Cielo poco nuvoloso. I venti saranno prevalentemente moderati e soffieranno da sud-sudovest. Le temperature minime saranno comprese tra 16 e 20 gradi. La voce squillante dell’uomo delle previsioni del tempo, che giungeva dalla televisione rimasta accesa, mi scrollò dal torpore in cui ero piombato. Dormivo ancora vestito e con le scarpe ai piedi da chi sa quanto tempo. Schiusi gli occhi lentamente per non farmi ferire dalla luce del sole che filtrava abbondante dalla tapparella rotta e provai a ricordare cosa fosse successo. Avevo bevuto parecchio al locale che ormai frequentavo da un pezzo. Un posto senza pretese, bazzicato da operai che sbarcavano il lunario alla giornata, saltimbanchi, giocatori d’azzardo, magnaccia, mortidifame e falliti come me. Dalla sua ci aveva che era un luogo tranquillo, nessuno che facesse domande a cui non avresti voluto o saputo rispondere, né alcuno che ti guardasse con sospetto qualunque fosse il motivo che ti avesse spinto fin li, eri uno di loro.
Era perfetto per chi non aveva più voglia di stare a sentire
tutti quegli idioti che avevano in mano il mondo e, in qualche modo,
anche la tua vita. Era perfetto per chi aveva rotto gli argini ed era
straripato dentro se stesso, a un punto tale da non sapere più cosa fare
per raccogliersi. Era così perfetto da non volere più tornarne
indietro; mai più. Mentre cercavo un appiglio per
tirarmi su dal letto, ricordai l’angoscia che quella sera mi spinse a
continuare a bere nella penombra della stanza dove alloggiavo già
qualche tempo. Mi
ero scolato le ultime due bottiglie di vodka comprate al supermercato,
ascoltando Chet Baker,che cantava la sua canzone preferita“MyFunnyValentine”e lentamente
dentro quelle quattro mura che mi opprimevano m’inabissai. “Mai bere da soli” mi raccomandava Clelia quando bazzicavamo gli stessi locali. La
solitudine, era solita ripetermi, avrebbe preso il sopravvento e, alla
fine, mi avrebbe ucciso con molta facilità.
Ma ero morto dentro da
chissà quanto tempo. Solo che ancora non lo sapevo. La testa mi doleva
come se avessi sbattuto violentemente da qualche parte e, mentre il
mondo roteava furioso, stramazzavo in terra senza far niente di niente,
senza neppure provare a mettermi una cintura di salvataggio. Ero stufo
di guerreggiare con tutto e tutti, andavo alla deriva consapevole di
ciò. Scrutai la stanza in disordine e il malo odore di vecchio e urina
che proveniva dal pianerottolo mi perforò le narici. Per non cadere
camminai fino al bagno, tenendomi alla parete. Dopo presi a svestirmi ma
prima d’infilarmi sotto la doccia vomitai nel cesso. Nel piccolo
specchio ovale non ebbi il coraggio di guardarmi in faccia.
Avevo
sempre odiato le previsioni del tempo. A che mi serviva sapere se
all’indomani ci sarebbe stato il sole o la pioggia, se sarebbe stato
nuvolo o ventoso? A che cazzo serviva saperlo? Cosa avrebbe aggiunto in
più alla mia vita quel delirio scientifico? Dovevo sopravvivere
qualunque fosse stato il tempo e tanto valeva alzare la tapparella e
regolarsi di conseguenza. Ma la gente vuole sapere oggi cosa accadrà
domani, nessuno che si lasci sorprendere dal caso, tutti pronti a fare
chiaroveggenze. Ero davvero un rimbambito rimasto a bussare dietro
quell’ultima porta. Oggi chi vuol più perdersi per strada o in fondo
alla notte? Tutti vanno veloce anche se non hanno nulla da fare. Li vedi
che sfrecciano nelle loro auto muniti di quelle scatolette attaccate ai
cruscotti da cui fuoriesce la voce di una donna robotizzata che li
guida fino a destinazione. Tutto programmato, tutti a fare le stesse
cose, tutti raggianti con un gin tonic in mano e quel sorriso ebete di
circostanza.
A me piacciano cose delle quali alla maggior parte della
gente non frega nulla, come abbassare il finestrino per chiedere un
informazione. Che poi è anche un modo per conoscersi, per scambiare
quattro chiacchiere. Prima di spegnere il televisore guardai la data
alla pagina 103 del televideo; era da due giorni che dormivo e non mi
sentivo per niente sveglio. Forse avevo ancora voglia di sognare. Nel
contempo, gettai un occhiata veloce alle notizie ed appresi della morte
di Clarence Clemons, per 40 anni il sassofonista e braccio destro
di Springsteen. Mi adagiai sul bordo del letto e mi venne in mente quel
solo di sax in Jungleland. Quel solo che mi porto cucito indosso da una
vita, come una seconda pelle. E di colpo, non so perché, avrei pagato
per sentirmi ancora giovane, incredulo e anche ridicolo. Di colpo mi
rammentai della mia vanità, della mia spocchia e di come mi sentivo
fiero di appartenere a quel mondo di cani sciolti che era la E Street
Band. Nei parcheggi i visionari si vestono nella nuova rabbia,
nella strada secondaria le ragazze ballano ai dischi proposti dal DJ.
Amanti con la tristezza nel cuore, si dimenano negli angoli bui
disperati, mentre la notte avanza, solo uno sguardo e un sospiro, e sono
spariti (Jungleland).
A quei tempi scivolavo verso l’ignoto e quella luce a intermittenza mi teneva vivo, vigile. Il silenzio non era ancora calato e avevo un bel da fare a correre dietro a tutte quelle cose che uscivano dall’ombra, puro e sincero come non lo sono più. Col vento imbronciato mi avevano lasciato anche Willy De Ville, Warren Zevon, Nico, John Campbell, Jim Carroll, Johnny Thunders, Lowell George, Bob Marley, Joe Strummer, Captain Beefhearth, Kurt Cobain, Ian Curtis, Gil Scott Heron, Richard Manuel, Michael Bloomfield, Bon Scott, Fred “Sonic “Smith, Mark Sandman, e tanti altri che a metterli in fila mi sembra un massacro. Mi ero sfamato di sogni, mi ero nutrito l’anima, e loro erano tra quelli che mi parlavano della mia solitudine e non ero più solo per niente. Tutta gente che aveva preso la strada più stretta, camminando sul lato più difficile del rock’n’roll. Io di loro mi fidavo. Io che non mi sono mai fidato di nessuno! Avevo lottato per un mondo migliore più giusto, più equo, un mondo che si prendesse cura dei poveri, degli ultimi, di chi non c’è la fa. Avevo lottato contro i ricchi prepotenti, i politicanti bugiardi, perché alla fine siamo noi che paghiamo il prezzo più alto del loro malo odore. Ma tutto è rimasto tale e quale, anzi si è fatto ancora più melmoso, più buio, più cupo. Avevo sognato insieme a loro ed avevo perso. Punto.
Mi alzai dal letto e in quella confusione che regnava non temetti più nulla, tanto le cose accadevano ugualmente, silenziose e pigre, portandosi dentro una malinconia che alla fine mi schiariva i sentimenti. Cercando tra le scartoffie sul tavolo il cd di Lady Day che avevo comprato in edicola allegato ad un quotidiano, selezionai “Strange Fruit” e mi vestii. Non ricordo più che tempo facesse.
Bartolo Federico
On a Saturday night
RispondiEliminaflash flood watches covered the
southern portion of my disposition
there was no severe weather well
into the afternoon, except for a lone gust of
wind in the bedroom
in a high pressure zone, covering the eastern
portion of a small suburban community
with a 103 and millibar high pressure zone
and a weak pressure ridge extending from
my eyes down to my cheeks cause since
you left me baby
and put the vice grips on my mental health
well the extended outlook for an
indefinite period of time until you
come back to me baby is high tonight
low tomorrow, and precipitation is
expected
Tom Waits - Emotional Weather Report
103. Sarà un numero cabalistico?
Un saluto al blog più "beat" che c'è!!
grazie evil,come sempre hai centrato il bersaglio. il 103 è stato casuale.nighthawks, è un disco bellissimo uno dei miei oggetti di culto.. è proprio vero che mi sento come un beat. me ne sto appeso alla luna e alle romanticherie. un fottuto solitario, che continua a camminare sotto uno scroscio di pioggia.
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