Sua madre gli raccontò che quando nacque pioveva a dirotto da giorni e che Ft Worth
– nello stato della stella solitaria – era diventata un’immensa
pozzanghera. Le doglie le presero in anticipo di un mese e, siccome lui
era il primo figlio, fu assalita dal panico. A quel tempo la zona in cui abitavano era abbastanza isolata e distante dall’ospedale. Suo marito
era fuori per lavoro e non sarebbe rientrato prima di un paio di
giorni. Tentò di chiamare aiuto per telefono, ma le linee erano
interrotte per le forti piogge. Non sapeva che fare. Nonostante tutto
cercò di vincere l’angoscia e di non farsi soggiogare dagli eventi. Robert Lockwood era un tipo strambo, veniva da Chicago e viveva nella casetta di fronte. Come tutti i musicisti dormiva di giorno e alla sera suonava nei locali sparsi nei dintorni. Un tipo gentile, però. Quelle poche volte che si erano incrociati per la strada l’aveva salutata sorridendole… ma lei non si fidava dei neri vagabondi che suonavano il blues. Si raccontavano strane storie su di loro, si diceva che avevano il diavolo in corpo
e che erano assai pericolosi, bevevano come spugne e violentavano le
donne, specie se bianche. Adesso quell’uomo bussava alla sua porta
perché l’aveva sentita urlare e lei non aveva alternative. Quando aprì
l’uscio, la pioggia veniva giù impetuosa, accompagnata da un vento
gelido. Robert, avvolto in un impermeabile, era inzuppato come un pulcino. “Tutto bene, signora?” le
disse sorridendole… ma lei non fece in tempo a rispondere che svenne.
Quando riaprì gli occhi era distesa sul letto, l’uomo aveva già
preparato l’occorrente per il parto e le rideva
benevolo. Lo osservò, si senti sicura e le parve, da come si muoveva,
che sapesse il fatto suo. Dopo un’ora di travaglio e di dolore per le
contrazioni, Mason, prima usci di testa, poi con le spalle e nacque. Mr. Lockwood tagliò il cordone ombelicale, lo alzò in aria come Mosè e lo diede alla signora Ruffner. Fu in quel frangente che, ancora umido, il blues gli si attaccò addosso. A volte non si può barare con il proprio destino. Il piccolo Mason crebbe a casa di Mr. Lockwood. Ci andava ogni giorno dopo la scuola e ci restava tutto il tempo possibile. Dopo quella notte Robert era diventato uno di famiglia ed è in quella casa che il “Flaco” imparò i primi rudimenti della chitarra e i suoi segreti, conobbe i vari maestri del blues: T-Bone Walker, BB King, Jimmy Reed, Robert Johnson, Elmore James, Chuck Berry, Howling Wolf, John Lee Hooker, OtisRush, Lightnin Hopkins e s’innamorò perdutamente di quel treno di fuoco che era la musica di Jimi Hendrix. Mason era un talento e presto sotto l’aspetto tecnico superò il suo Maestro. Di questo Mr. Lockwood ne fu orgoglioso. Oltre ad ascoltare e suonare il blues, Mason
guardava il mondo con gli occhi della poesia e, per un ragazzo che si
aggrovigliava nell’animo, fu naturale accostarsi al genio lirico di Bob Dylan e del poeta Arthur Rimbaud, ambedue anime inquiete, sovversive e vagabonde che gli fornirono gli spunti necessari per iniziare a scrivere le sue canzoni.
”Non parlerò, non penserò a niente: Ma l’amore infinito mi salirà nell’anima e andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro nella natura, felice come con una donna. (Sensazione – Marzo 1870).
Ma anche Baudelaire e il conte Lautrèamont furono importanti nel suo bagaglio culturale. Aveva tracciato quella analogia tra il blues e la poesia francese perché reputava che entrambi lenissero il dolore pur biascicando tristezze. La vecchia strada era piena di polvere che il vento gli sbatacchiava sul viso. Il sole fece brillare il suo dente d’oro con le iniziali incise. Fu allora che New Orleans gli comparve all’orizzonte. Arrotolò i sogni dentro un joint, accese l’autoradio che trasmetteva Truck Stop Girl e spinse sull’acceleratore.
“Portami lungo New Orleans, non tenermi qui, devo suonare il blues a Bourbon Street, e scacciare suonando questa tristezza solitaria. Scommetto che i joints stanno piovendo a New Orleans. Se io rotolo e fumo, bambina, non ho bisogno di dormire. Si dice che le ragazze più carine sono in Texas, so che tu sei fuori da questo mondo, ma devo andare a New Orleans e trovare una ragazza creola”. (Down to New Orleans).
Il caldo umido fu rotto da una pioggia a scroscio che gli sembrò un battimani e Bourbon Street si spopolò alla svelta. Mason rimise la chitarra nella custodia riparandosi sotto una pensilina. Aveva scritto diverse canzoni, ma non trovava nessun musicista che avesse voglia di mettersi in gioco con materiale nuovo. Tutti quelli che aveva incrociato desideravano suonare solo cover di Sly And the Family Stone. Quando non si ha fretta ci si perde facilmente per la strada… ma questo non era il suo caso. Irrequieto e curioso inseguiva le parole come se gli cadessero dal cielo ed era necessario afferrarle prima che sparissero. Intanto che fremeva di vederle in faccia una ad una quelle anime della notte ammucchiate giù nel fondo. Se vuoi una cosa con tutto te stesso, prova e riprova a volte finisce che la ottieni. Ora aveva una sua band, The Blues Rockers, che aveva scelto con estrema pazienza. Voleva essere certo che i musicisti fossero in grado di catturare quel groove che rincorreva da quando Mr. Lockwood gli mise in braccio la sua Gibson Les Paul. Non faceva altro che ripeterglielo “trova il groove Mason, il groove”. Cosi, insieme a Chris Clifton alla chitarra, Mike Stockton al basso e Willie Cole alla batteria, ogni sera per 200 sere all’anno si esibisce al Club 544 in arroventati set. La mano corre veloce lungo il manico della sua scuoiata Stratocaster, entra ed esce dalla canzone con fraseggi melodici fulminei impasta perfettamente il blues con il rock’n’roll e canta con una voce liquefatta alla Dylan. La sua innata simpatia gli fa conquistare il pubblico, che ogni notte è sempre più numeroso ed ha il sostegno di Memphis Slim e John Lee Hooker. Alla fine del giro si ritrova sotto il palco musicisti del calibro di Bruce Springsteen, Jimmy Page, Robbie Robertson, Carlos Santana, Stevie Ray Vaughan e Billy Gibbons degli ZZ Top, tutti a vedere il “nuovo Santo” in città. Quelle canzoni finalmente ottengono un contratto discografico con la CBS e un produttore, Rick Derringer. Giù nei quartieri di periferia hanno spento le luci e i rinnegati vanno a zonzo come fossero gli ultimi romantici con in tasca piccoli diavoli blu da donare alla rosa di Tralee, che vestita di bianco è avvinghiata nelle braccia del Gitano. Danza, danza, danza la “Serenata” lungo le strade prima che la notte venga su, prima che la notte l’inghiotta per sempre. Riviste e giornali prestigiosi lo applaudono. Salta sul treno dei desideri andando in tour con Jimmy Page, ma tenendo i piedi ben piantati in terra. Da viaggiatore solitario sa bene che tutto può svanire in un attimo… e allora cerca di difendere la sua anima, di seguire la sua strada senza precipitare. Le vendite del disco “Mason Ruffner” sono esigue, appena settemila copie, ma non si scoraggia. Ha i giusti anticorpi per affrontare la situazione. Gli uomini di blues hanno la pelle dura. Durante il tour con Page, scrive nuove canzoni e, suonandole, si rende conto che ha del buon materiale, occorre solo metterlo bene a fuoco. La CBS gli offre un’altra chance. Questa volta il produttore che lo affianca è un rocker gallese che conosce la materia. Nick Lowe sa come mischiare rock’n’roll e blues nelle giuste dosi e giocare sulla semplicità che è quasi sempre la carta vincente. La Stratocaster di Mason viene posta in primo piano, esaltata, rinvigorita e vengono fuori quelle influenze cajun che ha assimilato in Bourbon Street. Cosi “Runnin” diventa un piatto fumante di gumbo offerto da Dr. John attraverso Stevie Wonder, cantata alla John Hiatt. Gypsy Blood, che è anche la title track del film “Steel Magnolias”, è magnetica e diretta. Una di quelle canzoni che chiunque pagherebbe per scriverla. Colpisce con licks e riffs che sono una prelibatezza ed è Bibbia per tutti quelli cresciuti nei bassifondi del rock.
“Dio sa che sono nato zingaro,il mio cuore non ti puòrubare,cieco ho messo la mano sulla mia valigia viaggiando con la mente è quel sangue ,quel sangue zingaro che mi porta lontano dall’amore ” (Gypsy Blood).
Da uomo libero che non ha smesso di andare, vedere e sentire, compone canzoni che sono un attestato all’indipendenza: Dancing on top of the world e Fightin’ Back parlano chiaro sui suoi propositi. Distant Thunder è una ballata carica d’amore e poesia, con sullo sfondo Bob Dylan e tutte quelle solitudini piene d‘amore e dignità che vagano libere sotto i cieli del mondo. La copertina di “Gypsy Blood” ritrae Mason Ruffner come se fosse il Brando di “Fronte del Porto” o il James Dean di “Gioventù Bruciata” e alla fine il disco fa breccia nei cuori di chi ha giocato d’azzardo tutto quello che aveva ed ha preso la strada dell’inquietudine. Luccicando sotto la luna come una moneta nuova, gettando via gl’incubi rimasti a dondolare nel cielo. Dopo l’uscita del disco Mason va in tour come spalla agli U2 e Crosby Stills & Nash. Viene chiamato da Daniel Lanois per lavorare nel suo disco d’esordio “Acadie” e corona il sogno di una vita suonando per sua maestà Bob Dylan in “Oh Mercy”, disco da queste parti molto amato. Nello stesso anno apre i concerti di Ringo Starr. Poi stacca la spina e fugge via. Il rettifilo era infinito. Superò una fila di autocarri colorati e rallentò. All’incrocio vide le strade bianche di polvere correre parallele, non ci pensò due volte a svoltare. Percorse diverse miglia, poi si fermò in una pompa di benzina, comprò delle birre e ne stappò una. Non provava nostalgia o rimpianti, voleva tornare a casa perché adesso si trattava di decidere che direzione prendere. Dopo un periodo di tregua, abbastanza lungo da farsi dimenticare, ritorna con un album indipendente, “Evolution” che è un mix dei due precedenti, con la novità che lo si può ascoltare anche in versione acustica. “Evolution” contiene una canzone, Angel Love, di cui Carlos Santana si innamora e Mason riparte in tour ma, come tutti i cani sciolti, dopo un po’ ritorna a vagare per le sue strade secondarie dove il caldo e l’afa ammazzerebbero chiunque si avventuri, dove il cielo è una cascata di stelle e la terra risplende in tutta la sua nuda bellezza. Scrive ancora canzoni che si rifanno alla tradizione dei padri secolari del blues e a Memphis incide un nuovo album dal titolo emblematico, “You Can’t Win”, con una band, a suo dire, la migliore che abbia mai avuto. Ad oggi è la sua ultima fatica discografica.
“Tienimi la tua luce addosso,vengo a casa, la mia anima urla ,il mio cuore mugola ho visto le ali della pazzia ,tutto da lavare via, ma cose cosi’ qui non accadono“. (Keep on your light one for me).
Le luci dei lampioni sono spente e nell’oscurità qualcuno barcolla. I fuggiaschi hanno vestiti a coda di rondine. E’ quel buco nel cielo, è la follia che ci fa andare avanti sin da quando giovani e incoscienti ci spingiamo nel baratro dei sentimenti. Stavamo seduti su una panchina sulla riva del Mississippi, in faccia aveva stampato quel sorriso che gli ballonzolava. Quel sorriso adolescenziale animava chiunque lo incontrasse, era contagioso e rilassante. Nonostante il mondo lo ignorasse come musicista, lui era felice per come erano andate le cose ed era sempre pronto a cantare e suonare, sera dopo sera, dando il massimo di sé. Me lo disse mentre guardavamo il Mississippi scorrere lento. Solo una cosa aveva nascosto nel ripostiglio dell’anima, e questo lo aveva preservato da tutto: l’innocenza. L’innocenza di quando, bambino, guardava il mondo meravigliandosi. “Ancora oggi, che di strada ne ho percorsa tanta, mi sento così”.
”Non parlerò, non penserò a niente: Ma l’amore infinito mi salirà nell’anima e andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro nella natura, felice come con una donna. (Sensazione – Marzo 1870).
Ma anche Baudelaire e il conte Lautrèamont furono importanti nel suo bagaglio culturale. Aveva tracciato quella analogia tra il blues e la poesia francese perché reputava che entrambi lenissero il dolore pur biascicando tristezze. La vecchia strada era piena di polvere che il vento gli sbatacchiava sul viso. Il sole fece brillare il suo dente d’oro con le iniziali incise. Fu allora che New Orleans gli comparve all’orizzonte. Arrotolò i sogni dentro un joint, accese l’autoradio che trasmetteva Truck Stop Girl e spinse sull’acceleratore.
“Portami lungo New Orleans, non tenermi qui, devo suonare il blues a Bourbon Street, e scacciare suonando questa tristezza solitaria. Scommetto che i joints stanno piovendo a New Orleans. Se io rotolo e fumo, bambina, non ho bisogno di dormire. Si dice che le ragazze più carine sono in Texas, so che tu sei fuori da questo mondo, ma devo andare a New Orleans e trovare una ragazza creola”. (Down to New Orleans).
Il caldo umido fu rotto da una pioggia a scroscio che gli sembrò un battimani e Bourbon Street si spopolò alla svelta. Mason rimise la chitarra nella custodia riparandosi sotto una pensilina. Aveva scritto diverse canzoni, ma non trovava nessun musicista che avesse voglia di mettersi in gioco con materiale nuovo. Tutti quelli che aveva incrociato desideravano suonare solo cover di Sly And the Family Stone. Quando non si ha fretta ci si perde facilmente per la strada… ma questo non era il suo caso. Irrequieto e curioso inseguiva le parole come se gli cadessero dal cielo ed era necessario afferrarle prima che sparissero. Intanto che fremeva di vederle in faccia una ad una quelle anime della notte ammucchiate giù nel fondo. Se vuoi una cosa con tutto te stesso, prova e riprova a volte finisce che la ottieni. Ora aveva una sua band, The Blues Rockers, che aveva scelto con estrema pazienza. Voleva essere certo che i musicisti fossero in grado di catturare quel groove che rincorreva da quando Mr. Lockwood gli mise in braccio la sua Gibson Les Paul. Non faceva altro che ripeterglielo “trova il groove Mason, il groove”. Cosi, insieme a Chris Clifton alla chitarra, Mike Stockton al basso e Willie Cole alla batteria, ogni sera per 200 sere all’anno si esibisce al Club 544 in arroventati set. La mano corre veloce lungo il manico della sua scuoiata Stratocaster, entra ed esce dalla canzone con fraseggi melodici fulminei impasta perfettamente il blues con il rock’n’roll e canta con una voce liquefatta alla Dylan. La sua innata simpatia gli fa conquistare il pubblico, che ogni notte è sempre più numeroso ed ha il sostegno di Memphis Slim e John Lee Hooker. Alla fine del giro si ritrova sotto il palco musicisti del calibro di Bruce Springsteen, Jimmy Page, Robbie Robertson, Carlos Santana, Stevie Ray Vaughan e Billy Gibbons degli ZZ Top, tutti a vedere il “nuovo Santo” in città. Quelle canzoni finalmente ottengono un contratto discografico con la CBS e un produttore, Rick Derringer. Giù nei quartieri di periferia hanno spento le luci e i rinnegati vanno a zonzo come fossero gli ultimi romantici con in tasca piccoli diavoli blu da donare alla rosa di Tralee, che vestita di bianco è avvinghiata nelle braccia del Gitano. Danza, danza, danza la “Serenata” lungo le strade prima che la notte venga su, prima che la notte l’inghiotta per sempre. Riviste e giornali prestigiosi lo applaudono. Salta sul treno dei desideri andando in tour con Jimmy Page, ma tenendo i piedi ben piantati in terra. Da viaggiatore solitario sa bene che tutto può svanire in un attimo… e allora cerca di difendere la sua anima, di seguire la sua strada senza precipitare. Le vendite del disco “Mason Ruffner” sono esigue, appena settemila copie, ma non si scoraggia. Ha i giusti anticorpi per affrontare la situazione. Gli uomini di blues hanno la pelle dura. Durante il tour con Page, scrive nuove canzoni e, suonandole, si rende conto che ha del buon materiale, occorre solo metterlo bene a fuoco. La CBS gli offre un’altra chance. Questa volta il produttore che lo affianca è un rocker gallese che conosce la materia. Nick Lowe sa come mischiare rock’n’roll e blues nelle giuste dosi e giocare sulla semplicità che è quasi sempre la carta vincente. La Stratocaster di Mason viene posta in primo piano, esaltata, rinvigorita e vengono fuori quelle influenze cajun che ha assimilato in Bourbon Street. Cosi “Runnin” diventa un piatto fumante di gumbo offerto da Dr. John attraverso Stevie Wonder, cantata alla John Hiatt. Gypsy Blood, che è anche la title track del film “Steel Magnolias”, è magnetica e diretta. Una di quelle canzoni che chiunque pagherebbe per scriverla. Colpisce con licks e riffs che sono una prelibatezza ed è Bibbia per tutti quelli cresciuti nei bassifondi del rock.
“Dio sa che sono nato zingaro,il mio cuore non ti puòrubare,cieco ho messo la mano sulla mia valigia viaggiando con la mente è quel sangue ,quel sangue zingaro che mi porta lontano dall’amore ” (Gypsy Blood).
Da uomo libero che non ha smesso di andare, vedere e sentire, compone canzoni che sono un attestato all’indipendenza: Dancing on top of the world e Fightin’ Back parlano chiaro sui suoi propositi. Distant Thunder è una ballata carica d’amore e poesia, con sullo sfondo Bob Dylan e tutte quelle solitudini piene d‘amore e dignità che vagano libere sotto i cieli del mondo. La copertina di “Gypsy Blood” ritrae Mason Ruffner come se fosse il Brando di “Fronte del Porto” o il James Dean di “Gioventù Bruciata” e alla fine il disco fa breccia nei cuori di chi ha giocato d’azzardo tutto quello che aveva ed ha preso la strada dell’inquietudine. Luccicando sotto la luna come una moneta nuova, gettando via gl’incubi rimasti a dondolare nel cielo. Dopo l’uscita del disco Mason va in tour come spalla agli U2 e Crosby Stills & Nash. Viene chiamato da Daniel Lanois per lavorare nel suo disco d’esordio “Acadie” e corona il sogno di una vita suonando per sua maestà Bob Dylan in “Oh Mercy”, disco da queste parti molto amato. Nello stesso anno apre i concerti di Ringo Starr. Poi stacca la spina e fugge via. Il rettifilo era infinito. Superò una fila di autocarri colorati e rallentò. All’incrocio vide le strade bianche di polvere correre parallele, non ci pensò due volte a svoltare. Percorse diverse miglia, poi si fermò in una pompa di benzina, comprò delle birre e ne stappò una. Non provava nostalgia o rimpianti, voleva tornare a casa perché adesso si trattava di decidere che direzione prendere. Dopo un periodo di tregua, abbastanza lungo da farsi dimenticare, ritorna con un album indipendente, “Evolution” che è un mix dei due precedenti, con la novità che lo si può ascoltare anche in versione acustica. “Evolution” contiene una canzone, Angel Love, di cui Carlos Santana si innamora e Mason riparte in tour ma, come tutti i cani sciolti, dopo un po’ ritorna a vagare per le sue strade secondarie dove il caldo e l’afa ammazzerebbero chiunque si avventuri, dove il cielo è una cascata di stelle e la terra risplende in tutta la sua nuda bellezza. Scrive ancora canzoni che si rifanno alla tradizione dei padri secolari del blues e a Memphis incide un nuovo album dal titolo emblematico, “You Can’t Win”, con una band, a suo dire, la migliore che abbia mai avuto. Ad oggi è la sua ultima fatica discografica.
“Tienimi la tua luce addosso,vengo a casa, la mia anima urla ,il mio cuore mugola ho visto le ali della pazzia ,tutto da lavare via, ma cose cosi’ qui non accadono“. (Keep on your light one for me).
Le luci dei lampioni sono spente e nell’oscurità qualcuno barcolla. I fuggiaschi hanno vestiti a coda di rondine. E’ quel buco nel cielo, è la follia che ci fa andare avanti sin da quando giovani e incoscienti ci spingiamo nel baratro dei sentimenti. Stavamo seduti su una panchina sulla riva del Mississippi, in faccia aveva stampato quel sorriso che gli ballonzolava. Quel sorriso adolescenziale animava chiunque lo incontrasse, era contagioso e rilassante. Nonostante il mondo lo ignorasse come musicista, lui era felice per come erano andate le cose ed era sempre pronto a cantare e suonare, sera dopo sera, dando il massimo di sé. Me lo disse mentre guardavamo il Mississippi scorrere lento. Solo una cosa aveva nascosto nel ripostiglio dell’anima, e questo lo aveva preservato da tutto: l’innocenza. L’innocenza di quando, bambino, guardava il mondo meravigliandosi. “Ancora oggi, che di strada ne ho percorsa tanta, mi sento così”.
Bartolo Federico