Mi alzai dal letto ed andai in cucina a bere
un bicchiere d’acqua. Avevo lasciato molte cose dietro di me che a guardarle
adesso mi parevano come lividi tumefatti sulla pelle. Erano cose morte. Stare ora
a rimuginarci sopra significava riaprire vecchi conflitti, ma quella notte
stava andando così. Ero sempre stato un tipo difficile o, meglio, gli altri
credevano che lo fossi. Indubbiamente, trascorrevo molto tempo da solo e
conoscevo bene le strade per mettermi nei casini. Da ragazzo al liceo costruivo
molotov. Ero uno specialista in quel genere di bombe. Le utilizzavano nei
cortei i compagni più grandi, quelli delle
frange oltranziste per lanciarle contro i celerini o per incendiare i circoli
frequentati dai fascisti. Erano gli anni settanta, c’era tensione sociale e
molto subbuglio. Ma era la solita storia dei ricchi contro i poveri e
viceversa. Solo che si era giovani e l’indifferenza non ci aveva ancora sopraffatto.
Si aveva dentro un romanticismo maldestro. Dopo, quando si ha un passato alle
spalle, la vita diventa più complicata. La poesia ce la divoriamo insieme a
tutto il resto. La gente a quel tempo mi guardava in malo modo per come mi
vestivo e per quello che combinavo. Mi cacciarono più volte dalla scuola per
comportamento ribelle. Ma quando imbracciavo la chitarra e suonavo tutto
cambiava, mi veniva naturale. La musica sgorgava dal mio cuore fluida e provavo
sensazioni indescrivibili. E gli sguardi di chi mi ascoltava erano pieni di sorpresa
e ammirazione. Tuttavia, avevo una grossa pecca, suonavo il rock dei Lynyrd Skynyrd,
Allman Brothers, The Band, Lou Reed, Stones. Musica che a quelle truppe della
sinistra stava sulle palle. La consideravano con disprezzo, musica imperialista.
Non hai paura? Non c’era nessuno che mi inseguiva, se non i
miei fantasmi. E poi la paura non dice né si né no. Si prende tutto la paura. Ero
nauseato di come era andata avanti la mia vita, anche amareggiato. Ma avevo
smesso di avere paura da quando mi ero incancrenito dentro, ed ero capace di
difendermi. Il vento continuava a soffiare e sembrava che stesse piangendo tra
i comignoli dei tetti. Volevo andarmene a sud, dove c’era il sole. Avrei voluto
vivere un po’ più spensierato, ma non per questo mi impietosivo per il mio
destino. In un modo o nell’altro me l’ero scelto. Avevo fatto tutto da me. Nora
stese la mano e con le sue unghie lunghe mi sfiorò il viso. Entrambi eravamo
vecchi allo stesso modo, entrambi eravamo soli. Mi agguantò un polso e lo strinse
forte e poi, guardandomi dritto negli occhi, disse: Ci si sbaglia sempre a giudicare il cuore degli altri. Ma io ti ho amato
dal primo momento che ti ho visto. Ascoltami,adesso. Era arrivata dove l’occhio non può
più vedere, era dentro le cose e non aveva scelto la via più breve.(Malato D’Amore Blues tratto da viaggiatori Nella Notte)
Bellissimo!
RispondiEliminagrazie ant
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