Il
tono duro e minaccioso mi diceva che era nel panico più totale. Vedeva
la sua preda sfuggirgli e questo non poteva tollerarlo. Si dimenava,
urlava, voleva tenere ferme le redini del gioco, come sempre aveva fatto
o come pensava che fosse. La guardai ed anche così infuriata era bella
ed attraente. Ma ero stanco di fingere, di mentire. Come se poi fosse
così facile mentire a se stessi. Da un pezzo l’amore si era corroso il
resto era un dettaglio, uno stupido dettaglio da passarci sopra, da
annientare. Compreso io.
Probabilmente avevamo corso per la stessa meta, ma con il passare del tempo le crepe del nostro rapporto si erano allargate a un punto tale che era finito in sala di rianimazione, agonizzante.Ad Emma tutto ciò non interessava. Ne avevamo parlato spesso negli ultimi tempi ma, abilmente, sapeva far cadere il discorso. Ciò che le premeva era una cosa sola: il parere del suo entourage. Non poteva presentarsi ai loro occhi come una donna sconfitta. Proprio lei, brillante avvocato, sedotta e abbandonata da uno squattrinato, un fallito, un musicista del cazzo, come usava dirmi quando voleva ferirmi. Nel suo codice non era ammesso. Ma quella solitudine mi stava uccidendo, dovevo darci un taglio e provare a salvare quantomeno quel che restava di me.
Probabilmente avevamo corso per la stessa meta, ma con il passare del tempo le crepe del nostro rapporto si erano allargate a un punto tale che era finito in sala di rianimazione, agonizzante.Ad Emma tutto ciò non interessava. Ne avevamo parlato spesso negli ultimi tempi ma, abilmente, sapeva far cadere il discorso. Ciò che le premeva era una cosa sola: il parere del suo entourage. Non poteva presentarsi ai loro occhi come una donna sconfitta. Proprio lei, brillante avvocato, sedotta e abbandonata da uno squattrinato, un fallito, un musicista del cazzo, come usava dirmi quando voleva ferirmi. Nel suo codice non era ammesso. Ma quella solitudine mi stava uccidendo, dovevo darci un taglio e provare a salvare quantomeno quel che restava di me.
Il
mio compagno di cella restò qualche attimo in silenzio poi mi augurò la
buonanotte dicendomi: - Dormi Lee, domani sarà una dura giornata. Mi
avevano trasferito in quel penitenziario dopo aver tentato l’ennesima
fuga. Il trasferimento era una punizione e quello era un carcere di
massima sicurezza, uno dei più duri a cui ero approdato. Ma ero stato
fortunato a finire in cella con Teo perché a volte, raramente ma accade,
si incontrano persone che sin dalla prima occhiata si percepisce che
sono sulla stessa lunghezza d’onda. Con Teo fu proprio cosi. Non appena
varcai la soglia della cella, capii immediatamente che mi sarei potuto
fidare di lui.
Mi
svegliai di soprassalto mentre la guardia urlava: - Sveglia! Alzatevi!
Mi tirai su e rifeci il letto. Una volta terminato, uscimmo dalla gabbia
e camminammo in fila indiana. Attraversammo il corridoio fino alla sala
colazione. Stavo imparando le regole, perché ogni carcere ha le sue
regole, a cui devi attenerti se vuoi sopravvivere. Lo avevo appreso a
mie spese. Ci sedemmo nel mezzo del refettorio , di fronte a cinque
detenuti che mi osservarono senza mai rivolgermi la parola. Era il
“Consiglio di Amministrazione”, “i fine pena mai”, gli ergastolani. Teo
fece le presentazioni, spiegando il motivo per cui ero dentro; il mio
biglietto da visita alla comunità. Tra l’altro fu anche la prima cosa
che mi chiese quando varcai la porta della cella.
Teo
era un oriundo francese, medico e professore universitario. Un
intellettuale, un uomo leale e corretto, come se ne trovano pochi che,
un bel giorno, si era convertito all’eco-guerriglia. Fondò un quartetto,
chiamato “i Sabotatori”, un gruppo di visionari romantici decisi a
salvare il mondo dagli scempi ambientali voluti dal governo e
dall’industria. Aveva fatto saltare decine di mostruosità restituendo
alla natura ciò che l’uomo ingordamente le toglieva. Lo catturarono i
federali a St Louis insieme alla sua compagna, anch’essa sua complice,
prima che portasse a termine il progetto più ambizioso: far esplodere la
diga del Glen Canyon, che aveva provocato cambiamenti climatici e
geologici irreversibili in tutta l’Arizona.
BartoloFederico –
Avvincente, tanto quanto la foto del mio attore preferito Steve Mc Queen...
RispondiEliminaCiao Federico!
ciao Nella,un abbraccio
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