Dannate sigarette
finiranno per uccidermi! esclamò a se stesso nel momento in cui schiacciava il
mozzicone con forza nel posacenere. Si squadrò allo specchio e si vide sempre
più magro e smunto. La morte gli correva lungo il fianco della vita. Ma era
abituato a quella sensazione e non gli faceva paura. D’altronde, era stato uno
sbirro con licenza d’uccidere, fino a non molto tempo prima. Si sentì bruciare
la gola e il fondo del naso. Tossì quasi borbottando e sputò del catarro, misto
a qualcos’altro, nel lavandino. Non c’è verso di sfuggire al passato. Era l’una
e dieci di una notte tormentata e senza controllo di un uomo che non era più
ispirato dalla vita. Ma che, a dispetto di tutto, non voleva perdere quel poco
che gli restava di suo. Sotto la luce giallastra dello specchio del bagno,
prese a farsi la barba. Intanto che s’insaponava, vagò con i pensieri, cercando
di ritrovare il filo dei giorni e a come si era trascinato fino a lì.
Nonostante le
pressioni dei delicati incarichi, che andavano a scapito della vita privata,
nonostante le incomprensioni, le aspettative e le seguenti delusioni, era
sempre stato leale e scrupoloso, beninteso non uno stinco di santo, ma un
collega a cui la generosità non difettava. Il suo lavoro era diventato come una
malattia da cui non riusciva a liberarsi. Fino a quando, un giorno, tra lo
stupore dei compagni, si presentò in ufficio e, senza dare spiegazioni,
depositò il distintivo, la pistola e si congedò. Niente più sangue, niente più
guerra, niente più sgomento. Tutto finito con un semplice gesto. Da quel
momento in poi divenne un uomo invisibile che nessuno incontrò più. Per mesi si
era spinto vagando in lungo e in largo senza una meta. Vivendo di piccoli
lavori, sempre più o meno solo. Dietro di se non lasciava nessuna traccia. Al
pari di quei criminali cui aveva dato la caccia.
Quando s’invecchia,
ci si ammutolisce e si prova una sottile sensazione di disagio a stare con gli
altri, pensò. Ma poi a che serve parlare, le parole scivolano e si gira intorno
alle cose. Ognuno di noi, alla fine, fa sempre ciò che vuole. O, almeno, così
crede che sia. Fino a quando, improvvisamente, ci si rende conto che il mondo
va in un'altra direzione, rispetto a quella che abbiamo seguito. Ad un tratto,
si apre un buco nero dentro di noi, e comprendiamo che non siamo stati capaci
di raggiungere il cuore della vita, di essere stati bellamente usati e fottuti
dalle circostanze. All’inizio ci sentiamo pieni di rabbia e ne facciamo una
questione personale. Con il passare del tempo non ce ne importa più nulla. ed è
a quel punto che si resta afoni e muti. Nel buio della stanza illuminata dalla
tele senza volume si versò un’altra tazza di caffè e diede fuoco a un avanzo
che era rimasto nel posacenere.
Un uomo scava un
buco mentre un altro spala sporcizia dentro un altro buco. Un uomo dice Hello
mentre un altro sta partendo verso un luogo dal quale non tornerà. (Dogs -
Stan Ridgway)
Da ragazzo,
guardando il poster del Re del rock’n’roll si riempiva di sogni. Quella foto
stava nella parete proprio di fronte al suo letto e immortalava un giovane Elvis,
abbellito da un ciuffo ribelle e un ghigno che era tutto un programma. Aveva
sempre cercato d’imitarla quella faccia irriverente e quell’atteggiamento
spavaldo che gli diceva più di mille parole, che lo spingevano in qualche modo
ad affrontare la vita senza paura. Lo aveva provato più volte davanti allo
specchio quel riso maligno, per indossarlo ogni qual volta ne sentisse la
necessità. Ma, allora, c’era un mucchio di cose da fare. Adesso, nella stanza
buia di quel ragazzo, era rimasta solo un’accozzaglia di cenere volata via
controvento. Si adagiò sulla poltrona vicino la finestra e guardò quella città
deserta. La pioggia scendeva a catinelle giù nelle tenebre. Chissà perché,
sperò che un po’ di buona sorte gli fosse rimasta appiccicata addosso.
Mi ricordo due
occhi verdi e alcuni fiori secchi sul davanzale di una finestra… perché dicono
che è una città solitaria, dicono che è un peso. (Lonely Town –
Stan Ridgway)
Dato che il mondo
non è proprio quello che si credeva che fosse, bisogna pur amare qualcosa o
qualcuno per resistere. Certo, tutto è tenuto insieme da bugie e promesse che
alla fine ci spezzeranno il cuore ma alle volte non c’è via d’uscita. Finì la
sigaretta e spense la tele. La pioggia restò sospesa e la notte divenne più
nera del nero. Come il suo cuore, d’altronde. In quel silenzio surreale gli
parve di percepire l’odore inconfondibile ed eccitante del corpo di Alice. La
prima volta che fecero l’amore lei lo tenne stretto con tutte le sue forze.
Talmente stretto, che poteva sentire il suo cuore battere contro le costole.
Quei baci che erano stati la sua cura, adesso erano diventati come un sogno
crudele che lo ossessionava. Alice era una donna di una bellezza senza rimedio.
Apparsa come un flash nella sua vita in un giorno di pioggia. Il suo collega
tenente si era assentato all’improvviso ed era toccato a lui sostituirlo per
l’interrogatorio di alcuni testi di un omicidio. Erano incombenze che non
amava. Ma, quando da quella porta comparve la sagoma di Alice, lui si sentì
cosi scosso da avvertire un fremito lungo la schiena, come se gli fosse apparso
il diavolo in persona.
E se solo ci fosse
lei, qui, le direi cose che non le ho mai raccontato prima. (Walkin’ Home
Alone-Stan Ridgway)
Svuotò il
posacenere nella tazza del bagno e tirò lo sciacquone. L’attesa e la
stanchezza, se non le controlli, ti giocano brutti scherzi. ti riportano a
galla quelle piccole cose, quei piccoli gesti, che ti fanno sanguinare come un
toro colpito a morte. Quando si accomodò nella seggiola di fronte a lui, lei
gli sorrise in un modo tale che era come se lo volesse azzannare. Come se lo
stesse invitando a scoparla. E lui lo avrebbe fatto, se solo lei avesse anche
inavvertitamente allargato le gambe. Con uno sforzo sovrumano tentò di
ricomporsi e restituire al cervello quell’aplomb che la situazione richiedeva.
Si schiarì la voce e tirò fuori una bionda dal pacchetto di Camel. L’ accese
nervosamente, cercando allo stesso tempo di placare quei sensi che erano gonfi
di desiderio.
Non si era mai
trovato a gestire una cosa del genere. Quella tipa lo aveva completamente
spiazzato, mandato nel pallone. Durante l’interrogatorio lei rispose
accuratamente alle domande e alla fine firmò il verbale. Poi si alzò dalla
seggiola e, nel’ allungargli la mano, disse: “adesso sa dove abito”.
Aveva capito tutto. Sarebbe stato meglio tenersi a debita distanza, per come
profumava di guai. Ma quell’improvvisa passione che aveva provato non poteva e
non voleva sopirla. Si sentiva come un ubriaco che aveva perso l’equilibrio ed
era caduto a faccia in giù. Non considerò, neppure per un attimo, il prezzo che
c’era da pagare a desiderare una donna del genere. Ma si era come iniettata in
vena.
Rivolse lo
sguardo, ancora una volta, verso la finestra. Un violento temporale si era
scatenato. Aveva perso qualcosa e voleva sapere se era davvero così. Doveva
ritrovarla e riuscire a parlarle, solo a questo anelava. Ma quello che esigeva
era davvero troppo. Guardò sul tavolo il medaglione che gli aveva regalato la
sera prima che sparisse. Si era fatta una doccia e se ne stava raggomitolata
sulla poltrona di pelle, mentre lui con la chitarra strimpellava un vecchio
country blues. Ad un tratto, Alice si avvicinò e gli fece un succhiotto sul
collo. Era avvolta in un corto accappatoio bianco, che mostrava l’interno delle
sue cosce. L’abbracciò e sentì i seni duri sulla schiena, continuò a suonare
stentatamente mentre dei brividi di piacere lo scuotevano. Con maestria gli
passò la lingua dietro l’orecchio e gli donò quel pacchetto. Avvolto in un
fazzoletto a forma di cuore, c’era quel medaglione con su incisa una frase: Al
Mio Amore.
I sentimenti che
nutriamo l’uno per l’altro ci rendono deboli e confusi, restiamo misteriosi ma
vulnerabili. Hai voglia a girarci intorno, l’amore è un enigma che nessuno è
riuscito mai a decifrare. Ma, adesso, voleva sapere se quel sentimento che
provavano entrambi era diventato solo un ricordo. Però a imboccare certe strade
non si va da nessuna parte. Questo dettaglio a uno come lui non sarebbe dovuto
sfuggire.
Quando riusciva a
sottrarre dal lavoro qualche ora libera, amava frequentare un negozio di
dischi. Mr Jones, un americano trapiantato era il proprietario di quella
bottega e, dato che si conoscevano da tempo, gli lasciava ascoltare tutto
quello che desiderava Quella passione per la musica gli era rimasta intatta,
nulla era riuscita a scalfirla. Scartabellava tra gli scaffali, guardando ogni
singolo lp e cd. Il suo reparto preferito restava quello dedicato al blues,
l’unica musica che lo rincuorava. Considerava il blues come la sua ombra
acciaccata che lo pedinava su quelle strade tortuose che il suo lavoro lo
costringeva a percorrere. Il suo mondo era ingolfato da gente che tentava di
fottersi l’uno con l’altro. Da matti pronti ad uccidere per un nonnulla. Da persone
colme di odio e miseria. Viaggiava in quel brutto sogno e non riusciva a
liberarsene. Fino a quando non gli apparve lei. Fu allora che ruppe
definitivamente gli argini e si allargarono i confini. Ruzzolò dentro se
stesso, nella sua anima più profonda. E tutto cambiò. Per la prima volta,
guardandosi allo specchio, non si riconobbe più.
I miei occhi son divenuti rossi quando la mia
vita è diventata triste. Così, sto abbandonando tutto, è la verità, per saltare
in una nuova pelle. (Don’t Box Me- Stan Ridgway)
Adesso di tempo ne
aveva quanto ne desiderava. Anche se la sua esistenza era ridotta a poca cosa,
la voglia di capire e quel bisogno fanciullesco di continuare a combattere
restavano inaspettatamente saldi dentro di lui. Intanto che la pioggia
continuava a cadere congelandogli le ossa, la merda lo soggiogò. Lei è soltanto
una sudicia baldracca che starà spalancando le gambe a qualcun altro, rimuginò.
Ma con tutta la cattiveria che ci poteva mettere, i conti non tornavano. Hai
voglia a metterli in colonna, le somme del cuore non tornano mai. Ripensando al
passato, sentiva di non avere rimpianti per tutte quelle porte che si erano
chiuse, per tutti i sogni spezzati e le speranze devastate. Si era
disintossicato definitivamente dalle sue e altrui menzogne. E allora? Cos’era
che lo spingeva a cercarla? Tanto valeva ammetterlo, almeno a se stesso. Era la
carne che si ostinava a rincorrerla, era quel desiderio del suo corpo, della
sua bocca, della sua figa, che non si placava. Era quel sentirsi leggero quando
lei lo toccava. Quella sensazione di abbandono che provava nel penetrarla e
dopo ogni suo orgasmo. Forse stava inseguendo un fantasma. Ma i fantasmi non ti
abbracciano, non ti baciano, non piangono.
Il vento fece
sbattere l’imposta della finestra. Si alzò dalla poltrona, raccolse le sue cose
che erano sparpagliate per la stanza, le infilò dentro la sacca e si vestì. Non
appena fu in strada la pioggia aveva smesso di scendere. Salì in macchina e si
avviò lentamente. Anni di odio, di paure, di rabbia, erano scivolati via, tutti
in un botto. Accese una sigaretta e ne aspirò una lunga boccata. Si fermò al
semaforo ed abbassò il finestrino. Voleva sentire il vento sul viso. Al verde,
ripartì sgommando. Dopo qualche chilometro si fermò nuovamente e scrutò
intorno, come a cercare qualcuno, qualcosa, una direzione. Ma non c’era nulla
in quella città deserta. Neanche una freccia, che gli indicasse la strada che
portava da lei.
Tu non sei come
sembri. Semplicemente, sei un fantasma allo specchio.(Right Through You-Stan
Ridgway)
Bartolo Federico
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