sabato 14 novembre 2015

Giochi Del Cuore (c'è qualcuno di voi dentro questa folla)

Donald Cumming abita sulla Trentaduesima Strada a New York City. La finestra della sua stanza da letto si affaccia su un vicoletto stretto e buio. Una volta che lo oltrepassi, si arriva facilmente sotto il ponte della ferrovia. Un posto pieno di teste di cazzo, e di sbirri violenti. Anche di peccatori, se mai esiste il peccato. Alle tre della notte una porta è sbattuta violentemente. C’è qualcuno che grida, e rompe il cazzo, perché  ha bisogno di soldi. La voce di una donna gli urla di passare più tardi, che adesso sta aspettando un cliente. Lui inveendo se ne va. E' un tipo muscoloso, alto e con i capelli neri. Frencette si affaccia alla finestra e osserva fuori in strada, da una parte e dall’altra. Si appoggia allo stipite, guarda l’orologio e impreca. Un tizio scende dall’autobus, si accende una sigaretta e tira qualche boccata. Poi lascia cadere la cicca in terra, e la schiaccia con la punta della scarpa. Nervosa e con i muscoli della faccia tirati, Frencette spegne la luce. Dopo qualche minuto accende la radio, che sta passando Game of the Heart.

C’è qualche parola di conforto per il dolore?

Donald Cumming si accende un’altra sigaretta mentre sta accartocciando il foglio di carta, che getta via con un moto di stizza. Si alza e scuote la sedia, si tira fuori la camicia dai pantaloni, e si versa da bere. Le luci della città lo stanno osservando nella penombra. Potresti venire un momento da me? Nei bassifondi? Dall'altra parte della città? Cosi' Shadow Tears sembra che t’implori, che cerchi risposte, una qualche giustizia, per tutti quei creduloni solitari, che bazzicano i bar della notte. Meglio che uno la prenda in fretta, e se la porti a spasso insieme alle sue cicatrici, nella luce opaca, dove si rivedono i volti di quelli che come Jim Carroll se ne sono andati via da soli. Nessuno sa dove vanno gli angeli, e neanche i demoni.

C’è qualche parola di conforto per il dolore?

Hey vibrafonista, hey jazzista suonatemi la vostra serenata un po’ più triste, e suonerai nella tua tomba. Risparmia le tue note non sprecarle per i ragazzi tristi, risparmia le tue note non sprecarle per il bel ragazzo sveglio. Vai insieme alle note che rintoccano dalla chiesa. Il vibrafonista batte su un bidone dei rifiuti, ascolta il tuo spacciatore ascolta il tuo spacciatore, ascolta il tuo spacciatore. Sta cantando, cantando, cantando, cantando tutto vestito di seta, cammina oltre il vicolo sta cantando, cantando, cantando…”.(New York City Serenade- Bruce Springsteen)

C’è qualche parola di conforto per il dolore?

Nelle prime ore del giorno, due grassone stanno cercando un’ambulanza. Una è così fatta, che sembra possa morire da un momento all’altro. Un uomo con un pantalone verde pisello le osserva, ma non fa niente per aiutarle. Un’altro lo fissa a sua volta dritto negli occhi. Lui ha la merda nelle mutande, e un piede sanguinante. Una nuvola di fumo lo avvolge, e quasi per difendersi si tira giù le maniche del maglione, ma solo per nascondere i buchi sulle braccia. Scarecrow barcolla ridendo, ma ha gli occhi sfocati per il dolore. E gli viene da piangere mentre avvia la macchina e si allontana, guardando la folla nello specchietto retrovisore.  Vorrebbe canticchiare una canzone di Tom Petty, ma è troppo ubriaco per ricordarsi le parole. Allora si ferma e appoggia la testa allo schienale, intreccia le dita, e s’addormenta.

C’è qualche parola di conforto per il dolore?

Bisogna fare attenzione là fuori! Tutto sommato lui era uscito bene da quella sporca faccenda. C’è solo una libertà. Il resto sono chiacchiere. Un sacco di colori del passato erano ricomparsi. Li aveva visti dipinti su quell'edificio con le finestre infrante, dove i ragazzi con la bomboletta,sul muro di mattoni rosso, avevano scritto "Total Darkness". E poi a dire il vero, quella paura fottuta di rientrare in casa da solo, gli era passata. Bisogna cogliere l’occasione, perché la vita è piena di delusioni. Ma lui non aveva più bisogno di niente, se non di quella cantilena notturna suonata sulla punta delle dita. Spanish Horses era arrivata giusto in tempo a difenderlo. Tra monete e tappi di bottiglie, sigarette accese e mucchietti di ossa, schegge di vetro, e rock’n’roll picchiati su un cassonetto dell’immondizia. Ubriaconi zoppi, e la falsa pallida luce dell’alba. Adesso in  tanti si stanno alzando per cominciare un nuovo giorno. Il giorno poi provvederà da sé.


C'è qualcuno di voi dentro questa folla?

Bartolo Federico





giovedì 12 novembre 2015

L’Ultima Aquila Solitaria


Uscì in strada, e camminai in silenzio. Ci sono cose che aspettano che quella luce gli attraversi le viscere, per vedere come sei messo dentro il tuo cuore. Così all’improvviso delle vecchie melodie mi tornarono in mente, ed ebbi la percezione che mi parlassero. Mi sentì sbandare mentre tentavo di non oltrepassare quella curva mentale, che ti fa restare lucido. Il nostro destino è scritto, da qualche parte, nel libro della vita. Da ragazzo me l’ero chiesto un mucchio di volte cosa avrei fatto da adulto. Sapevo che era tutto già definito, dovevo solo scegliere se diventare un ferroviere, o un postino. Ma il mondo che sognavo era gentile, semplice, e profumato di musica. Per questo la strada divenne il mio rifugio. Me ne stavo rintanato insieme a quelli che vedevano i ragni nel cielo, e parlavano ad alta voce alla luna. E la mia vita per certi versi assunse un aspetto fantastico, strambo, quasi epico. O almeno così credevo che fosse, inseguendo quell’incrocio dei sogni che mi avrebbe fatto suonare la vita. Ma ero solo un fesso alla guida della mia solitudine. L’amore non vince sempre. Non vince su tutto.

Non può esserci arte senza contaminazione. Senza una vena di pazzia. Due anni prima di morire Neal Cassady il vagabondo pieno di eccitazione, protagonista di On The Road il romanzo di Jack Kerouac, era alla guida del furgone dei Grateful Dead. Un gruppo di scarburati anticonformisti, anima di quel suono psichedelico che andava di moda a cavallo, tra gli anni sessanta e i settanta. Il loro leader il barbuto e paffuto Jerry Garcia è stato un sovvertitore delle regole, uno che ha creato un modo di vivere, un eremita, un beato, che sapeva rendere magica la musica. Un idolo per folle di sbandati, poeti, sognatori, letterati, musicisti, commesse di supermercato, bande di motociclisti. Tutti quanti pigiati, stretti stretti, dentro un unico sogno di libertà. Gente dal cuore tenero, che se ne andava nel deserto ad allargare l’area della conoscenza, facendo un uso massiccio di acido lisergico. Bravissimi a non darsi pace, nell’ebrezza del loro stesso sconforto. Nel chiuso della mia stanza  avevo scoperto che cacciando la testa nella vita di questi cani sciolti, mi rendeva la mia, un po’ più speciale. Nel 1973 insieme a The Band e agli Allman Brothers, i Dead suonarono nell’autodromo di Watkins Glen davanti a seicentomila persone, in uno dei più affollati concerti rock di tutti i tempi. Quei ragazzi erano stracarichi di utopie, generosi e pronti a mettersi in gioco, pur di sperimentare nuove strade. Musicisti che non hanno posto freni alla fantasia, e alla follia di vivere. Svelti a prendere qualsiasi deviazione, anche se poi si finiva dritti all’inferno. 

Si lasciano tante cose per la strada, piccoli frammenti, indicazioni, qualsiasi cosa, affinché un giorno si possa ricordare di essere passati da quei luoghi. Sono giù di morale in questi giorni, ho guardato il mio diploma di geometra riverso in un angolo della stanza. Un diploma che non ho mai usato, perché non era quello che volevo fare nella vita. Solo che allora non lo sapevo. Non sapevo che mi sarei innamorato perdutamente della musica, e che per questo non sarei mai stato un tipo “normale”. Sono come una nota stonata, un cane randagio, uno fuori dal coro, che non ha trovato ancora il suo posto. Mi è mancato il coraggio probabilmente, per andare fino in fondo alle cose che desideravo. E questo non ha fatto altro, che farmi rantolare di dolore nella notte. Chiuso nel mio silenzio, è una ferita che sanguina e fa male. L’amore non vince sempre. Non vince su tutto. Perché invecchiando, si diventa feroci e cinici. Si avvicina la stagione della pioggia, e mi sto preparando. Scrosci d’acqua giungeranno, e al pensiero mi avvilisco e mi rattristo. Siccome adesso non ho niente da fare, mi sono messo una bottiglia vicino, e ho preso a spaginare qualche libro, ascoltando della musica.


Fu con l’album “Workingman’s Dead” del 1970 che i Grateful Dead virarono verso il country rock. Chitarre acustiche, slide, e note perfette, sostituirono il suono acido che fino al precedente “Live/Dead”, la faceva da protagonista. Jerry Garcia aveva incamerato un sacco di stili musicali, per questo riusciva a rendere affascinanti le sue canzoni. Era finito anche lui dentro una strada secondaria, come quei fuorilegge del vecchio west, di cui cantava le gesta. Con la sua chitarra teneva acceso quel sogno di fuga e ribellione. Sognando la California. Per tutta una serie di motivi, la pensione non c’è l’avrò mai. E questo accresce le mie paure, la mia isteria. Cammino per strada sentendomi in un vicolo cieco. Vedo i miei fallimenti, i rimorsi, la fatica che ho fatto per tirare avanti, e mi sento stanco. Il panico mi sta soverchiando in questo isolamento, in cui mi sono imbucato. Amava così tanto la musica country Jerry, che dopo aver pubblicato “Workingman” e “American Beauty” diede vita  con Phil Lesh, e Mickey Hart, ai “New Riders Of The Purple Sage”. Il loro primo disco l’omonimo del 1971, e il seguente Powerglide del 1972, li ricordo bene, perché sono stati i primi dischi di country rock che ho ascoltato. Dischi dove ci ho lasciato il cuore, le illusioni, la giovinezza, e anche un filo di disperazione. Ci prendiamo delle cose in prestito, per poi cedergli il passo. L’amore non vince sempre. Non vince su tutto.
Molto tempo fa non provavi paura. Rammenta il ragazzo che hai lasciato sui monti. Chi sta sedendo da solo con le stelle e le sue lacrime.(Last Lonely Eagle-N.R.P.S.)




Bartolo Federico



lunedì 9 novembre 2015

Canzoni Semplici (per una semplice sensazione)

Mi alzai e spensi la luce. Era venuto il tempo di ricominciare da qualche altra parte. Molte cose di me erano sparite, portate via da quel vento spigoloso che mi soffiava dietro. Cose che conservavo pigiate dentro la mia ingenuità di vagabondo dell’anima, di romantico coglione. Amori, separazioni, addii. Rancori e bestemmie. Guardai il mio vecchio cappello ammaccato e logoro, con cui avevo brindato e ballato a quell’ultimo “Fandango. E quel passato s’iniettò nuovamente nel petto e mintenerii, come quelle ballate country cantate da Lyle Lovett in Pontiac. Mi aveva afferrato all’improvviso quello strano disagio, che mi accompagna ogni qualvolta ho bisogno di cambiamenti. E anche se solo nella mia mente, ho ripreso a scrutare la pazza strada. La mia amica del cuore. L’ho sempre saputo che le scelte che rendono un uomo libero, sono quelle che si pagano a caro prezzo. Ma ero arrivato alla fine di un percorso, e l’unica possibilità, era quella di ricominciare daccapo. Alcuni luoghi non erano più la stessa cosa. Adesso dovevo  accompagnare il mio mutamento. Il prima e l’oggi. La vita è complicata. Ma quello che cercavo era solo polvere e sole. Le mie visioni, i miei deserti, le mie miserie, li avrei tenuti con me. La nostalgia? No quella no. L’avrei presa e gettata da qualche parte. Sgommando l’avrei lasciata a logorarsi da sola. In un angolo sperduto del mondo. E allora anche se stavo fermo, imboccai  quella strada secondaria che finiva nel nulla. Senza mai voltarmi indietro.


Bartolo Federico




mercoledì 4 novembre 2015

Sono Fortunato Sono Vivo (dovrei essere morto)

Queste canzoni sono cantate da un sopravvissuto. Uno che è stato dentro l’inferno di alcool, cocaina ed eroina. Uno che non è morto solo per caso, o per fortuna, fate voi. Canzoni che disturberanno la quiete in cui vi siete bellamente ritirati con le vostre convinzioni, le vostre certezze. Che vi metteranno a disagio. Canzoni balbettanti, nude, crude, suonate come sono uscite da quell’angolo di cuore che non è esploso, solo per fortuna, nel bel mezzo della notte. Se siete amanti dell’estetica lasciate stare. Qui c’è solo un uomo con i suoi fantasmi e la voce traballante, che finalmente riesce a guardare il suo dolore. Bob è uno che ha tirato troppo la corda della vita e intanto che urlava, si aggrappava al rock’n’roll e al piano di Thelonious Monk. Era come una bagnarola bucata. Imbarcava acqua da tutti i lati e andava affondo, vomitando le sue pene, nelle notti fredde e solitarie. Ha camminato su e giù per la strada, non trovando niente che gli somigliasse un po'. E la domanda che si faceva era sempre la stessa. Non capiva che quello che gli capitava era tutto dentro di se. Sono una ferita sanguinante queste canzoni. Sono il tempo che aspetta. Un delirio che bisognava necessariamente strappare al buio. Come hanno fatto a suo tempo anche Johnny Thunders (Hurt Me) e Roky Erickson (The Holiday Inn Tapes). Canzoni perfette per chi invecchiando ha la faccia brutta e ripugnante dei suoi fallimenti, delle sue condanne. “See That My Grave Is Kept Clean” un blues terrificante di Blind Lemon Jefferson apre questo disco, e per la prima volta suona come un ritorno. Un ritorno alla vita. Non ci tiene nessuno a sapere la verità. Tutto si compra con le menzogne, la mediocrità. L'aveva riconosciuto l'amore in una tromba di luce. Quando stava per cedere alle sue paure, tutto gli è parso più' chiaro. L'amore è tutto ciò che c’è. Anche questa è una rivelazione.

Bartolo Federico