Me ne stavo rintanato sotto una
striscia di pioggia, e anche se non c’erano porte che m’impedivano di scappare, mi
sentivo come fossi in una prigione. In strada non c’era nessuno tranne me, e
qualche cane puzzolente. Se gironzoli troppo ti perdi e non si arriva da
nessuna parte. La tristezza e l’indifferenza poi fanno il resto. Stavo cercando
di rimettermi a posto lo spirito, ma quel senso di smarrimento con cui mi ero
alzato al mattino faticava a sparire. Come invece avevano fatto in fretta e furia, un mucchio di altre cose. Però! le cose, quando le ritroviamo sembrano diverse. Anche
se vecchie e raggrinzite, hanno la forza di parlarci e di fondersi nuovamente
dentro di noi. L’ascolto di They Are Not
Like Us una canzone dei The Walkabouts mi aveva lasciato inebetito. Come quel senso di paura che ti
assale quando ti guardi alle spalle, e vedi i tuoi errori muti osservarti di
sbieco quasi fossero spine d’odio. E’ dura ammetterlo che qualcosa è finito,
ma non s’invecchia mai con entusiasmo. Lo senti che le speranze, gli ardori, ed
anche le menzogne, non sono più così eccitanti come un tempo. Allora si finisce
per nascondere tutto in qualche luogo imprecisato di noi stessi.
Da piccolo l’unica cosa che si
poteva vedere nella tivù in bianco e nero, erano i film western. Terre soleggiate,
disabitate, piene di polvere e sogni bruciati su percorsi tracciati tra la
roccia e il fossato, dove si inseguivano uomini duri e testardi, giocatori
d’azzardo, sceriffi e cowboy, indiani e banditi. Gente malinconica e struggente.
Mi sono sempre piaciuti i banditi anche quelli che hanno attraversato il
rock’n’roll contromano. Personaggi schivi, riottosi, che non si sono mai allineati. Romantici
nella loro fuga su quelle strade solitarie, assomigliano tanto a quei
fuorilegge che imperversavano nel vecchio West che avvolti in quei mantelli di
polvere, cavalcavano la pianura sconfinata e silenziosa. Con quei volti tirati
che raccontavano il loro desolante sconforto, e che nonostante tutto trasudavano di passione e amore. Li ho ritrovati anni dopo quei banditi nelle canzoni di Joe Ely uno a cui anche i Clash, hanno dato
il loro benvenuto facendogli fare da apripista ai loro concerti. Musta Notta Gotta Lotta e uscito nel 1981, ed io l’ho scovato per caso tutto impolverato e unto di caffè, mentre se ne
stava appoggiato sul frigorifero di casa di un mio amico, a cui lo avevano regalato e che lui aveva bellamente ignorato. La barattai con un disco dei Police quella
mezz’ora circa di rock’n’roll spettacolare e intensa, degna di quel pazzo di Jerry Lee Lewis. Un disco da portarsi
in fondo alla notte in mezzo al diluvio, tanto t’infiamma il cuore, ovunque tu
sia. “Un altro giro” avverte il croupier ma i giocatori d’azzardo seduti
attorno a quel tavolo sembrano annoiati e stanchi. Un altro giro per Dallas
urlano invece quei ragazzi che sono arrivati con il treno della sera, con in
tasca solo un dollaro e un centesimo. Ai loro occhi quella città sconosciuta, pare
come una donna che cammina e brucia di passione. La vita è davvero troppo
corta per riuscire a fare tutto quello che vorremmo.
Quando si è giovani si ha sempre
fretta. Ha questo di speciale la giovinezza. Ogni luogo è da scoprire, ogni
strada e da percorrere, non hai bisogno di recitare è tutto una prima. Mi
porterò da bere e qualcosa da mangiare. Bisogna che continui la strada da solo,
nella notte. Me ne andrò dove non c’è nulla, solo polvere e buche. Su quelle
vecchie strade che corrono in zone proibite, o su tratti infernali. Ho con me
un vecchio disco di Jerry Jeff Walker uno
che ha ingurgitato birra ghiacciata a secchiate per sciacquarsi la bocca dalla
polvere. Ho serrato la mascella e mi
sono fiondato nel buio. Con cuore impavido ho attraversato strade piene di
sassi, e come in uno di quei film in bianco e nero, mi sono messo anche il cappello da cowboy. Quello che tenevo appoggiato su quella bottiglia di bourbon, ormai vuota. Ho
riconosciuto da subito quella linea blu, era la mia strada da sempre. Ed anche
quelle solitudini che ho sbirciato nella penombra, erano ancora piene di dignità. Certo era
soltanto una replica ma mi sono reso conto che avevo ancora voglia di andare
a sentire, e di stare sulla corda delle cose. Nel bel mezzo della notte ho
cantato una vecchia canzone, l’ho cantata come fosse un urlo punk. Mi piacciono
ancora questi posti dove tutto sembra sparso lungo il tragitto. Mentre camminavo
Lone Wolf l’ho suonata a più riprese,
e la mia solitudine non mi è sembrata poi così spietata. Il mio cuore come un
vecchio orgoglioso figlio di puttana, non si dava ancora per vinto.
Frosty breath on the hillside See
that sun goin' down Tracks in the snow to the city below Lone wolf now he's
coming to town, who a Lone wolf, oh, he's lonesome And looking tonight Whoa,
lone wolf, better lock up Your women and hide sneakin' down the back streets of
town He lives on the lam Takes what he can, not giving a damn You know how he
is, he just do what he can.(Lone
Wolf-Lee Clayton)
Andare ancora per quelle strade non era stata una stupidaggine come mi era sembrata che fosse di primo acchito.
Certo all’inizio ho avuto paura, quella paura che ti assale quando ci sono
troppe cose da capire, ma non farlo sarebbe stata un’ingiustizia. Alle volte ci
tormentiamo senza motivo. Senza sapere che tutto quello che non riusciamo a
confessare, è arte. Provavo però una bella sensazione a rimettermi in gioco, mi
sentivo come quei giovani bluesman che risalivano con i treni dal sud verso
Chicago. Come loro ero alla ricerca della mia terra promessa. Time sure
flies when you're having fun your mind's all made up now and it's all said and
done flying down the four lane with the morning sun in your eyes ( Crazy Wind -J
Mcmurtry) La stanchezza mi stava sovrastando, ma bastò il fischio
di un treno per farmi spingere l'accelleratore a rotta di collo. Non sapevo dove ero diretto ma mi parve di essere tornato nuovamente un vagabondo solitario, un anima perduta nel
grande nulla. Un motociclista mi superò proprio vicino ad un motel infarinato
di polvere, nell’esatto momento in cui James
Mcmurtry stava cantando Angeline. Ripensai
a quando risalivo lentamente il suo corpo con la mano, e poi la toccavo dentro
le sue cosce piegate. Il calore ci danzava intorno e tremavamo nel buio. Too Long In The Wasteland è uscito nel
1989 ed è l’album di debutto di James
Mcmurtry, prodotto da John Cougar
Mellencamp. È ancora emozionante
sentire quelle canzoni che in tutti questi anni non hanno perso un grammo della
loro bellezza. E' sentirsi nuovamente
vivi come un brivido che ti danza lungo il corpo, e t’incanta l’esistenza. Un
disco può entrarti nel cuore per mille motivi. Too Long In The Wasteland è come una carta stradale, una mappa del
cuore, che ti guida e ti spinge ad andare avanti per molte miglia, anche se hai
dormito poco e sei a stomaco vuoto da molte ore. I sogni raggomitolatisi da
qualche parte adesso sembrano avere gambe e fiato, e anche una certa
frenesia. Sono diventati persino rabbiosi in questa fuga solitaria. Bisogna non
tradirli però, cogliere l’occasione e godersi la notte fino in fondo.
Alle volte serve solo aprire quella finestra chiusa da tempo. Certo molte cose ci feriranno, e ci schianteranno a terra sanguinanti come tori al macello. E' per questo che non tutti hanno voglia di andare a vedere. Ma ne vale la pena quando il baule è pieno di ricordi, che stanno per esplodere. Si diventa noiosi in un colpo solo. Ed è la cosa più triste che può accaderci. È cosi' che tutto finisce. Quando la noia ci mangia il cervello, il nostro destino sembra compiersi. Tornare da quelle parti era come stare su un lettino dello psicanalista. Riuscivo a capire nuovamente le cose, o almeno credevo che fosse così. Ed era bello non essere confessato da nessuno, ma solo da se stessi. Hollywood Town Hall dei The Jayhawks penetra proprio in quei momenti in cui zoppichi, quando sembra che stai per cadere per sempre. Non bisogna mai stare troppo fermi, inevitabilmente le cose cominciano a deteriorarsi fin quando non le sopporti più. Ed allora getti via tutto. Il buono e il cattivo. Ma la strada non finisce mai di stupirti, basta rispolverare quei desideri e la nostalgia ti riprende con se. Asfalto nero e lucido, vecchie insegne, luci al neon, fallimenti, e angeli che corrono nel silenzio desolato. Con uno strano sorriso dipinto sul volto.
I was waiting for the sun. Then I walked
on home alone. What I didn't know. Was he was waiting for you to fall. So I
never made amends. For the sake of no one else. For the simple reason. That he
was waiting for you to fall.(Waiting For
The Sun- The Jayhawks)
... è oltre un anno che ti seguo in disparte ... e ogni giorno apro questo tuo spazio vuoto che riempi, componi e crei ... e aspetto che scrivi ... ... e in ogni scritto dalle prime parole si entra in una nuova dimensione ... nella storia ... e diventa la storia di chi legge ... si sentono i rumori ... gli occhi vedono oltre quello che racconti ... polvere addosso ... sfrecciano i pensieri ... melodie di sottofondo ... voci ... la tua musica ... l'odore di alcol ... la malinconia ... quante emozioni ... la voglia ... l'abbandono ... mollare tutto ... il non fermarsi ... ... ... ... è arte ... sei forte! ... ... ... continuo a seguirti nell'ombra ... grazie - Manuel
RispondiEliminaGrazie a te Manuel, per quet'emozione fortissima che ho provato.
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