il sogno se ne va a catafascio.  Braccato da quella nuvola nera che lo stava distruggendo, Iggy decide di sparire. Poi lentamente risalirà la china.

Nel 1971 Gene Vincent uno dei più grandi e leggendari interpreti del rock’n’roll anni ’50, muore per cause imprecisate.

Certo. Per qualche tempo ho pensato di avere preso la strada sbagliata. Ma arrivato al bivio non ho fatto nulla per tornare indietro. Quando ero giovane riuscivo a capire molto meglio le cose. Anzi pensavo che avrei cambiato il loro corso, se solo lo avessi voluto. Non è andata così. Avrei voluto guardarmi allo specchio, e non vedere qualcun altro. Mi sono tolto la giacca e ho lasciato vagare i miei pensieri su altre cose. Dopo ho acceso la radio. Il rock’n’roll mi ha svegliato. Mi ha guarito. Mi ha protetto. Ho guardato su nel cielo nella terra degli uccelli, ed ho visto delle piccole stelle brillare. I miei eroi sono i nati perdenti, e il mio cuore è nella strada.

Bartolo Federico


Al mio amico Giovanni (detto Evil) e anche a Massi

3 commenti:

  1. Ma guarda che ti sei andato a ricordare !? Radio Caroline ! Che trasmette ancora , ma è un' altra cosa.

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  2. Grande, commovente post. La radio, le radio: come avremmo ascoltato la musica dei nostri eroi? Ricordo ancora la BASF da 90 minuti rossa e nera con il doppio live dei Doors..E' stata una bella stagione.Ora mi guardo attorno ma non c'è molto altro di interessante.

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