Arrivava puntuale alle
cinque del pomeriggio con il suo carretto Don Mario, strombazzando e bandendo. Torrone
e cioccolato, pistacchio e caffè. Come lo desiderate il gelato? Da dieci, da venti,
o da cinquanta lire? Con la panna sopra? Sempre quello da venti chiedeva Smeralda.
Nel mio quartiere si camminava a piccoli passi, la città era lontana con i suoi
rumori, la sua brutalità. Noi ragazzini ce ne stavamo rintanati con la nostra
indifferenza, le nostre porcate, dentro la piccola casa cantoniera. Era il nascondiglio
perfetto per fumarci le sigarette che trafugavamo dai pacchetti dei nostri
genitori, e per farci le seghe sfogliando i fumetti sexy di Messalina. E’ dura
dire che è finita, ammetterlo. Il professor Ernesto Trovato ci sgridava dal suo
balconcino perché doveva riposare, e alle due del pomeriggio non tollerava
schiamazzi. Lo mandavamo sempre affanculo. E quando usciva sua moglie, era
anche peggio. Andavamo sempre più in basso, e non ascoltavamo nessuno. È un cazzo
fritto, la vita. L’ha scritto Celine, ed io a lui credo. È difficile guardare la
gente, nei suoi egoismi, nella sua miseria. Tutti hanno l’aria di sapere. Anch’io.
Ho gli occhi arrossati è un’aria assonata. E non ho più risposte alle domande che
mi faccio. Però, com’è bello essere a casa. Con i tromboni a forma di
pescespada, è un incantesimo in valigia. A ciascuno il proprio sballo. Si
diventa fragili e precari, quando s’invecchia, e le cose vanno sempre come vogliono. Ma quando
mi lascio andare, mi capita di allontanarmi più del dovuto. Poi resto amareggiato
e confuso. Come quando da ragazzo inseguivo certe donne. Che non acchiappavo
mai. Nessuno in questo mondo combatte in modo leale. Nessuno. Potete crederci.
Come facciamo ad andare avanti, rifacendo quello che abbiamo fatto il giorno
prima? E’ un’angoscia. Come Bono Vox. E gli U2. Mi sono comprato tutti i loro dischi,
un tempo. Li ho gettati nel bidone dell’immondizia. Senza alcun rimorso. Con
soddisfazione. Bisogna guardare oltre il proprio naso, il tempo non è dalla
nostra parte. Ma oggi non riesco più ad agguantare, neanche un briciolo di sonno.
Che posso farci! Fa un caldo incredibile, anche se il cielo è nuvoloso. Qui intorno hanno tutti il muso lungo. La verità si attorciglia, sussulta, come la gioventù. Che cazzo. Dopo muore in
silenzio. I miei sogni affiorano sempre di notte. Bisogna che faccia in fretta altrimenti
svaniscono. Tutti noi
abbiamo piccoli segreti di cui ci vergogniamo. E le cose che ci lasciano, ci
fanno sentire sempre più soli. Ci vorrebbe del whiskey per allontanare questi incubi. Ma in questa città non c’è nulla da bere. Niente
bourbon, ne branchwater. Il treno sbuffa ed io non farò sosta qui.
Bartolo Federico
Nessun commento:
Posta un commento