Più me ne stavo disteso sul letto, più ero indifeso dai pensieri
che mi assalivano e mi tormentavano. Il registratore a cassetta cigolava il
sound rauco e sporco di un maleducato blues del Delta, cantato e suonato con
una feroce intensità espressiva. La brezza si era mutata in un vento pigro e
ostinato, che correva appreso ai miei pensieri, mentre l’aria era rigonfia di
pioggia. Mi alzai e mi osservai nello specchio della stanza da letto e come
succede quando invecchiamo, vidi riflesso il volto dei miei genitori. Me lo
aveva detto anche lei che alla fine le cose che servono, sono quelle che
lasciamo andare. Ma come uno sfigato bluesman, anch’io sono un ruvido lupo a
cui piacciono le donne, la strada, e l’alcool. Appunto per questo quella sera
dopo che lei se ne andò via in silenzio, ci diedi dentro. Lasciai terminare la
musica e spensi il registratore. Sguainai la mia chitarra dal suo loculo
rigido, e presi a suonarla nervosamente, cantando con la voce rotta Blood
And Tears una ballata rock che tenevo stretta da qualche parte dentro
di me. Dopo, inerme come una batteria scarica, ricordai che era stata una
passione travolgente a trascinarci entrambi. E sarei stato disposto a tutto per
proteggerla e farla felice. Ripensai a quella sensazione che avevo provato all’inizio
della storia, e al suo scemare. Ma, ora, anche questo mi pareva un altro
reperto del passato. Le cose alla fine non vanno mai meglio, finiscono solo per
cambiare. Aveva mani magre e usava uno smalto rosso fuoco sulle unghie lunghe.
Non aveva bisogno di molto per essere seducente. Lo era di natura. Ma era
troppo perfetta per uno come me. Mai un pensiero controcorrente o un gesto
fuori luogo. Non avevo cosa darle. Se non fare l’amore come non aveva mai fatto
in vita sua, e questo me lo disse lei stessa girata di schiena. La danza dei
fantasmi serviva agli indiani per resuscitare gli avi. Ecco un buon sistema per
sopravvivere e rivivere. Ed evitare anche di parlare delle cose che ci fanno
del male. Piangi mille lacrime Tesoro
non disperare So che il tuo cuore sanguina ancora. Cara non ti preoccupare se
c’è del sangue nelle tue lacrime. Tutta sola nella tua infelicità. Così tutta
sola. Sei persa in maniera infinita. Da quando sei andata via Ho sentito che
piangevi. (Blood And
Tears-Danzing-) Appoggiai il disco sul tavolo rigirando la
copertina. Chris Desjardins in arte Chris D, era stato
il redattore capo della fanzine Slash ed aveva conquistato una
certa fama underground come cantante dei Flesh Eaters, ma anche come
produttore. Le retrovie del rock devono molto a Chris D. Fire Of Love
dei Gun Club, The Days Of Wine And Roses dei Dream Syndicate,
Gravity Talks dei Green On Red, e Walk Among Us dei Misfits
sono dischi che hanno visto la luce grazie a lui. E siccome ognuno di questi
titoli ha una parte preponderante nella mia vita, in cuor mio non smetterò mai
di essergliene grato. In A minute To Pray, A Second To Die un disco dei Flesh
Eaters del 1981 ci suonano Dave Alvin, John Doe, Bill Bateman, Steve Berlin
e DJ Bonebrake. A definire questo disco punk-rock si commetterebbe una
scempiaggine e non gli si renderebbe giustizia. È questa davvero l’antitesi del
vecchio cliché del rock. Un disco che come allora oggi suona rivoluzionario e
combattivo. Visionario e precursore dei tempi, tanto che quando uscì non tutti
capirono quello che avveniva in quei solchi. Canzoni che brillano di luce
propria, in perfetto equilibrio e senza paura. Canzoni che guardano avanti, e
che sono come un viaggio mentale tradotto in sensazioni partendo dalle radici
del rock (termine che nessuno usava in quei giorni) per arrivare con il sax di
uno strepitoso Steve Berlin in stato di grazia, a lambire territori
sonori inusuali per una band di rock’n’roll. La forza di questo disco è
anche quella di avere dalla sua parte musicisti che oltre a segnare una delle
pagine più belle della storia dell’american music, erano pure persone coinvolte
nella voglia di combattere le ingiustizie del mondo, con la musica e le parole.
Il rock è dei giovani che dovrebbero tornare a riprenderselo, per continuare ad
inquinare il mondo con la sua forza. Noi adesso possiamo solo tenergli la
fiamma accesa, perché continui a rompere i coglioni al potere. Perché oggi più
di prima il mondo ha bisogno del rock’n’roll. Le radio non trasmettono più
musica alternativa, ma effetti speciali. Non c’è limite, e censura, nessuno può
fermare la musica. Ma è come avere un profondo graffio nel cuore. La
depressione che mi aveva colpito a più riprese per come mi aveva ridotto
l’ultima volta, mi aveva costretto ad un ricovero in una clinica psichiatrica.
Gli attacchi di panico erano troppo frequenti per non prendere seri
provvedimenti. Mi misero un pigiama a righe, e dato una stanza dalle pareti
bianco latte. Non c’era nulla oltre al letto e al comodino. La finestra era
sprangata e avevano, da subito, incominciato ad iniettarmi dei sedativi. Avevo
portato con me solo il libro “Viaggio Al Termine Della Notte”, niente
musica. Ti stavo a dire lasciami
fuori da qui, prima che io nasca. E’ una grossa scommessa quando assumi un
volto. E’ affascinante guardare cosa fa lo specchio quando sono a cena, è sulla
parete che io prendo il posto. Appartengo alla generazione vuota e posso
prendere o lasciare ogni volta. (Blank Generation - Richard Hell)
Si può combattere attraverso molte cose, ma io stavo lottando semplicemente con
il collo di una bottiglia. Durante quel party dove lei mi aveva trascinato
controvoglia ero circondato da gente imbalsamata, stretta nei loro vestiti
firmati, che sorseggiava un Martini, e si scambiava falsi sorrisi di
circostanza. I camerieri vestiti come dei pinguini servivano tartine, e ti
riempivano il bicchiere non appena lo vedevano mezzo vuoto. Non sapevo più che fare
Richard Hell era appoggiato ad un altoparlante wurlitzer, e teneva
in mano una chitarra Fender Stratocaster. Sembrava più pallido del
solito sotto la luce smorta del neon. Era vestito con una T-shirt strappata,
aveva i capelli corti e arruffati, e portava il suo inseparabile giubbino di
pelle nero. Lo stesso look che Malcom McLaren copiò, e che sarebbe
diventato l’emblema del movimento punk. Richard
Hell era un ragazzo che nutriva dentro di se il demone della ribellione.
Era giunto a New York appena diciottenne proveniente dal Kentucky, e prima
di diventare un musicista si era occupato di scrivere articoli per riviste
underground. Aveva lavorato nella libreria The Strand insieme a Patti
Smith, finché con il chitarrista Tom Verlaine diede vita ai Neon
Boys. Ma erano troppo diversi i due per restare nella stessa squadra. Così
Richard va ad unirsi agli Hearthbreakers, per poi subito dopo
fondare una band tutta sua i Voidoids. E’ il 1977 quando sugli scaffali
dei negozi arriva quell’autentico manifesto sonoro che prende il titolo di Blank
Generation. Un rock nevrotico, secco e diretto discendente del Bob Dylan più allucinato e
drogato che si ricordi. La voce tesa, irrequieta, di Richard si fa spazio tra
le chitarre diaboliche di Robert Quinne e Ivan Julian, in un
autentico inferno metropolitano. Ci deve essere sempre una luce a schiarire la
nostra esistenza. Sempre. Richard Hell
riuscì a trasformare la musica rock in poesia maledetta, ridando una nuova
speranza a quei ragazzi che stavano sospesi nel limbo metropolitano. Terry Ork era il manager della libreria
cinematografica dove Richard Hell e Tom Veraline lavoravano. Gli piacevano
i ragazzi carini a Terry e quindi era sempre molto socievole con i due. Fu lui
quando seppe che stavano formando una band che gli fece conoscere il
chitarrista Richard Lloyd. Nello
scorso anno è uscita una doppia raccolta di tutti i 45 giri che la casa
discografica Ork Records, fece uscire
nella sua breve vita. Fondata nel 1975
per far uscire il singolo di debutto “Little Johnny Jewel” dei Television durò un quinquennio,
e fu il trampolino di lancio di
gente come Alex Chilton, Chris Stamey, Marbles, Richard Hell, The Feelies, the Idols, Richard Hell. Musica grezza e poco
rifinita rispetto ai canoni del tempo, ma vera e dirompente. Una raccolta che è
uno squarcio di artisti cresciuti sul palco del locale CBGB, un incredibile epoca
quella per il rock’n’roll. Vogliamo
che la parola esploda nel discorso come una mina e urli come il dolore di una
ferita e sghignazzi come un urrà di vittoria". (Vladimir Majakovskij) Il mattino
si era trascinato portando ancora con sé pioggia e vento. Faceva freddo e
l’umido della notte mi aveva accartocciato e intorpidito. A furia di starsene
da soli, ci facciamo un sacco di pregiudizi su tutto e tutti. Anche su di noi.
Avrei voluto dirle che il tempo passato insieme era stato un bel tempo. Che a
letto si andava d’accordo e per questo ci saremmo anche potuti adattare nella
vita di tutti i giorni. C’era forse tanto altro da dirle ma non lo feci. Marc
Bolan è morto in un incidente
automobilistico nel settembre del 1977.
David Bowie, in questa
occasione, si è fatto promotore di un fondo a favore di Roland Bolan, il figlio di due anni di Marc. Gloria Jones la donna che guidava
l’auto e che conviveva con Marc da più di tre anni, invece, se l’è cavata
nonostante le varie lesioni, compresa una alla mascella. Da una
radiolina accesa mi parve di riconoscere le note di “Gimme Shelter”,
nella versione oscura e demoniaca di “The Sisters Of Mercy”. “Ti dico l’amore, sorella, è lontano solo
un bacio, è lontano solo un bacio E ‘lontano solo un bacio, è lontano solo un
bacio”. Ma non ne ero sicuro intontito com’ero dai sedativi. Forse era
solo un vago ricordo del mio passato. Avevo la bocca impastata come se avessi
mangiato colla, e mi era ritornato il mal di testa. Sdraiato su quel letto,
vidi il mio corpo fluttuare e andarsene alla deriva, per poi imboccare una
strada buia. Ma nessuna cosa è davvero così malevola come lo sono gli uomini.
Dopo mi sono messo a tremare dalla testa ai piedi. Fino a quando non mi è
sopraggiunta una grande stanchezza, e una qualche forma di rimorso. Non
sembrava una puttana. Come io non sembravo un coglione. Non ho chiamato
nessuno. Ho smesso da solo di tremare. Majakovskij, fu la prima
rock’n’roll star russa. Un poeta anarchico, con una faccia triste come la mia.
Uno che si scagliava contro tutti e che credeva nella rivoluzione. La vita e io siamo pari. Inutile
elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici»
scriveva. Una mattina, dopo essersi guardato intorno, si sparò un colpo dritto
al cuore. Howlin Wolf lo chiamava il piccolo lupo, e Booba Barnes
si crogiolava di piacere. Non aveva un buon carattere l’arcigno Booba, e sapeva come ficcarsi nei guai.
Suonava un blues sporco e rauco, con passione e avidità. Gli piaceva vivere
senza vincoli, ma soprattutto senza che nessuno gli rompesse le palle. Dovevo
ricominciare tutto da capo e risalire la china. Ma non avevo paura. E’ una
strana cosa la paura, ti blocca e ti tiene fermo. Alle volte si perde tutto per
niente, anche per quello che non hai fatto. La cicatrice aveva ripreso a
bruciarmi. E dura quando ti ritrovi a secco e non hai nulla a cui aggrapparti.
Allora ho tirato un respiro profondo, ho preso la chitarra, e suonato un
blues. Stamattina quando mi sono
alzato i blues passeggiavano intorno al mio letto, stamattina quando mi sono
alzato i blues passeggiavano intorno al mio letto, quando mangiavo la
colazione, pensate i blues erano tutti nel mio pane. (Good Morning Blues - Huddie Ledbetter)
Bartolo Federico
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