Tempo fa, in una vecchia cassetta
arrugginita, ci ho messo quelle cose che mi servono quando voglio essere
coccolato. Su di un lato ho fatto spazio per i Ray-Ban Wayfarer. Da ragazzo li
usavo anche di notte. Seduto per terra, "Meno Di Zero" l’ho letto per strada. Niente di particolare. Allora però, non
dubitavo di nulla. O forse sì, solo che non lo sapevo. Ognuno di noi ha i suoi buoni
motivi, per diventare una bestia con il mondo. Specie quelli che hanno un cuore
grande così. Quelli che restano per sempre, con l’anima di un bimbo. In quelle
notti quando mi portavo una bottiglia, delle sigarette, e nel chiuso della mia
stanza sognavo, mi chiedevo come sarebbe andata con quella tipa dagli occhi
azzurri pallidi. Ho finito per girare a vuoto, senza meta, fino all'alba. Quello che mi stupiva era il blues, con le sue confidenze, i suoi dubbi,
le sue esitazioni. E fumavo a occhi chiusi. Che era un bel modo, per un'anima smarrita. Ma non ero obbligato a cercare
soluzioni. Non ero costretto a fare nulla. Neanche a camminare sotto la pioggia
battente. Era questo il bello di quel gioco. Poi però si resta soli. Allora ti compri una chitarra, e cominci a suonare i primi accordi. Con le dita delle mani che fanno un male cane, ogni tanto ti fermi e soffi sulla punta dei polpastrelli. Soffrendo riprendi a cercare le note. Piano piano, a poco a poco, la musica viene fuori.
Mi sono venuti subito dei blues scuri e rochi, ingialliti, dalla nicotina.
Mentre quell’odio freddo che covavo, si distillava nel suono. Ho acceso una sigaretta. E’
dura quando smetti di piacerti. Quando cominci a farti nausea. Succede sempre
quando tutto ti ritorce contro. Quando non puoi difenderti. E ti ritiri nel tuo
buco, con quel freddo che ti congela le ossa. Anche David Corley ha provato queste sensazioni. Ne sono sicuro. Lo sento
sulla mia pelle, il suo brivido tumefatto di stupore. I conti tornano sempre. E' inutile che ci si affanni, non c’è niente da
vincere in questa vita. L’ho capito quando ho avuto solo voglia di starmene in
silenzio. Quando ho spostato la merda, con la punta dello stivale. Sbattuto nel
vento, preso a calci nel culo, mi sono guardato intorno e per non trasformare
questa storia in una crocifissione, ho ripreso coscienza. E’ tutto un mistero. Anche
se ormai sono ridotto in poltiglia, ho tenuto botta. Ho frugato ancora nella cassetta arrugginita. Dopo un
paio di passi nell’oscurità senza trucchi, a luci spente, ho sentito il mio respiro e i battiti del mio cuore. Come sempre, cerco di essere solo.
Bartolo Federico
Fratello, che dire...L'ennesima scoperta interessante grazie al tuo meraviglioso blog e alla tua prosa struggente ed evocativa. Gran bel disco.
RispondiEliminaNe approfitto per salutarti perché chiudo bottega per un po' e me ne vado in "ritiro spirituale" per qualche settimana. Quando rientro mi leggerò tutti gli arretrati della strada polverosa.
Un abbraccio
ciao fratello, un abbraccio.
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