In
una mattina tranquilla, con il cielo senza l’ombra di una nuvola, la sua voce
fredda, ovattata, aveva spezzato quel poco che era rimasto. Di me e di lei. Dopo
un breve sospiro, senza rimorsi, aveva aperto quel buco nel cuore. Ne aveva
abbastanza dei miei progetti fumosi, dei miei sali e scendi, delle mie
deflagrazioni. Dei miei incubi. E poi c’era troppa notte dentro di me. Come
dargli torto pensai. Ha sollevato leggermente le sopracciglia, e mi ha girato
le spalle. Erano le undici e trenta. Nell’ora degli addii, si resta sempre disorientati,
pallidi e senza sorrisi. Certo avrei potuto giustificarmi raccontando frottole
stravaganti, ma non sarebbe servito a nulla. A dispetto di tante altre cose,
sapevo che non saremmo mai rimasti amici.Ci si odia sempre dopo l’amore. Perché
quel che resta è un guazzabuglio di detriti, parole sprezzanti, miserie. Ma chiunque
di noi ha diritto d’inventarsi una scappatoia, una via di fuga. Con quella
breccia nel cuore ero già lontano, dentro la notte, attraverso i binari, nei
bar fumosi, sempre più lontano. La sua mano si era staccata per sempre dalla
mia, e si diventa tristi nostro malgrado. Faceva freddo, dove mi ero fermato. Sono
rimasto a lungo sotto il lampione, a guardare la strada. Così tutto solo.
Bartolo
Federico
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