La
sbronza mi era passata è il mattino era arrivato sornione, portando con sé il
vento caldo di scirocco. Mi sono alzato e ho guardato fuori dalla finestra. La
strada si era già riempita di macchine e camioncini, che rifornivano le varie
botteghe della zona. Ho notato due ragazze carine camminare a piedi, ma erano
troppo giovani per uno come me. Nel frattempo ho anche guardato
l’ora nel pendolo sopra la mia testa. Mi sentivo tutto indolenzito e avevo un
certo amaro in bocca. Ho fatto il caffè e messo sul piatto un disco che era da
giorni che volevo riascoltare. La casa aveva un aspetto gentile. Anche senza le
rose che lei posava ogni giorno in un vaso sopra la cucina. Il suono dei
clacson e lo strascichio dei passi sotto l’imposta, mi tolsero da quei
pensieri. Mi piace indugiare in fantasie inutili è un modo come un altro, per
tirare avanti. Per alleviare il dolore. Treeless Plain dei Triffids lo
comprai appena uscito nel 1983, solo per la curiosità di sentire la cover
di I Am Lonesome Hobo di Bob Dylan. Ma alla
fine mi piacque tutto quel disco per quell’atteggiamento
d’irriverenza e spavalderia che aveva nel proporre cose vecchie, che sembravano
nuove. La band era capitanata da David Mc Comb un tipo smunto
e solitario che proveniva dai deserti australiani, e suonava musica vestita di
nero, impiastricciata da quella malinconia cara ai Velvet
Underground. Allora però ero come dentro un grande tunnel e filavo verso
cose ignote. Così quelle canzoni, mi fecero tremare dalla testa ai piedi. Quando
è arrivata Madeline ho provato un po’ di calore, come quando
ero tra le sue cosce. Dopo ho chiuso la tapparella perché il vento stava
portando troppo scompiglio nella stanza. Non puoi fare sempre il coglione alla
fine la gente si stanca, e anche tu. Mi sono fatto una doccia, mi sono messo
dei vestiti puliti, e ho guardato nuovamente in strada. Certe volte mi sembro
un sensitivo. Anche stavolta lo avevo previsto che non sarebbe durata a lungo.
Quello
che ho imparato nell’andare avanti e di non avere mai fretta. Non serve a
nulla la fretta se non a occultare e offuscare sfumature. Disperdere dettagli.
E si può cambiare idea senza per questo sentirsi in colpa. Si resta però
sempre sgomenti di fronte alla crudeltà degli uomini. Guardai il pendolo che
produceva un rumore strano. Anch’io avrei potuto essere migliore. Fried di Julian
Cope l’ex leader dei Teardrop Explodes fu pubblicato
verso la fine del 1984. E' un disco che pare uscito da una notte di un uomo che
guarda la luna andare alla deriva portandosi nel mattino, scrosci di pioggia e
lacrime. Un uomo che non nasconde mai ciò che prova. Che stropiccia gli occhi
nel buio e si agita come impazzito, fra creature dall’aria feroce e stanca.
Ognuno può prendersi ciò che vuole da questo disco stralunato,
psichedelico, visionario, barettiano. Basta imboccare le sue stradine senza
luce e pur con quella leggera paura negli occhi, si può trovare persino un po’
di colore. Un disco da consumare per sempre. Anche se questo mondo fa fin troppo disgusto. Tutti imbrogliano e s’imbrogliano
quindi non conviene mai abbassare la guardia, se non si vuol restare fottuti
oltre il dovuto.
La vecchia scala del palazzo si attorciglia attorno ad una ringhiera sbieca e arrugginita. Sul corridoio ma solo nel mio pianerottolo, c’è un grande specchio appoggiato sul muro. Qualcuno lo ha lasciato lì, dopo aver traslocato. Un giorno o l'altro lo toglierò perché ogni volta che passo, devo fare i conti con me stesso. Quando risali il tragitto controcorrente il rischio che si corre, è di ammutolirsi. Con quel dolore che ci si porta appresso, e le mani infilate nelle tasche della giacca, si rimane a sognare ad occhi aperti. Quella fiumana di persone fuori il metrò che quasi mi sommerge, ha facce che paiono scavate nell’ombra. E mentre i graffitari hanno ricoperto i muri dei loro capolavori, qualcuno a quell'ora del giorno sta suonando a tutto volume The Living End, dei The Jesus And Mary Chain. Sembra tutto accettabile e presentabile ai nostri occhi, almeno fin quando le cose non prendono a girare storte. Jesus And Mary Chain si erano rivelati grazie ad un 45 giri che conteneva Upside Down, e la cover di Vegetable Man di Syd Barrett. Il cuore fragile e sincero dei Pink Floyd. L’artista pazzo, rimasto prigioniero della sua stessa mente. Allora però ero sulla cresta dell’onda e non avevo cominciato la discesa. Sul vetro appannato adesso corrono rivoli di pioggia. Psycocandy consumò tutta la luce del giorno, la mia amarezza, e mi diede anche una gran quantità di coraggio. Un disco di pop- rock suonato con chitarre distorte, avvolte da un ritmo frenetico, sconnesso, e dalla ruvida eleganza che il punk ci ha lasciato in eredità. Un disco dall’atmosfera torbida, semplice e perfetto. Abbiamo il diritto di girarci e rigirarci da un lato e dall’altro, senza che nessuno c’è lo impedisca. Abbiamo il diritto di difenderci dalla bramosia di potere di questi politicanti bugiardi e mostruosi, che fanno finta di governarci. Ho acceso una sigaretta e in qualche modo mi sono anche commosso.
Angelina
la conobbi che portava degli stivali texani di pelle di serpente, jeans sdruciti,
e una maglietta bianca della Levi’s. La prima volta che si spogliò davanti a
me rimase ferma in mezzo alla stanza in mutandine e reggiseno, che erano
di colore nero. Mi guardò con quei suoi occhi profondi come per invitarmi
a prenderla tra le mie braccia. Ma restai fermo nella penombra, per poterla
osservare ancora un po’. Era di una bellezza prepotente. Poi abbiamo fatto
l’amore senza dire una parola. Le parole ci avrebbero portato fin troppo
lontano, e non era il caso. La vita viene
e non fa male, cantò Syd Barret. Più tardi stappai una bottiglia di vino
rosso, e presi due bicchieri. Mi stava di fronte graffiando la copertina di un
disco con l’unghia del mignolo. Ho preso la bottiglia e me la sono messa
accanto. Il cuore sembra impazzito. Ho acceso lo stereo. Pleasee To
meet Me è un disco dei "The
Replacements" prodotto da Jim Dickinson all’Ardent
Studio di Memphis, nel 1987. Era il loro quinto disco e anche il primo e unico
suonato come trio. Nightclub Jitters ha fatto irruzione alle tre e
venti della notte. Le cose tristi mi rendono davvero romantico, e
mi fanno perdere dentro la musica. Angelina
ha lasciato molti indizi sparsi per l’anima, è un fantasma
nel riquadro della mia porta di casa. Avvertirla è come incidere con un
coltello su una vecchia ferita. Certi ricordi quando ti arrivano sono davvero
devastanti. Dovrei imparare a chiuderla per sempre quella
porta. Pleasee To meet Me fece invece breccia nel cuore
di molti drogati, insonni, e fuori di testa. Gente in collera con il mondo, con le labbra
serrate e l’anima in fiamme. Anche l’ombroso Tom Waits, lo nascose
sotto il suo cappello.
Agitarsi
non serve a nulla perché tutto passa. Anche il dolore.
Basterebbe avere la pazienza di aspettare e tirare fuori al momento giusto un
po’ di coraggio. Fuori la pioggia sibila e la mia anima è come un avanzo di
cibo avariato. Robyn Hitchcok
ha sempre scritto canzoni sghembe e affascinanti. “I Often Dreams Of Trains” album del 1984, suona come un abbandono,
un saluto rubato dietro un finestrino appannato dalla pioggia, di qualcuno che
se ne va per sempre. Brividi folk scheletrici e grigi. Una luce gialla in un
piccolo buco maleodorante. Fogli di giornali e scarabocchi sulle pareti,
fiammiferi bruciati, croste di pane, occhi tetri, e pioggia che cola sulla
faccia. Canzoni per solitari, che si assottigliano sotto il cielo di Londra.
Mentre aspettano un altro treno. Una
sera mentre camminavo per far ritorno a casa ho buttato la cicca per strada,
una cosa che di solito non faccio mai. Mentre una leggera emicrania
stava facendo capolino ho guardato la punta delle mie scarpe, e mi sono
fermato appoggiandomi nel portone di un palazzo. Un piccolo spacciatore è
sbucato dall’ombra e mi ha guardato come per capire se fossi uno sbirro. Di
quegli sbirri solitari che se ne vanno alla ricerca di prostitute,
alcolizzati, e piccoli malviventi. Persone che il mondo schiva. Ma il marciume
sta da un’altra parte. Ai voglia quanto criminali troverebbero quegli sbirri
se gli facessero fare davvero il loro mestiere. Se potessero davvero bussare in
quelle porte che non si possono mai scardinare. Nelle porte del potere. Non mi
piace questo mondo così come è messo. Ma non posso farci nulla. Chi
fermerà tutte le guerre? Le nostre disgrazie stanno lì. Non ci vuole poi molto
a capirlo. Ma ognuno ha le sue rogne in questa vita, e si tiene stretto dentro
le sue debolezze. Di solito è il dolore quello che si esibisce, il piacere
si tiene nascosto come fosse una vergogna.
Il
primo album delle Violent Femmes è uscito nel 1983, ed è un
disco rivoluzionario. Contiene canzoni piene d’umanità, di rabbia e d’amore,
che prendono qualsiasi deviazione sia loro concessa. Qui non ci sono
paillettes, ne falsi sorrisi, e neanche inganni. C'è solo musica che ridà una
speranza a chi è rimasto senza più nulla. Tre ragazzi fermi all’angolo della
strada. Due giri di strofe e ti ritrovi a cantare insieme a loro, immerso
nella nebbia. Chi se lo sarebbe mai aspettato. Ho ancora qualche
libro con me. Una vecchia radio, le foto della mia famiglia, una chitarra, una
macchina fotografica, dei vecchi scritti. Niente di speciale. Ma questi sono i
miei ricordi. Nella buca della posta ho ritirato due bollette. Ho risalito
lentamente la scala di casa tenendomi dal corrimano. Mi sento al sicuro in
questo palazzo anche se dal lucernario sfondato, piove sui
pianerottoli. Ma tanto a me non viene mai nessuno a trovarmi.
Bartolo
Federico
Beh, qualcuno ogni tanto viene a trovarti... ;)
RispondiEliminaA me la sbronza non è ancora passata, o meglio: è rimasto il mal di testa per non farmela dimenticare. Ma Violent Femmes, Replacements, The Jesus and Mary Chain, Julian Cope sono un toccasana per ogni male. I Triffids poi non li sentivo nominare da secoli - ancora adesso mi vengono brividi e risalgono miriadi di ricordi - ora me li ascolto. Grazie bro'
tu hai anche le chiavi di casa. un abbraccio Brò
RispondiEliminaGrazie mille Bro'! Ne approfitto per guardare nel tuo armadietto dei farmaci se hai qualcosa per il mal di testa.
RispondiEliminaUn abbraccio a te
come no, di analgesici è pieno.
RispondiEliminaHai ragione. Ci troviamo, chiaccheriamo e poi ci perdiamo di nuovo non è tanto bello..
RispondiEliminaPerò basta un cenno una vecchia foto in binaco e nero del vecchio Bob, qualche copertina di dischi che abbiamo consumato ascoltandoli , i baffi di Frank Zappa, i binari ddella ferrovia che ti conducono al blues, per capire di cosa stiamo parlando..
Un caro saluto.
è la strada di casa hyde. la strada che ci riporta da dove siamo partiti. un caro abbraccio.
RispondiElimina“Quando risali il tragitto controcorrente, il rischio che si corre è di ammutolirsi.” Grande verità. Post disseminato da quel miscuglio di disperazione e felicità che ci rende vivi. Il vero problema sorge quando non si ha una colonna sonora a farci compagnia ma solo il sordo rumore di fondo dell’esistenza.
RispondiEliminaSono in tanti, che camminano con quel sordo rumore. L'esistenza a quel punto diventa un dramma. Ma forse a quel punto entrano in gioco altre cose per sopravvivere, chissà...
RispondiEliminaciao, non ci conosciamo ma mi piace ugualmente lasciare un commento, spero che ti sia gradito. Ho letto con molto piacere il racconto, intimista, discorsivo, con interessanti citazioni musicali, sei davvero bravo! La casa aveva un aspetto gentile anche senza le rose...è proprio una frase che intenerisce, come anche la chiosa finale ..ma tanto a me non viene mai nessuno a trovarmi...fa venire un groppo in gola! Adesso devo dire soltanto che potresti perfezionare l'uso delle virgole, sembrano messe un po' a caso, a volte occorre rileggere per capire il senso che vuoi esprimere, sai una virgola può cambiare il significato di una frase.
RispondiEliminaHo detto tutto, chiedo scusa se questa ultima annotazione ti abbia in qualche modo infastidito, spero di leggere altri racconti! Patrizia
ciao Patrizia, so bene che le virgole sono un mio grave problema. Sto cercando di lavorarci su. grazie per il tuo commento, che ho molto apprezzato.
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