Uscì in strada, e camminai in silenzio. Ci sono cose che aspettano che quella luce gli attraversi le viscere, per vedere come sei messo dentro il tuo cuore. Così all’improvviso delle vecchie melodie mi tornarono in mente, ed ebbi la percezione che mi parlassero. Mi sentì sbandare mentre tentavo di non oltrepassare quella curva mentale, che ti fa restare lucido. Il nostro destino è scritto, da qualche parte, nel libro della vita. Da ragazzo me l’ero chiesto un mucchio di volte cosa avrei fatto da adulto. Sapevo che era tutto già definito, dovevo solo scegliere se diventare un ferroviere, o un postino. Ma il mondo che sognavo era gentile, semplice, e profumato di musica. Per questo la strada divenne il mio rifugio. Me ne stavo rintanato insieme a quelli che vedevano i ragni nel cielo, e parlavano ad alta voce alla luna. E la mia vita per certi versi assunse un aspetto fantastico, strambo, quasi epico. O almeno così credevo che fosse, inseguendo quell’incrocio dei sogni che mi avrebbe fatto suonare la vita. Ma ero solo un fesso alla guida della mia solitudine. L’amore non vince sempre. Non vince su tutto.
Non
può esserci arte senza contaminazione. Senza una vena di pazzia. Due anni
prima di morire Neal Cassady il
vagabondo pieno di eccitazione, protagonista di On The Road il romanzo di Jack
Kerouac, era alla guida del furgone dei Grateful
Dead. Un gruppo di scarburati anticonformisti, anima di quel suono psichedelico
che andava di moda a cavallo, tra gli anni sessanta e i settanta. Il loro
leader il barbuto e paffuto Jerry Garcia
è stato un sovvertitore delle regole, uno che ha creato un modo di vivere, un
eremita, un beato, che sapeva rendere magica la musica. Un idolo per folle di sbandati,
poeti, sognatori, letterati, musicisti, commesse di supermercato, bande di
motociclisti. Tutti quanti pigiati, stretti stretti, dentro un unico sogno di
libertà. Gente dal cuore tenero, che se ne andava nel deserto ad allargare
l’area della conoscenza, facendo un uso massiccio di acido lisergico. Bravissimi
a non darsi pace, nell’ebrezza del loro stesso sconforto. Nel chiuso della mia
stanza avevo scoperto che cacciando la testa nella vita di questi cani sciolti,
mi rendeva la mia, un po’ più speciale. Nel 1973 insieme a The Band e agli Allman
Brothers, i Dead suonarono
nell’autodromo di Watkins Glen davanti a seicentomila persone, in uno dei più
affollati concerti rock di tutti i tempi. Quei ragazzi erano stracarichi di
utopie, generosi e pronti a mettersi in gioco, pur di sperimentare nuove
strade. Musicisti che non hanno posto freni alla fantasia, e alla follia di
vivere. Svelti a prendere qualsiasi deviazione, anche se poi si finiva dritti all’inferno.
Si
lasciano tante cose per la strada, piccoli frammenti, indicazioni, qualsiasi
cosa, affinché un giorno si possa ricordare di essere passati da quei luoghi. Sono
giù di morale in questi giorni, ho guardato il mio diploma di geometra riverso in
un angolo della stanza. Un diploma che non ho mai usato, perché non era quello
che volevo fare nella vita. Solo che allora non lo sapevo. Non sapevo che mi
sarei innamorato perdutamente della musica, e che per questo non sarei mai
stato un tipo “normale”. Sono come una nota stonata, un cane randagio, uno
fuori dal coro, che non ha trovato ancora il suo posto. Mi è mancato il
coraggio probabilmente, per andare fino in fondo alle cose che desideravo. E
questo non ha fatto altro, che farmi rantolare di dolore nella notte. Chiuso nel
mio silenzio, è una ferita che sanguina e fa male. L’amore non vince sempre.
Non vince su tutto. Perché invecchiando, si diventa feroci e cinici. Si
avvicina la stagione della pioggia, e mi sto preparando. Scrosci d’acqua giungeranno,
e al pensiero mi avvilisco e mi rattristo. Siccome adesso non ho niente da
fare, mi sono messo una bottiglia vicino, e ho preso a spaginare qualche libro,
ascoltando della musica.
Fu
con l’album “Workingman’s Dead” del
1970 che i Grateful Dead virarono verso il country rock. Chitarre
acustiche, slide, e note perfette, sostituirono il suono acido che fino al
precedente “Live/Dead”, la faceva da
protagonista. Jerry Garcia aveva incamerato un sacco di stili musicali, per
questo riusciva a rendere affascinanti le sue canzoni. Era finito anche lui
dentro una strada secondaria, come quei fuorilegge del vecchio west, di cui
cantava le gesta. Con la sua chitarra teneva acceso quel sogno di fuga e
ribellione. Sognando la California. Per tutta una serie di motivi, la pensione
non c’è l’avrò mai. E questo accresce le mie paure, la mia isteria. Cammino per
strada sentendomi in un vicolo cieco. Vedo i miei fallimenti, i rimorsi, la
fatica che ho fatto per tirare avanti, e mi sento stanco. Il panico mi sta
soverchiando in questo isolamento, in cui mi sono imbucato. Amava così tanto la
musica country Jerry, che dopo aver pubblicato “Workingman” e “American
Beauty” diede vita con Phil Lesh,
e Mickey Hart, ai “New Riders Of The Purple Sage”. Il loro
primo disco l’omonimo del 1971, e il seguente Powerglide del 1972, li ricordo bene, perché sono stati i primi
dischi di country rock che ho ascoltato. Dischi dove ci ho lasciato il cuore,
le illusioni, la giovinezza, e anche un filo di disperazione. Ci
prendiamo delle cose in prestito, per poi cedergli il passo. L’amore non vince
sempre. Non vince su tutto.
Molto tempo fa non provavi paura. Rammenta il ragazzo che hai lasciato sui monti. Chi sta sedendo da solo con le stelle e le sue lacrime.(Last Lonely Eagle-N.R.P.S.)
Molto tempo fa non provavi paura. Rammenta il ragazzo che hai lasciato sui monti. Chi sta sedendo da solo con le stelle e le sue lacrime.(Last Lonely Eagle-N.R.P.S.)
Sai una cosa fratello? Mi sembra che siamo rimasti soli o quasi...O mi sbaglio? Dopo che Evil e Massi hanno chiuso bottega mi sembra che siamo rimasti in due, o almeno io "sono rimasto in due" con te, ovviamente. Ma mr.Hyde è ancora tra noi? O anche lui ha appeso la tastiera al chiodo?
RispondiEliminaBoh, non riesco ad avere il tempo di controllare tutti i blog che mi piacciono (a parte il tuo che leggo quasi quotidianamente), figurati a trovare il tempo per lasciare un commento.
In ogni caso bello, intenso e carico il tuo bellissimo post (come sempre del resto)...Una sicurezza in questo periodo grigio e insignificante: le immagini che crei con la penna si materializzano davanti agli occhi in modo incredibile.
Devo recuperare subito qualcosa dei Dead, devo averne qui da qualche parte...
Grazie bro'
Un abbraccio
si è vero, siamo rimasti soli. e la cosa mi rattrista.
RispondiEliminaun abbraccio anche a te Bro.