Nel
2013 con Detroit ci aveva raccontato
della sua città regalandoci un disco bellissimo e imperdibile, rinverdendo quel
suono caro a tutti gli orfani di quella banda di rocker che ti levava il
silenzio dal cuore, che erano i Radio Birdman. Detroit in questi anni di crisi mondiale è diventata una città
fantasma, con i suoi capannoni immersi nel degrado urbano, con
i quartieri periferici sconfinati abitati da persone in preda alla
disperazione più cupa, abbandonate in un declino economico e occupazionale, che
sembra non trovare argini. Una città quasi morta. Colpito profondamente da quel disagio Deniz Tek, ha scritto quelle canzoni come fossero un seme di speranza e di rinascita per la sua gente, e per tutti quelli che si ritrovano nelle stesse condizioni. Che è davvero un bel modo
di fare rock’n’roll. Quell'album gli dato nuova linfa, e da
allora non ha più smesso. Mean Old
Twister si presenta con dodici brani in cui rinnova il suo credo, la
sua dottrina, e placa le sue ansie con un rock semplice e perfetto, che
t’inquieta e ti fa ribollire il sangue di una nuova voglia di trovare una
generazione che possa riempire quel vuoto nel rock, che si sta allargando a
dismisura. Un disco di canzoni adatte a chi vive in strada e sui marciapiedi,
dove la novità di un sax profondo e di certe ballate notturne, mette i brividi intorno alle
palpebre screpolate. Mean Old Twister
ha una struttura leggermente più classica rispetto a
Detroit. Ma Deniz Tek ha molto maturato il suo songwriter e questo disco a parere mio, lo
conferma come uno dei più grandi outsider nel panorama rock mondiale.
P.S. Non ci sono brani in rete da postare, del suo nuovo lavoro. Ma su Spotify trovate le due opere. Se potete dategli un ascolto. Ne vale la pena.
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